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Quesito

Buongiorno padre Angelo,
sono uno studente di teologia e durante le lezioni di Introduzione al mistero di Cristo il nostro professore ci ha spiegato quanto segue:
Con probabilità i Vangeli non sono interamente storici, molto probabilmente Gesù aveva una chiara autocoscienza divina, sapeva bene di essere il Messia e il Figlio di Dio, uguale al Padre, ha detto infatti ad esempio “Abbà”, ma non l’hai mai detto in maniera esplicita: perciò, laddove i Vangeli dicono che Gesù ha detto di essere il Figlio di Dio stanno riportando una elaborazione teologica della prima comunità cristiana, ma non una informazione storica; dal punto di vista storico Gesù certamente sapeva di esserlo ma non l’ha mai detto esplicitamente; i discepoli, nello scrivere i Vangeli, hanno inserito queste espressioni come “io sono il figlio di Dio” per esprimere la fede della Chiesa, dunque è vero che Gesù è il Figlio di Dio ma non lo ha detto lui storicamente. Allo stesso modo, quei racconti come la samaritana, o la confessione di Pietro, o la Trasfigurazione, o alcuni dei Miracoli (come la tempesta sedata o la moltiplicazione dei pesci) non sono storici, probabilmente sono delle elaborazioni teologiche successive per spiegare la figura e le proprietà di Gesù.  Allo stesso modo, anche il Magnificat: non è che Maria ha pronunciato materialmente quelle parole, non c’era nessuno con il registratore: con probabilità Luca avrà appreso la testimonianza di Maria, che avrà raccontato a lui quali sentimenti avrà provato in quel momento, a quali passi dell’antico testamento si è rifatta nell’esultanza e così Luca avrà preso un inno Liturgico esistente e molto simile e lo ha attribuito a Maria.
E dunque mi chiedo: questa esposizione, a quanto sembra oggi maggioritaria tra gli esperti, è compatibile con la visione cattolica? È possibile che racconti come la Trasfigurazione, l’epifania divina al Giordano durante il Battesimo, la moltiplicazione dei pani etc siano tutte elaborazioni teologica per spiegare Gesù e non siano dunque corrispondenti a fatti realmente accaduti?
Grazie,
Una buona serata
Se può, preghi per me!


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. il tuo professore di introduzione al mistero di Cristo ha fatto tante affermazioni che andrebbero documentate.
Bisognerebbe che l’autorevolezza della sua documentazione fosse superiore all’autorevolezza dei Vangeli.
San Luca dice di “aver fatto ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi” (Lc 1,3) e di essersi appropriato di narrazioni di “coloro che ne furono testimoni oculari fin dall’inizio e divennero ministri della parola” (Lc 1,2).
Ebbene, quali dati più sicuri può opporre il tuo professore di teologia? È forse testimone oculare fin dall’inizio? È diventato ministro della parola e cioè apostolo o evangelista?
La documentazione di San Luca è di prima mano. Non è frutto di una sua interpretazione personale, mentre tale è quanto ha proposto il tuo professore.

2. Inoltre, sotto il profilo della fede, sappiamo che queste narrazioni fanno parte della Divina Rivelazione. Chi le comunica è lo stesso Spirito Santo, che l’autore principale delle Sacre Scritture.
Questo per ricordare che non ci si può accostare ai testi sacri come a qualsiasi altro testo. 
Qui c’è una garanzia ben più forte di quella del registratore!
È da questa certezza che deve partire il teologo.

3. L’affermazione “con probabilità i Vangeli non sono interamente storici” dovrebbe essere documentata perché diversamente dovremmo concludere che San Luca quando parla dei miracoli del Signore li ha inventati.
La storicità dei Vangeli non va intesa, certo, come la narrazione di una cronaca. Ma quello che è stato scritto è avvenuto realmente. Del resto anche noi raccontiamo i medesimi episodi chi in un modo e chi in un altro, ma la sostanza, e cioè l’episodio, è la stessa.

4. Il tuo professore dice che “molto probabilmente Gesù aveva una chiara autocoscienza divina”. Molto probabilmente?
Come fa Gesù a chiedere fede in lui se non è assolutamente certo della sua identità e della sua missione?
Gesù invece chiede fede totale alla sua persona: “Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse” (Gv 14,11)
I suoi stessi avversari l’hanno capito così bene che volevano condannarlo a morte proprio per la sua dichiarazione di essere Dio: “Per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo, perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio” (Gv 5,18).

5. Il professore insiste: “non l’ha mai detto in maniera esplicita”.
Probabilmente il tuo professore non si rende conto di ciò che sta dicendo? Avrebbe voluto che Gesù Cristo dicesse: “io sono Dio”?
Gesù si è presentato con le credenziali che gli venivano da Dio e dalle Scritture. Dice apertamente: “Se fossi io a testimoniare di me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera” (Gv 5,31).
Per questo dice: “C’è un altro che mi rende testimonianza” (Gv 5,32).
 A scanso di equivoci, la Bibbia di Gerusalemme commenta: “Essendo il verbo al presente, si tratta della testimonianza del Padre (cf. 8,18) e non del Battista”.

6. Nel testo del capitolo cinque del Vangelo di Giovanni, Gesù ricorda la testimonianza che gli è resa dal Padre: “Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (Gv 5,36).
Su questa testimonianza il Signore insisterà: “Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me, e io nel Padre»” (Gv 10,37-38).

7. In particolare ricorda la testimonianza che gli viene dalle Scritture: “Voi scrutate le Scritture, pensando di avere in esse la vita eterna: sono proprio esse che danno testimonianza di me” (Gv 3,39).
Non si leggono forse nel Deuteronomio queste parole: “Il Signore, tuo Dio, susciterà per te, in mezzo a te, tra i tuoi fratelli, un profeta pari a me. A lui darete ascolto” (Dt 18,15)?
Tanto che Pietro potrà dire: “Tutti i profeti gli rendono testimonianza” (At 10.43).
In una recente sposta ho ricordato che nell’Antico Testamento si trovano più di 300 profezie che trovano perfetto compimento nell’unica persona di Gesù Cristo.

8. Le varie testimonianze del Padre, dei miracoli e delle profezie sono le credenziali con le quali Gesù si presenta.
Sono infinitamente più forti di una sua eventuale dichiarazione: “Io sono Dio, credetemi!”.
Come si vede, nella Divina Rivelazione c’è una sapienza che non sta a confronto con quella che alcuni pensano di avere.

9. Ancora: con quali fondamenti il tuo professore può dire che Gesù Cristo non ha compiuto i miracoli che hai riferito? “Probabilmente sono delle elaborazioni teologiche successive per spiegare la figura e le proprietà di Gesù”. 
Ma allora su che cosa poggia la nostra fede? Sulle elaborazioni teologiche o su Gesù Cristo?
Probabilmente il tuo professore di introduzione il mistero di Cristo non si rende conto delle conseguenze di quanto dice.
San Paolo dichiara con forza: “So infatti in chi ho posto la mia fede (scio cui credidi) e sono certo che egli è capace di custodire fino a quel giorno ciò che mi è stato affidato” (2 Tm 1,12). 

10. Sul Magnificat, infine: il tuo professore gioca di immaginazione. Dovrebbe riferire quale comunità cristiana abbia composto il Magnificat. Su questo non ha nessuna documentazione. È una sua ricostruzione.
Io invece ti riporto quanto ha scritto Marie Joseph Lagrange, il fondatore della École biblique di Gerusalemme, che volutamente è andato nei luoghi dove si è attuata la Divina Rivelazione: “Il Magnificat sta in tutte le memorie cristiane e non occorre alcun commento. Sotto l’impeto della gioia accade anche oggi a semplici donne arabe di improvvisare dei canti, come lo si è visto a Madaba dopo che i cristiani ebbero respinto un attacco di Sehur beduini di quei paraggi. Per le principali circostanze, vittorie, nascite, matrimoni esiste un tema tradizionale, le cui espressioni vengono trasmettendosi da una profetessa all’altra. Maria si è evidentemente ispirata al cantico di Anna, madre di Samuele, che saluta nella nascita del figliuolo la salvezza di Israele in seguito alla unzione di un re, vale a dire di un Messia. Con ciò si manifesta il potere di Dio e la sua sapienza che trionfa dei vani i pensieri dell’orgoglio” (L’Evangelo di Gesù Cristo, p. 21).

Carissimo, non fa piacere sentire che cosa viene insegnato in alcuni corsi di teologia. È triste perché, più che consolidare la fede, si ha l’impressione che essa venga demolita.
La nostra fede non si basa su elaborazioni teologiche, ma su Gesù Cristo e su quanto Egli stesso ci ha trasmesso servendosi degli apostoli e degli evangelisti.
Molto volentieri ti assicuro la mia preghiera.
Ti auguro un sereno prosieguo delle feste natalizie e ti benedico.
Padre Angelo