Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro Padre Angelo,
sono lusingata dall’attenzione che mi ha voluto accordare e sono rimasta colpita dalle risposte ben argomentate ai miei quesiti. Da queste si evince chiaramente la Sua competenza in materia. Nonostante io sia non credente, ho di recente avvertito la curiosità di approfondire l’argomento documentandomi ma anche parlando con persone credenti della mia famiglia e con conoscenti.
Purtroppo non ho ricevuto risposte soddisfacenti, e le persone si sono trincerate dietro il mistero della fede che tutto spiega, impedendo di fatto un dialogo vero.
Vorrei, se mi consente, tornare sul discorso appunto della fede, questo dono che Dio elargisce a tutti ma che di fatto non tutti sono in grado di ricevere. Il motivo, Lei afferma, è ascrivibile a qualche impedimento nel ricevente. Fra questi impedimenti ci sono:
–    Deficienze morali. Se ho ben capito da Gv 3, 19-20 le deficienze morali albergano nell’animo delle persone che operano il male.
Mi permetta di osservare che molti criminali sono credenti. Le carceri ne sono piene.
–    Contro testimonianza di alcuni credenti. 
Anche in questo caso osservo che nel corso dei millenni la Chiesa ha offerto molteplici esempi di contro testimonianza (papi persecutori di eretici, preti pedofili, ecc.) eppure i fedeli non hanno smesso di credere in Dio a causa dei loro comportamenti certamente non consoni al ruolo rivestito.
–      Annuncio non adeguato.
Sinceramente non capisco a cosa alluda. Forse a una carente educazione religiosa? In tal caso non credo sia necessaria per credere all’esistenza di Dio. Esistono credenti che sono nati e cresciuti in famiglie che non hanno fornito loro alcun insegnamento religioso.
In conclusione, penso che la fede sia una scelta consolatoria che personalmente non ho operato ma che comprendo e rispetto ugualmente.
Se avesse piacere, gradirei un Suo cortese riscontro in merito.
In attesa La saluto cordialmente e Le auguro una buona giornata.
Concetta


Risposta del sacerdote

Cara Concetta,
1. sebbene con un po’ di ritardo (quasi un anno!) rispondo volentieri alle tue osservazioni.
Circa la prima: poiché ho detto che tra le motivazioni che impediscono di ricevere la fede vi sono anche delle deficienze morali tu dici: Mi permetta di osservare che molti criminali sono credenti. Le carceri ne sono piene.
La risposta è semplice: non sono criminali perché sono credenti.
Non è la loro fede in Cristo che li rende criminali.
Sono criminali per il medesimo motivo per cui anche quelli che non credono in Cristo possono essere criminali.
Inoltre essere credenti in Cristo, non significa sapere che Dio c’è, perché questo lo sanno anche i demoni meglio di noi, come attesta la Sacra Scrittura: “Tu credi che c’è un Dio solo? Fai bene; anche i demòni lo credono e tremano!” (Gc 2,19).
Credere in Cristo significa prendere il Vangelo come base per la propria vita.
Il Vangelo poi non è un libro, ma una persona: Gesù Cristo.
I credenti in Cristo vengono innestati in lui come tralci alla vite per prendere linfa vivificatrice per i loro pensieri, per i loro sentimenti e per il loro comportamento da Cristo stesso.
Quando peccano, derogano dal loro innesto in Cristo. E, se non recuperano la grazia mediante la confessione sacramentale, facilmente la loro fede diventa somigliante a quella dei demoni.

2. Circa la seconda osservazione: è vero quanto tu dici.
Anzi, questa è la migliore documentazione che la fede in Cristo è di origine soprannaturale.
Sottolineo: la fede in Cristo, anzi solo la fede in Cristo è di origine soprannaturale.
Dal momento che per la fede si è chiamati ad aderire alla realtà di ordine soprannaturale, nessun uomo con le sole forze della natura potrebbe aderirvi.
Vi aderisce solo a motivo di una attrazione soprannaturale esercitata da Dio sulla sua volontà e sul suo intelletto.
Gesù ha detto: “Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato” (Gv 44).
Ugualmente a San Pietro, che aveva detto “tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”, Gesù rispose: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli” (Mt 16,16).

3. San Tommaso, che è il massimo tra i dottori della Chiesa, scrive: “L’uomo che esteriormente annuncia il Vangelo non causa la fede, ma la causa Dio, l’unico che può mutare la volontà. 
Causa la fede nel credente inclinando la volontà e illustrando l’intelletto, affinché non opponga un rifiuto alle cose proposte dal predicatore; questi invece dispone esteriormente alla fede” (De Veritate, 27, 3, ad 12).
E: “Se lo Spirito Santo non è presente al cuore di chi ascolta, sarà ozioso il discorso di chi insegna, al punto che lo stesso Figlio di Dio con la sua parola umana non sarebbe efficace se Egli stesso non agisse interiormente per mezzo dello Spirito Santo” (Commento al Vangelo di San Giovanni, XIV, lez. 6, 6).
Causa la fede inclinando e illustrando, vale a dire sollecitando ad accoglierla, senza tuttavia costringere.

4. Ugualmente Sant’Agostino, commentando l’espressione “la sua unzione vi insegnerà ogni cosa” (1 Gv 2,27) scrive: “Il suono delle nostre parole percuote le orecchie, ma il vero maestro sta dentro. Non crediate di poter apprendere qualcosa da un uomo.
Noi possiamo esortare con lo strepito della voce ma se dentro non v’è chi insegna, inutile diviene il nostro strepito. Ne volete una prova, o miei fratelli?
Ebbene, non è forse vero che tutti avete udito questa mia predica?
Quanti saranno quelli che usciranno di qui senza aver nulla appreso?
Per quel che mi compete, io ho parlato a tutti; ma coloro dentro i quali non parla quell’unzione, quelli che lo Spirito non istruisce internamente, se ne vanno via senza aver nulla appreso.
L’ammaestramento esterno è soltanto un ammonimento, un aiuto. 
Colui che ammaestra i cuori ha la sua cattedra in cielo.
Egli perciò dice nel Vangelo: “Non vogliate farvi chiamare maestri sulla terra: uno solo è il vostro maestro: Cristo(Mt 23, 8-9)”” (Commento alla prima lettera di Giovanni).

5. Circa la terza osservazione scrivi: “Annuncio non adeguato. Sinceramente non capisco a cosa alluda. Forse a una carente educazione religiosa? In tal caso non credo sia necessaria per credere all’esistenza di Dio. Esistono credenti che sono nati e cresciuti in famiglie che non hanno fornito loro alcun insegnamento religioso”.
Ebbene, per annuncio non adeguato intendo dire che l’immagine di Dio presentata o recepita dal soggetto non è corrispondente al vero.
Sicché tanti non credenti, più che rifiutare Dio che non conoscono, rifiutano un falso concetto di Dio.
In altre parole, rifiutano un Dio che non esiste. Rifiutano un Dio fatto a immagine somiglianza degli uomini.

6. È quanto emerge da un passo molto significativo della Gaudium et Spes, documento molto importante del Concilio Vaticano II, quando descrive le cause per cui alcuni si dichiarano atei: “Altri si creano una tale rappresentazione di Dio che, respingendolo, rifiutano un Dio che non è affatto quello del Vangelo
Altri nemmeno si pongono il problema di Dio: non sembrano sentire alcuna inquietudine religiosa, né riescono a capire perché dovrebbero interessarsi di religione.
L’ateismo inoltre ha origine sovente, o dalla protesta violenta contro il male nel mondo, o dall’aver attribuito indebitamente i caratteri propri dell’assoluto a qualche valore umano, così che questo prende il posto di Dio.
Perfino la civiltà moderna, non per sua essenza, ma in quanto troppo irretita nella realtà terrena, può rendere spesso più difficile l’accesso a Dio.
Senza dubbio coloro che volontariamente cercano di tenere lontano Dio dal proprio cuore e di evitare i problemi religiosi, non seguendo l’imperativo della loro coscienza, non sono esenti da colpa; tuttavia in questo campo anche i credenti spesso hanno una certa responsabilità.
Infatti l’ateismo, considerato nel suo insieme, non è qualcosa di originario, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica contro le religioni, anzi in alcune regioni, specialmente contro la religione cristiana.
Per questo nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, nella misura in cui, per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione ingannevole della dottrina, od anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione” (GS 19).

7. Concludi dicendo: “Penso che la fede sia una scelta consolatoria che personalmente non ho operato ma che comprendo e rispetto ugualmente”.
Chissà che cosa direbbero San Tommaso o Sant’Agostino su quanto hai affermato!
Se tu provassi a leggere le loro opere ti accorgeresti che questi colossi di pensiero non hanno fatto scelte “consolatorie”.
Se così fosse, non meriterebbero di essere neanche considerati.
È vero che tu dici che li rispetti, tuttavia è una visione a dir poco riduttiva della fede.
Per quanto riguarda me, ti posso garantire che la mia fede non è una scelta consolatoria.
So che questa fede viene da Dio, perché è di ordine soprannaturale, ma è ben motivata. 
Anzi non trovo nessuna motivazione tanto ragionevole quanto quella che deriva da una luce superiore.
Come Sant’Agostino, dico anch’io che ragiono per credere (intelligo ut credam) e credo per ragionare (credo ut intelligam).

Con l’augurio di ogni bene, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo