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Quesito
Carissimo Padre Angelo
Le rinnovo la mia immensa gratitudine per i consigli che in passato mi ha dato e nel farlo non posso esimermi dal porle una questione che ancora mi provoca non solo angoscia e turbamento ma periodi dove la mia fede va in crisi.
Io per quanto mi sforzi di superare i miei problemi di castità non riesco a disprezzare sinceramente il piacere venereo.
Non sono capace di donarmi alla mia (futura) sposa senza apprezzarne la gratificazione fisica che l'unione con lei mi da.
Crede che ciò provoca un'incrinazione insanabile fra me e il Signore?
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. per un sincero pentimento nei peccati contro la purezza (i tuoi peccati – se ho capito bene – riguardano i rapporti prematrimoniali) non si richiede che uno provi dispiacere anziché piacere.
Questo non è possibile. Sarebbe come chiedere alle leggi della natura di ribaltarsi.
Facciamo un esempio: per chi si ubriaca e si pente, non si chiede che provi ripugnanza per il vino. Il vino continuerà ad attrarre e a causare piacere.
Si richiede solo che sappia astenersi dal vino, perché l’eccesso lo rende incapace di essere responsabile delle sue azioni e può causare guai a sé e agli altri.
2. Il peccato non sta nel piacere in se stesso, ma nell’uso disordinato di quel piacere, che fa perdere anche gli intrinseci valori cui quel piacere sarebbe connesso.
Mentre il vino di suo è ordinato a facilitare la digestione e, soprattutto nelle feste, a rendere di maggior buon umore e quindi a stare insieme con gli altri in maniera lieta, quando è assunto in eccesso impedisce la serena relazione con gli altri e nell’organismo diventa come un tossico.
Analogamente il piacere sessuale costituisce una gratificazione data dalla natura per aver compiuto gesti molti alti, quali quello della donazione totale di sé e della procreazione.
Ma quando viene cercato al di fuori del disegno di Dio, anziché accrescere la purezza della donazione, la inquina e va a pregiudicare la capacità di costruire un edificio saldo quale dovrebbe essere quello del matrimonio e della famiglia.
3. Ma al di là di questi valori umani che sono pur importanti, i rapporti sessuali prima del matrimonio (come l’eccesso del vino) costituiscono un’alterazione del disegno di Dio sulla sessualità, una separazione dalla sua volontà, un allontanarsi da Lui.
Questi peccati, quando si ripetono, immettono in una strada di progressivo allontanamento dal Signore.
Si rimane credenti, ma si cessa di godere della presenza personale di Dio nel proprio cuore, e cioè si perde la grazia.
Con ciò si diventa sempre più insensibili alle cose di Dio perché non si gustano più e sembrano non dire più niente.
Non è questa l’esperienza di tanti che inizialmente cercano di far combaciare la pratica religiosa con le impurità sessuali, ma poco per volta la loro pratica diventa sempre più vuota, più sterile, più insignificante e infine la lasciano?
4. Allora il dolore del peccato si deve elaborare sul piano del rapporto con Dio.
Ciò che è oggetto di dolore non è il piacere in se stesso, che continua ad affascinare, ma la nostra volontà separata dalla sua, l’estromissione di Dio dalla nostra vita mettendolo di nuovo in croce (Eb 6,6), il peccato.
5. Se si deve giungere a dire “peccato mi fai schifo” non è perché il piacere diventa disgustoso, ma perché disgustoso è quello che si compie cercando un piacere che non fa bene né sul piano della relazione con Dio, né su quello della relazione con la propria fidanzata, né su quello della relazione con se stessi.
6. Prima della confessione ti suggerisco di metterti davanti al crocifisso e di pensare che quella crocifissione, quelle piaghe e quei dolori vengono ripetuti in quella triplice relazione che ti ho menzionato.
E questo per un piacere che, proprio perché disordinato e alieno dal disegno di Dio, non costruisce niente, ma distrugge tutto.
Davanti al crocifisso, anche con l’aiuto della grazia di Dio, può sorgere la volontà di dire: “basta, voglio cambiare vita e rinunciare a quel piacere, perché di fatto non mi fa bene, ma è un veleno”.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo