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Quesito
Caro Padre Angelo,
sono di nuovo da Lei! Le scrivo aspettando la 1/2notte del 31/12 e, ingannando il tempo che passa, Le esprimo la mia più deferente ammirazione per tutto ciò che fa per noi, povere anime allo sbando per i marosi della vita a cui Lei cerca di gettar una ciambella di salvataggio, che è la parola del Signore. Dio sia lodato per questo!, per la Sua opera indefessa et indefettibile, per la Sua dedizione a Cristo, per la salvezza che ci porta!
Orbene Le porgo il quesito che è questo:
nella mia vita spirituale di indegno peccatore Gesù mi ha salvato. Semper mi salva. Ma in modo che non riesco a capire e cioè maggiormente tramite il Sacramento della Riconciliazione (che sento veramente mio quando lo faccio, lo sgorgar della grazia che tutto perdona et mi riempie) che invece nel Sacramento dell’Eucarestia in cui (a dir il vero) non sento un bel niente. Questa cosa un po’ mi preoccupa essendo il Sacramento che non sento quello più degno di culto, il massimo, il più bello. Oibò, vergogna, come est possibile? È grave? Io non so dirlo ma Lei forse sì.
Sapessi pregare pregherei per Lei, infrattanto non posso che augurarLe
BUON 2021!!!!!
Viva Maria e Pace sia!
Angelo
Risposta del sacerdote
Caro Angelo,
1. ti ringrazio per quanto hai scritto perché mi permette di sottolineare una cosa molto importante: la preparazione.
In effetti per confessarsi ci si prepara sempre: si fa un esame di coscienza, si va alla ricerca del confessore, si sa bene quello che si deve dire perché ci si è preparati e si accusano i propri peccati.
Si ascoltano poi le parole del sacerdote confessore e soprattutto si riceve l’assoluzione.
2. Quello che si prova dopo la confessione è ben descritto dal Catechismo della Chiesa Cattolica:: “In coloro che ricevono il sacramento della Penitenza con cuore contrito e in una disposizione religiosa, ne conseguonola pace e la serenità della coscienza insieme a una vivissima consolazione dello spirito” (CCC 1468).
3. Chiedi come mai non si senta qualcosa di analogo quando si fa la Santa Comunione.
Di per sé la Santa Comunione dovrebbe produrre un effetto ancora più grande. Scrive infatti San Tommaso: “Per la potenza di questo sacramento, l’anima è spiritualmente ristorata dal fatto che è spiritualmente gaia e, in un certo modo,inebriata dalla dolcezza della bontà divina, secondo quanto è detto nel Cantico (5,1): Mangiate, miei amici; io vi inebrierò miei prediletti” (Somma teologica, III, 79,1, ad 2).
San Bonaventura a proposito della Comunione dice che è brutto segno non sentire niente nel medesimo modo in cui è brutto segno mettere del miele in bocca e non sentirne la dolcezza.
4. Ma l’effetto dell’Eucaristia è proporzionato alla preparazione e al cosiddetto ringraziamento.
Per la preparazione mi piace ricordare quanto dice San Giovanni d’Avila, dottore della Chiesa: “La prima regola è questa: quando di notte ci si sveglia dal sonno ci sì immagini di udire all’orecchio quella voce che dice: “Ecco viene lo Sposo, andategli incontro” (Mt 25,6).
E se il dover ricevere un amico, specialmente quando si tratta di un gran signore, tiene colui che lo deve ricevere con l’animo sospeso e in preoccupazione, non è più giusto che durante il giorno il cuore sia del tutto occupato dal pensiero dell’Ospite che dobbiamo ricevere, dato che è così alto e così legato a noi, che gli angeli stessi lo adorano ed è nostro fratello? (…).
Si pensi che il sacrificio della Messa è la stessa cosa che rendere presente la vita e la morte del Salvatore, ed è anche la stessa cosa che rendere presente l’azione del Padre Eterno quando mandò il proprio Figlio in un ventre virgineo per salvare il mondo.
E adesso viene a portarci il rimedio e le ricchezze che allora acquistò per noi sulla croce.
Poi si supplichi la Madonna per il gaudio che provò nell’incarnazione, affinché ci ottenga la grazia necessaria per accogliere convenientemente e intrattenere quel Signore che ricevette nel proprio grembo.
Terminata la Messa, ci si raccolga per una mezz’ora o un’ora intera, e si ringrazi il Signore perché si è degnato di scendere in una così indegna stalla. Si chieda perdono della preparazione inadeguata e lo si supplichi di accordarci la sua grazia, poiché egli suol dare mercede per mercede” (LUIGI DI GRANADA, Vita del Ven. maestro Giovanni d’Avila, pp. 72-73).
5. Analogamente dopo aver ricevuto il corpo di Cristo è necessario stare in comunione con Lui più che si può per non disperdere i frutti di un’azione così grande e per programmare insieme con lui la propria vita.
Si legge nell’Istruzione Inestimabile donum della Congregazione per il culto divino (3.4.1980): “Si raccomandi ai fedeli di non tralasciare, dopo la Comunione, un giusto e doveroso ringraziamento, sia nella celebrazione stessa, con un tempo di silenzio, con un inno o con un altro canto di lode, sia dopo la celebrazione, rimanendo possibilmente in orazione per un congruo spazio di tempo” (n. 17).
6. Già Pio XII nella Mediator Dei aveva detto: “Si allontanano dal retto sentiero coloro i quali fermandosi alle parole più che al pensiero, affermano e insegnano che finita la Messa non si deve prolungare il ringraziamento…
Questi atti propri dei singoli (in ringraziamento) sono assolutamente necessari per godere più abbondantemente di tutti i soprannaturali tesori di cui è ricca l’Eucaristia e per trasmetterli agli altri secondo le proprie necessità…
Perché dunque non loderemo coloro che si indugiano in intima familiarità col divino Redentore, non solo per trattenersi dolcemente con lui, ma specialmente per domandargli aiuto, perché tolgano dalla loro anima tutto ciò che può diminuire l’efficacia del Sacramento e facciano da parte loro tutto ciò che può favorire la presentissima azione di Gesù? Li esortiamo anzi a farlo. Noi, dunque, così intimamente stretti a Cristo cerchiamo quasi di immergerci nella sua santissima anima e ci uniamo a lui per partecipare agli atti di adorazione con cui egli offre alla Trinità l’omaggio più grato e accetto” (nn. 120-123).
7. A suo tempo Sant’Alfonso aveva scritto: “Sono pochissimi i direttori spirituali che raccomandano il ringraziamento assiduamente, che inculcano cioè di fare il ringraziamento per uno spazio considerevole di tempo. Il motivo è che sono pochissimi i sacerdoti che fanno il ringraziamento e quindi si vergognano di raccomandare agli altri ciò che essi non fanno. Il ringraziamento, ordinariamente, dovrebbe durare un’ora. Si faccia almeno per mezz’ora in cui l’anima si eserciti nell’amore e nel domandare” (Praxis Confessarii, IX, 5, 155).
8. C’è da concludere con quanto ha affermato il cardinal Bona, che è stato un grande autore spirituale: “Il difetto non è nel cibo (e cioè nell’eucarestia, n.d.r.) ma in colui che se ne ciba” (De Sacrificio Missae).
Augurandoti un felice anno 2022 e soprattutto di comportarti secondo gli insegnamenti di questi maestri di vita spirituale, ti accompagno con la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo