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Quesito
Buonasera padre,
mi chiamo Alice, ho 20 anni e le scrivo nella speranza di poter fare almeno un piccolo passo verso la risoluzione di una crisi spirituale che mi grava addosso da un po’ di tempo. Sono sempre stata credente, ma mai in modo consapevole e critico fino a quanto attraverso gli studi (ho frequentato il liceo classico e sono al secondo anno della facoltà di Lettere) ho riscoperto e compreso un po’ più a fondo la dottrina cattolica, e ho capito di ritrovarmici molto più profondamente di quanto credessi. Tuttavia negli ultimi tempi ho capito di dubitare e questo dubbio sta influenzando il mio modo di vedere la vita quotidiana e i rapporti con le altre persone. Inoltre, avendo per anni dedicato tutto il mio tempo allo studio, per cui nutro un’indescrivibile passione, questo dubbio ha iniziato a farmi vedere la bellezza delle arti come uno sforzo disperato e vano dell’essere umano che tende sostanzialmente al nulla e alla distruzione. Questo pensiero si espande a macchia d’olio e stende il suo velo nero quasi su ogni cosa. Da quando ho capito di non essere più così certa dell’esistenza di Dio mi sembra che la vita non abbia più uno scopo degno di tutto lo sforzo e i sacrifici che la caratterizzano. Ho sempre pensato che il dolore, la sofferenza, le privazioni, avessero un qualche perché a me ignoto, che però raggiungevano il loro compimento in una Verità e in un Bene superiori. E’ molto difficile per me cercare di esporre in poche righe qualcosa che mi assilla e su cui ho riflettuto tanto e tante volte. Non avrei mai pensato che questa problematica avrebbe sconvolto la mia vita fin dalle fondamenta. Ho compreso che senza la mia fede non sono completa, non sono felice, non vivo veramente. Credo che questi dubbi siano nati dalle lunghe conversazioni che ho avuto con un caro amico, molto intelligente, ma ateo. Sostenendo appassionatamente la mia fede ho capito di essere molto più credente di quanto pensassi, ma durante queste conversazioni mi sono dovuta arrendere al fatto che le mie argomentazioni sono molto più metafisiche e “fragili” di fronte alle evidenze scientifiche che questa persona mi ha messo dinanzi. Suppongo che questo sia naturale, scienza e fede chiaramente non possono essere valutate con lo stesso metro. Ma una risposta prettamente scientifica non mi basta come essere umano, non può bastare a nessuno che ci rifletta almeno un po’. Poco più di un anno fa sono stata in ospedale, mi è stato tolto un rene quasi da un giorno all’altro, e ho conosciuto persone che entro poco tempo sono morte. Una di queste era un uomo (testimone di Geova) con un cancro incurabile che mi diceva che nonostante tutto era sereno perché la sua fede era così salda da non fargli temere troppo la morte. Penso spesso a questa persona e invidio l’incredibile solidità della sua fede, che gli ha dato forza in una situazione così disperata. E io, che grazie a Dio vivo una situazione ben diversa, mi ritrovo a dubitare e a vacillare per molto, molto meno… mi sento così debole.
Non sono il tipo di persona che si rifiuta di credere in Dio perché “se esistesse non permetterebbe tutte le cose brutte che succedono nel mondo”, pensare ad una vita terrena senza il male è innaturale, la sua esistenza è indispensabile per permettere all’uomo di raggiungere Dio per libera scelta e autentica fede. Tuttavia pensare che potrebbe non esistere una motivazione mi assilla e mi devasta nel profondo. Padre, le chiedo una buona parola che mi aiuti a ritrovare quel perché senza il quale non riesco a vivere serenamente. Alla luce del mio grande amore per la letteratura sto ricercando una piccola consolazione nella rilettura dei Promessi Sposi, il cui senso della fede mi ha sempre ispirata e incoraggiata, ma avrei veramente bisogno del punto di vista di un uomo di fede in carne e ossa.
La ringrazio in anticipo,
un caro saluto
Alice
Risposta del sacerdote
Carissima,
1. parto dall’affermazione centrale della tua mail: “Da quando ho capito di non essere più così certa dell’esistenza di Dio mi sembra che la vita non abbia più uno scopo degno di tutto lo sforzo e i sacrifici che la caratterizzano”.
Certo, se Dio non esistesse la vita sarebbe tutto un vano agitarsi.
Sì, ci si può dare ai piaceri, ma tutto sommato si tratta di esperienze effimere.
2. Un ateo che cosa può dire se non quello che troviamo scritto nel libro della Sapienza: “La nostra vita è breve e triste; non c’è rimedio quando l’uomo muore, (…).
Siamo nati per caso e dopo saremo come se non fossimo stati” (Sap 2,1-2).
E ancora: “Passaggio di un’ombra è infatti la nostra esistenza (…).
Venite dunque e godiamo dei beni presenti, gustiamo delle creature come nel tempo della giovinezza! Saziamoci di vino pregiato e di profumi, non ci sfugga alcun fiore di primavera, coroniamoci di boccioli di rosa prima che avvizziscano (Sap 9,5-8).
3. Ma il sentimento del nulla e la bramosia di piacere facilmente conducono alcuni alla prepotenza: “Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile” (Sap 9,10-11).
Le riflessioni di un ateo a che cosa possono portare se non a questo?
4. Ciò significa che un uomo per ritrovare il senso di se stesso non deve cessare di interrogarsi e di “rendere più salda la propria chiamata” (2 Pt 1,10).
Un grande convertito, Blaise Pascal, ha scritto: “L’ordine del pensiero sta nel cominciare dal proprio io, dal proprio autore, dal proprio fine” (Pensieri, 146).
L’ordine del pensiero! Come è bella questa espressione!
Un pensiero ben ordinato che voglia giungere alla conclusione della verità fondamentale della propria vita deve “cominciare dal proprio io, dal proprio autore, dal proprio fine”.
5. Il filosofo Nietzsche ha detto che Dio ha cessato di essere il punto di riferimento dell’uomo e che ci si deve riappropriare dei piaceri.
Ha dovuto ammettere però che la morte è “la sua cupa compagna di viaggio” (La gaia scienza 4,278).
Un altro filosofo, Blaise Pascal, ha detto che l’uomo è l’unico animale che pensa alla morte e sa di morire.
6. Di fronte a questa realtà della morte emerge incessantemente nell’uomo una domanda di senso.
Ora solo Dio, per quello che ci ha detto e per quello che ci ha preparato (e quante dimostrazioni incontrovertibili ce ne ha dato in Cristo!), può dare senso compiuto alla nostra esistenza, alla nostra morte e al nostro post mortem.
Per questo un altro filosofo, Sant’Agostino ha detto: “Tu Dio ci hai fatti per te nel nostro cuore è inquieto fino a quando non riposa in te” (Confessioni, I,1,1).
7. Le conversazioni che fai con l’amico ateo ti comunicano il senso di vuoto e di assenza di speranza che c’è nel suo cuore.
Per un ateo tutto finisce con la morte.
Gli si potrebbe chiedere quali prove porta per dire che con la morte finisce tutto.
Non ne ha nessuna!
Mentre tu da persona umana, prima ancora che da credente, puoi parlargli dell’uomo che ha una vita che trascende la materia e che proprio questo segna la differenza con la vita esclusivamente materiale degli animali.
Non è difficile parlargli di questa vita trascendente. Lo mostra il fatto che parlate tra voi, che vi comunicate concetti spirituali, magari sbagliati, come quelli che il tuo amico ateo ti propone, potete parlare di vita, di morte, di senso e di non senso, di esistenza di Dio o della sua inesistenza.
Ebbene, tutto questo non è vita spirituale? Non è vita che trascende la materia?
E se c’è in noi qualcosa che trascende la materia non può forse significare che quando il corpo, che è materiale, si dissolve, c’è qualcosa d’altro che può sussistere?
Il solo fatto che, indipendentemente dalla loro esistenza, possiate pensare agli angeli, ai demoni, agli abitanti del paradiso, ai dannati; il solo pensiero che voi stessi possiate trovarvi di là in loro compagnia non manifesta un’attività e una vita spirituale che trascende la materia e che può sussistere oltre la morte del corpo?
Come vedi, questi non sono ancora discorsi di fede, perché si parla di ciò che è oggetto di evidente esperienza da parte di tutti.
8. Aldilà dei ragionamenti che ti ho portato, vi sono fatti come quelli delle possessioni diaboliche e delle apparizioni che sono indizi di una vita ultraterrena.
Penso esempio alle apparizioni di Lourdes che sono state esaminate in maniera molto severa dall’autorità civile prima ancora che da quella ecclesiastica.
Infatti la povera Bernardette è stata portata davanti al sindaco, in tribunale, davanti al procuratore imperiale. Tutti volevano a convincerla a dire che quello che aveva visto e udito era falso, che era frutto della sua povera immaginazione.
Ma, come è stato giustamente riconosciuto, la più bella prova dell’autenticità delle apparizioni di Lourdes è stata Bernardette stessa, che non si è mai contraddetta. Quando le leggevano il verbale delle sue dichiarazioni si accorgeva all’istante che le avevano manipolate e diceva che non era vero quello che avevano scritto. Il giudice replicava infuriato che aveva detto così e la intimidiva in tutte le maniere per costringerla a ritrattare, ma Bernadette, povera e analfabeta, rimaneva ferma e serena.
Ci sarebbero stati addirittura gli estremi per denunciare il giudice per tentativo di violenza psicologica su una minore!
Lo spirito razionalistico e pregiudiziale nei confronti dei fenomeni soprannaturali, tipico del secolo 19º e della Francia in particolare, dovette cedere di fronte ai molti miracoli e alle guarigioni che attestavano l’autenticità del fatto.
Non parlo di Lourdes per dimostrare il soprannaturale, ma solo per dire semplicemente che anche da un punto di vista razionale abbiamo segni e attestazioni della vita ultraterrena.
Mentre l’amico ateo non ha nessuno a suo favore.
Anzi, addirittura, se portasse alcuno, non potrebbe essere che è una testimonianza proveniente dall’aldilà, sconfessando platealmente la propria asserzione.
9. A te però, aldilà di questi ragionamenti, dico due cose.
La prima: stai unita a Cristo attraverso la vita di grazia, di preghiera e di offerta.
Se gusterai “la buona parola di Dio e i prodigi del mondo futuro” (Eb 6,5) nessun ragionamento ti scuoterà.
Anche se non saprai rispondere, sentirai che quanto ti viene detto contraddice quanto stai vivendo e non corrisponde a verità.
Quando Rudolf Otto sentì dire da Marx e compagni che la religione era l’oppio dei popoli avvertì subito che questo non corrispondeva a quanto stava vivendo. Fin dalle prime battute della sua opera, intitolata il sacro, esorterà chi non hai mai fatto l’esperienza religiosa di non andare avanti nella lettura perché non avrebbe capito nulla.
Sarebbe stato come descrivere ad un cieco nato la differenza dei colori.
10. La seconda cosa che ti dico è di riflettere su tutte le obiezioni che ti presenta l’amico ateo e poi documentati.
Alla fine lo ringrazierai perché ti avrà stimolato ad approfondire le ragioni della tua speranza e di esserne ulteriormente certa.
Cosa che non avresti fatto se non fossi stata continuamente puntellata dai suoi discorsi.
Questa è la mia esperienza personale.
Con l’augurio di un buon combattimento e di ogni bene, vi ricorderò volentieri nella preghiera e vi benedico.
Padre Angelo