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Reverendo padre,
sono un lettore assiduo del suo apostolato digitale: che ne possa avere riconosciuto il grande merito di fronte al Signore! Sono a porle un quesito inerente il sacramento della Penitenza: molto spesso, nella confessione, più di un sacerdote, nel contesto di più di una parrocchia, mi interrompe nell’accusa dei peccati dicendo che “Dio intende assolvermi da tutti, anche da quelli non ricordati”; oppure, alla fine, mi chiedono di “estendere il dolore anche a quelli che non ho ricordato”, onde esserne perdonato. Se questa fretta può essere al limite giustificata quando mi confesso durante la messa (sarebbe mia cura farlo in momenti più adatti e quando mi si possa dedicare più tempo), mi è capitato di riscontrarla anche al di fuori di questo caso, quindi penso che i confessori siano convinti, in buona fede, dell’efficacia di questa formula, immagino relativamente diffusa; magari mi ritengono troppo reticente. Dal momento che i peccati gravi riesco sempre ad accusarli, mi sono sempre regolato credendomi assolto e accedendo alla Comunione; anche se non nascondo che talora si esce proprio insoddisfatti dal confessionale. Dunque le domando cosa si debba pensare di questa pratica e della validità dell’assoluzione ricevuta. Inoltre, spesso mi viene assegnata una penitenza da fare a casa: posso ricevere serenamente l’Eucaristia nell’intervallo tra l’assoluzione e questa? Cercherò di ricordarla nelle preghiere, nella speranza di esserlo nelle sue; anticipatamente ringrazio e saluto,
Carissimo,
1. sì, quello che mi hai riferito è un modo di esprimersi abbastanza comune di molti sacerdoti.
Ti posso assicurare che lo fanno quando vedono che la confessione va un po’ per le lunghe e quando ad essi pare che ciò che vi era di grave sia già stato detto.
È chiaro infatti che se la confessione deve aver un po’ di ordine ci si deve addolorare per i peccati gravi. E questi vanno detti all’inizio.
2. Riservare l’accusa dei peccati gravi alla fine dopo aver confessato inezie ed essere andati avanti con profusione di parole non è corretto neanche per la confessione in se stessa.
Se le cose vanno così, il sacerdote – rimasto vittima dell’inganno fattogli dal penitente – giustamente ad un certo momento taglia corto volendo dire che nella confessione dei peccati veniali si deve essere succinti, senza particolari verbosità.
3. San Tommaso, parlando delle doti che deve avere l’accusa dei peccati, riferisce e commenta le caratteristiche che a quei tempi venivano enumerate.
La prima di queste caratteristiche è la semplicità, intesa come sinonimo di brevità.
A proposito di questa dice che “la manifestazione del peccato può essere impedita da quattro cose, tra cui la prolissità delle parole. E contro tale difetto è detto che dev’esser “semplice”, in modo che non si dica in confessione se non ciò che riguarda la gravità del peccato” (Supplemento alla Somma teologica, 9,4).
4. Il grande teologo moralista domenicano D. Prümmer diceva che il confessore non deve affatto permettere che il penitente durante la confessione narri qualche cosa che non riguarda la confessione. Né egli stesso faccia discorsi o domande inutili.
Ricordava anche che Sant’Antonino insegnava che i penitenti che hanno bisogno di consolazione a motivo delle tribolazioni o di consigli per i dubbi, facciano questo dopo aver fatto l’accusa dei peccati e dopo aver ricevuto l’assoluzione.
E questo perché mescolando tutte le loro pene con l’accusa dei peccati c’è il pericolo che diminuisca la forza del pentimento e della contrizione (Cfr. Manuale Theologiae moralis, III, 363).
5. Un commentatore francese della Somma teologica scriveva: “La semplicità (brevità) va raccomandata spesso a certe persone devote, sempre pronte a raccontare una lunga storia, prendendo l’occasione da peccati veniali che esse dovrebbero accusare e che invece cercano di scusare raccontando a modo loro le più insignificanti circostanze di questi peccati (HUGUENY H., La penitence, t. I, p., 412).
6. Per il tuo caso puoi stare sereno.
La confessione è valida, tanto più che hai la premura di accusare anzitutto i peccati gravi, qualora ci fossero.
7. Tra l’assoluzione e il compimento della penitenza puoi ricevere l’Eucaristia perché hai già ricevuto la grazia sacramentale.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo