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Caro padre Angelo,
colgo l’occasione per ringraziarla per la sua disponibilità e la chiarezza delle sue risposte.
Vengo subito al problema.
Sono sposato con due figli. Io e mia moglie non possiamo averne un terzo per impossibilità a crescerlo ed educarlo bene.
Lavoriamo tutti e due per mantenere la famiglia in quanto un solo stipendio è insufficiente. Non abbiamo i genitori che possono aiutarci e quindi il nostro tempo è occupato totalmente dai due bambini. Già accompagnarli a scuola la mattina diventa un problema ed occorre organizzazione. Non credo che sia giusto far crescere un altro bambino con una tata.
D’altra parte mia moglie ha avuto anche diversi problemi di salute con la seconda gravidanza.
Fatta questa premessa, viene il nodo dei rapporti intimi. Secondo l’usanza comune dormiamo nello stesso letto e questo offre e crea automaticamente l’occasione di unirci. Non usando anticoncezionali e non esistendo giorni “sicuri” ma solo giorni presumibilmente non fertili, preferiamo astenerci.
A volte, in media una volta al mese, finiamo invece per masturbarci.
A me viene in mente che l’unica soluzione sia dormire in letti separati ma credo che alla lunga questa separazione porti anche ad un allontanamento delle nostre anime ed a un indebolimento del sacramento.
Che cosa mi consiglia? Siamo obbligati all’astensione?
Grazie in anticipo.
Cristiano
Caro Cristiano,
1. il Concilio Vaticano II dice che sono i genitori a decidere il numero dei figli.
Solo essi conoscono in prima persona la loro situazione fisica, psicologica, sociale, economica, morale…
2. Ecco il testo: “I coniugi sappiano di essere cooperatori dell’amore di Dio Creatore e quasi suoi interpreti nel compito di trasmettere la vita umana e di educarla; ciò deve essere considerato come missione loro propria.
E perciò adempiranno il loro dovere con umana e cristiana responsabilità e, con docile riverenza verso Dio, di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa.
Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi.
Però nella loro linea di condotta i coniugi cristiani siano consapevoli che non possono procedere a loro arbitrio, ma devono sempre essere retti da una coscienza che sia conforme alla legge divina stessa; e siano docili al magistero della Chiesa, che interpreta in modo autentico quella legge alla luce del Vangelo” (Gaudium et spes, 50).
3. Secondo gli esperti i metodi naturali – se sono usati correttamente – sono sicuri più o meno quanto la contraccezione (esclusa la sterilizzazione).
Nei metodi naturali però c’è qualcosa di diverso dalla contraccezione: e cioè l’accettazione del rischio ed è quanto basta perché non si usi in maniera arbitraria del proprio corpo e della facoltà genitale.
Giovanni Paolo II diceva che tra i due metodi c’è una differenza abissale che coinvolge due modi di concepire se stessi e la sessualità umana fra di loro opposti: “Si tratta di una differenza assai più vasta e profonda di quanto abitualmente non si pensi e che coinvolge in ultima analisi due concezioni della persona e della sessualità umana tra loro irriducibili.
La scelta dei ritmi naturali comporta l’accettazione del tempo della persona, cioè della donna, e con ciò l’accettazione anche del dialogo, del rispetto reciproco, della comune responsabilità, del dominio di sé.
Accogliere poi il tempo e il dialogo significa riconoscere il carattere insieme spirituale e corporeo della comunione coniugale, come pure vivere l’amore personale nella sua esigenza di fedeltà.
In questo contesto la coppia fa l’esperienza che la comunione coniugale viene arricchita di quei valori di tenerezza e di affettività, i quali costituiscono l’anima profonda della sessualità umana, anche nella sua dimensione fisica.
In tal modo la sessualità viene rispettata e promossa nella sua dimensione veramente e pienamente umana, non mai invece «usata» come un «oggetto» che, dissolvendo l’unità personale di anima e corpo, colpisce la stessa creazione di Dio nell’intreccio più intimo tra natura e persona” (Familiaris consortio 32).
4. Nel primo caso si rimane aderenti al disegno di Dio e in comunione con Lui.
Nel secondo invece ci si sostituisce al suo disegno, anzi lo si altera perché si usa della potenza procreativa per privarla del suo specifico significato.
Quest’alterazione attuata in un ambito così intimo e personale nel quale si coopera con Dio nel suscitare la vita di fatto avviene una separazione da Dio, si rompe la comunione con Lui e si perde la grazia.
5. Giovanni Paolo II diceva anche che “come Madre, la Chiesa si fa vicina alle molte coppie di sposi che si trovano in difficoltà su questo importante punto della vita morale: conosce bene la loro situazione, spesso molto ardua e a volte veramente tormentata da difficoltà di ogni genere, non solo individuali ma anche sociali; sa che tanti coniugi incontrano difficoltà non solo per la realizzazione concreta, ma anche per la stessa comprensione dei valori insiti nella norma morale.
Ma è la stessa ed unica Chiesa ad essere insieme Maestra e Madre.
Per questo la Chiesa non cessa mai di invitare e di incoraggiare, perché le eventuali difficoltà coniugali siano risolte senza mai falsificare e compromettere la verità: è infatti convinta che non può esserci vera contraddizione tra la legge divina del trasmettere la vita e quella di favorire l’autentico amore coniugale (cfr. Gaudium et spes, 51).
Per questo, la pedagogia concreta della Chiesa deve sempre essere connessa e non mai separata dalla sua dottrina.
Ripeto, pertanto, con la medesima persuasione del mio predecessore: «Non sminuire in nulla la salutare dottrina di Cristo è eminente forma di carità verso le anime» (Paolo VI, Humanae vitae, 29)” (Familiaris consortio 33).
6. Per questo faceva proprio l’invito di Paolo VI ad esercitare “la costanza e la pazienza, l’umiltà e la fortezza d’animo, la filiale fiducia in Dio e nella sua grazia, il ricorso frequente alla preghiera e ai sacramenti dell’Eucaristia e della riconciliazione” (cfr. Humanae vitae, 25).
A proposito della riconciliazione o sacramento della Confessione Paolo VI disse: “E se il peccato facesse ancora presa su di loro, non si scoraggino, ma ricorrano con umile perseveranza alla misericordia di Dio, che viene elargita nel sacramento della Penitenza” (Humanae vitae, 25).
7. La risposta alla tua domanda sarebbe dunque di affidarti in maniera sicura ai metodi naturali.
Ma qualora il peccato (e quello che hai menzionato nella tua mail è un uso alterato della sessualità umana e pertanto un peccato) fosse presente nella tua vita, vai a fare la tua umile confessione prima della santa Comunione.
È solo così che si riceve grazia su grazia, e cioè la grazia della Confessione e la grazia della Comunione.
Si sente la forza e la benedizione di questa grazia!
È un’esperienza invece di cui rimangono del tutto privi coloro che si accostano alla Santa Comunione senza confessare i peccati gravi perché di fatto non fanno Comunione, per quanto prendano la Sacra particola. Anzi, compiono un ulteriore peccato.
Con l’augurio di trovarti sempre in vera comunione col Signore (è il bene più prezioso della nostra vita), ti ricordo nella preghiera e volentieri con te ricordo anche la tua bella famiglia.
Ti benedico.
Padre Angelo