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Quesito
Caro Padre Angelo,
ho una domanda forse un po´ strana, ma che per me è importante, riguardante Mosè e cioè: Non capisco come mai Mosè, che era un Principe, sia dovuto fuggire per aver ammazzato un sorvegliante degli schiavi! Non ha senso, lui era un Principe, perché mai sarebbe dovuto fuggire per aver ucciso un sorvegliante degli schiavi?!
Le sarei molto grata se vorrebbe rispondere a questa mia domanda, perché per me questa è un’incongruenza nella Bibbia.
La ringrazio e le invio i miei cordiali saluti,
Maria Wiegelmann
Risposta del sacerdote
Cara Maria,
1. per essere edotti di quanto è successo è necessario leggere il testo sacro.
Ecco che cosa dice: “Un giorno Mosè, cresciuto in età, si recò dai suoi fratelli e notò i loro lavori forzati. Vide un Egiziano che colpiva un Ebreo, uno dei suoi fratelli. Voltatosi attorno e visto che non c’era nessuno, colpì a morte l’Egiziano e lo sotterrò nella sabbia. Il giorno dopo uscì di nuovo e vide due Ebrei che litigavano; disse a quello che aveva torto: «Perché percuoti il tuo fratello?». Quegli rispose: «Chi ti ha costituito capo e giudice su di noi? Pensi forse di potermi uccidere, come hai ucciso l’Egiziano?». Il faraone sentì parlare di questo fatto e fece cercare Mosè per metterlo a morte” (Es 2,11-15).
2. Ebbene, va ricordato quanto si legge nella lettera gli ebrei: “Per fede, Mosè, divenuto adulto, rifiutò di essere chiamato figlio della figlia del faraone, preferendo essere maltrattato con il popolo di Dio piuttosto che godere momentaneamente del peccato. Egli stimava ricchezza maggiore dei tesori d’Egitto l’essere disprezzato per Cristo; aveva infatti lo sguardo fisso sulla ricompensa” (Eb 11,24-26).
Il biblista domenicano Marco Sales da questo arguisce che Mosè non stava più nella casa reale e aveva abbandonato ogni speranza mondana.
Dopo essere stato “istruito in tutta la sapienza degli egiziani” (At 7,22) e dopo essere diventato “un uomo assai considerato nella terra d’Egitto, agli occhi dei ministri del faraone e del popolo” (Es 11,3) andò a stare tra i suoi fratelli.
3. Di questo parere si mostra anche il noto filosofo Martin Buber, considerato uno dei padri dell’ebraismo contemporaneo.
Nel suo volume intitolato Mosè, egli scrive: “Ma Mosé, cresciuto alla corte egiziana come egiziano, come ha saputo che gli schiavi ebrei sono suoi fratelli? Di questo non veniamo informati e anche questa mancanza fa parte della singolarità del racconto biblico, della sua particolare mescolanza di franchezza e reticenza.
Ciò che per noi è necessario sapere è che egli “esce” dalla corte reale e va dall’altra parte, dove lavorano gli schiavi disprezzati, ed esce proprio perché sono suoi fratelli. (…). Il racconto ci offre ora un fiore meraviglioso. Il giorno dopo Mosè si reca di nuovo sul posto: è il suo posto, è affare suo, egli deve andare di nuovo lì. E vede allora uno dei suoi fratelli battere un altro fratello. Che scoperta! Non solo i sorveglianti battono gli schiavi, ma uno schiavo batte un suo compagno!” (Mosè, p. 32).
4. In questo noi vediamo una prefigurazione di quello che avrebbe fatto Gesù, il quale “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini” (Fil 2,6-7).
5. In ogni caso, Mosè fugge perché il faraone aveva deciso di ucciderlo (Es 2,15) perché aveva ammazzato un egiziano.
Ti ringrazio del quesito, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo