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Quesito

Caro Padre Angelo,
mi scusi se la disturbo scrivendole di nuovo!
Credo però che l’argomento interessi molti.
Cosa vuol dire che “gli spiriti liberi” di Nietzsche si pongono al di sopra del bene e del male?
Una dimensione di solo bene può esistere in Paradiso o nella vita dei grandi santi.
Il male è quello che propone il maligno.
Ma senza il bene che vita ci può essere?
Che Dio benedica il suo lavoro tanto utile: consigliare i dubbiosi; insegnare agli ignoranti.
Grazie!
V.


Risposta del sacerdote

Carissimo V., 

  1. l’espressione spiriti liberi è equivoca.

Per Nietzsche spiriti liberi sono coloro che pensano diversamente da come ci si aspetterebbe che pensassero in base al loro ambiente, alla loro origine, alla loro storia, alla cultura dominante del loro tempo, ecc…
Per i cristiani e anche per qualsiasi altro uomo è spirito libero è colui che è interiormente libero e non è prigioniero dell’errore, delle cattive inclinazioni e del peccato

2. Non c’è spirito libero quando si pensa di poter fare il male come pare e piace, quando non si riconosce che vi sono dei limiti imposti dalla natura e che c’è un obiettivo da raggiungere inscritto nella natura stessa dell’uomo.
In altre parole: non c’è libertà dalla verità.

3. C’è spirito libero invece quando l’oggetto della libertà è conforme a verità: non solo alla verità ontologica per la quale si riconosce di essere creature che hanno bisogno di Dio istante per istante per poter continuare ad esistere, ma anche alla verità morale.
Si è veramente liberi quando non si è prigionieri delle cattive inclinazioni e del male.
Sì è veramente liberi quando si gode della libertà interiore, prima ancora di quella esteriore

4. In riferimento a questo Gesù ha detto: “In verità, in verità vi dico: chi compie il peccato, è schiavo del peccato” (Gv 8,34).
Compiendo il peccato alcuni pensano di essere liberi perché fanno quello che vogliono sotto il profilo esterno.
Ma non si è accorgono di perdere la libertà interiore, perché creano in se stessi una dipendenza dal male.
Lo si vede in maniera tangibile in alcuni casi come in chi è vittima dell’alcol o dell’uso degli stupefacenti.

5. Giustamente San Tommaso commentando l’affermazione di Gesù in Gv 8,34 dice: “La schiavitù del peccato è pesantissima perché ormai inevitabile: infatti ovunque uno vada porta dentro di sé il peccato, sebbene l’atto e il piacere di esso siano passati. Ecco perché profeticamente così ne parla Isaia: “quando il Signore ti avrà dato riposo… dalla tua dura schiavitù (del peccato) a cui fosti asservito” (Is 14,3).
La schiavitù corporale invece si può evitare almeno con la fuga”.

6. Qui San Tommaso riprende quanto aveva già detto Sant’Agostino: “O miserevole schiavitù del peccato! Lo schiavo di un uomo, tormentato dalle dure imposizioni del suo padrone, può trovare scampo nella fuga; ma lo schiavo del peccato trascina con sé il peccato dovunque egli fugga. Infatti il peccato che ha commesso è dentro di lui. È passato il piacere, è passato l’atto del peccato, è ormai lontano ciò che dava piacere, ma è rimasto ciò che ferisce” (In Io. Ev., 41,4).

7. Non si può dimenticare a questo proposito l’altra grande affermazione di Nostro Signore: “Conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi” (Gv 8,32).
Ed ecco di nuovo il commento magistrale di San Tommaso: “Liberare in questo caso non ha il senso di affrancamento da un angustia qualsiasi, come suona in latino; bensì il senso di rendere liberi.
Cosicché la verità ci renderà liberi da tre cose: dall’errore, dal peccato, dalla morte”. E cioè dall’errore nella mente, dal peccato che rende le nostre inclinazioni dipendenti dal male, dalla morte alla vita di grazia, che causa il vuoto interiore a motivo della perdita della presenza di Dio.

8. Nell’enciclica Veritatis splendor Giovanni Paolo II ricorda che “solamente la libertà che si sottomette alla Verità conduce la persona umana al suo vero bene.
Il bene della persona è di essere nella Verità e di fare la Verità” (VS 84).
Dopo aver riconosciuto che “l’essenziale legame di Verità-Bene-Libertà è stato smarrito in larga parte dalla cultura contemporanea” e “che la domanda di Pilato: “Che cosa è la verità?” emerge anche dalla sconsolata perplessità di un uomo che spesso non sa più chi è, donde viene e dove va” rileva che si assiste “non di rado al pauroso precipitare della persona umana in situazioni di autodistruzione progressiva.
A voler ascoltare certe voci, sembra di non doversi più riconoscere l’indistruttibile assolutezza di alcun valore morale. (…).
Anzi, qualcosa di più grave è accaduto: l’uomo non è più convinto che solo nella verità può trovare la salvezza.
La forza salvifica del vero è contestata, affidando alla sola libertà, sradicata da ogni obiettività, il compito di decidere autonomamente ciò che è bene e ciò che è male. Questo relativismo diviene, nel campo teologico, sfiducia nella sapienza di Dio, che guida l’uomo con la legge morale.
A ciò che la legge morale prescrive si contrappongono le cosiddette situazioni concrete, non ritenendo più, in fondo, che la legge di Dio sia sempre l’unico vero bene dell’uomo” (VS 84).

Ti ringrazio per avermi riportato su questo terreno.
Mentre ti auguro pienezza di libertà in Cristo, verità dell’uomo, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo