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Quesito

Carissimo Padre Angelo,
da quando ho ricevuto la sua email, ho incominciato a chiedere con la coroncina della Divina Misericordia e con il Rosario, che Dio mi facesse scoprire ed attuare il progetto che ha per me, ovvero la mia vocazione.
Ho scoperto leggendo la "parte quarta del catechismo" due forme di preghiera: la contemplazione e la meditazione però non ho capito bene come vanno attuate…le chiedo quindi di farmi degli esempi concreti (anche presi dalla vita domenicana) di meditazione e contemplazione.
poi le chiedo
1) un metodo concreto per meditare
2) un metodo concreto per contemplare (il Rosario dalle sue risposte so come contemplarlo, mi chiedevo come contemplate voi domenicani visto che è proprio la contemplazione una caratteristica fondamentale del proprio ordine) leggendo una sua risposta https://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=673 ho capito abbastanza della meditazione (leggere il catechismo può essere assimilato a meditare?), però non riesco comunque a capire concretamente come si fa a contemplare, mi può quindi fare una sorta di scaletta?. Infatti non comprendo bene per esempio cosa vuol dire "sguardo di fede fissato su Gesù" e "silenzioso amore" e "unione con la preghiera di Gesù e con i misteri della sua vita". Come contempla lei nella sua vita da domenicano?
La contemplazione è una preghiera molto importante ed è per questo che voglio capire come si attua, perché mi servirà anche(penso) per scoprire la mia vocazione…
Cordiali saluti.
In attesa della sua risposta pregherò per lei.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
dal momento che sono passati circa tre mesi da quando mi hai scritto, ti ringrazio della lunga preghiera che hai fatto per me. Mi hai scritto infatti “in attesa della sua risposta pregherò per lei”. Grazie vivissime, dunque!
Ti esorto tuttavia a continuarla.

1. Ti do solo un accenno per la meditazione, perché vedo che già la vai facendo.
La meditazione è un approfondimento intellettuale sulle verità e sugli eventi della nostra fede. È essenzialmente una ricerca del perché.
Come vedi, la meditazione ha primariamente l’obiettivo di rendere più solida la nostra fede.
Non solo.
Ma poiché tutto quanto Dio ci ha comunicato è utile e necessario per la nostra vita cristiana, la mediazione cerca anche come vivere da cristiani e come mettere in pratica le verità e gli eventi meditati.
Per questo la meditazione cerca di plasmare la nostra vita secondo gli insegnamenti di Cristo e si conclude con un proposito o impegno personale.
Sintetizzando questi vari passaggi il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “La meditazione mette in azione il pensiero, l’immaginazione, l’emozione e il desiderio.
Questa mobilitazione è necessaria per approfondire le convinzioni di fede, suscitare la conversione del cuore e rafforzare la volontà di seguire Cristo” (CCC 2708).

2. I testi per la meditazione possono essere i più vari.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica, a modo di esempio, li presenta così: “la Sacra Scrittura, particolarmente il vangelo, le sante icone, i testi liturgici del giorno e del tempo, gli scritti dei Padri della vita spirituale, le opere di spiritualità, il grande libro della Creazione e quello della storia, la pagina dell’“Oggi” di Dio” (CCC 2707).
Anche il CCC che tu stai usando, sebbene alcuni punti richiedano un certo bagaglio teologico, è un buon testo di meditazione. È infatti la sintesi di tutta la dottrina cristiana.

3. Ma adesso passo alla contemplazione.
Lasciando perdere le varie definizioni che sono state date, ti posso dire che la contemplazione, diversamente dalla meditazione, non è una riflessione, ma un’esperienza di vita.
Più precisamente “è Gesù posseduto, goduto e conosciuto”.

4. Comincio da “Gesù conosciuto”.
La conoscenza di Gesù che si sperimenta nella contemplazione è diversa da quella della meditazione.
La conoscenza di Gesù nella meditazione è una conoscenza razionale, che talvolta potrebbe essere anche fredda, come avviene quando si studia o si approfondisce un argomento.
La conoscenza di Gesù che si ha nella contemplazione è invece una conoscenza sapienziale.
La sapienza non è una conoscenza qualunque, ma una “sapida scientia”, una conoscenza saporosa, una conoscenza che si acquisisce col gustare.
San Tommaso osserva che noi con i sensi possiamo conoscere in vario modo: possiamo conoscere con gli occhi e con gli orecchi, ma gli oggetti visti e sentiti stanno al loro posto.
Possiamo conoscere anche col tatto. In questo caso si tocca una determinata realtà, si sente come è fatta e talvolta serve a indirizzare il nostro cammino come succede per i ciechi che si fanno guidare dal loro bastone.
C’è un’altra conoscenza che passa attraverso i sensi: quella del gusto. Qui l’oggetto non è solo toccato, ma anche gustato. In qualche modo penetra in noi e noi penetriamo in lui.
Così è fatta la contemplazione: è una conoscenza che passa attraverso il gusto. E il gusto presuppone la presenza e il possesso dell’oggetto in noi.
Per questo ho detto che la contemplazione “è Gesù posseduto, goduto, conosciuto”.

5. Se è così, si capisce bene come la contemplazione non possa essere vissuta se non da chi è in grazia, da chi possiede il Signore dentro di sé.
Proprio perché lo possiede è in grado di gustarlo. E questo è all’origine di una conoscenza saporosa, dolce, che inebria.
Il versetto del salmo 34,9 è stato applicato alla contemplazione:  “Gustate e vedete come è buono il Signore”.
Come puoi notare, prima di vedere (e cioè di conoscere) si gusta e si gusta possedendo. Conseguentemente si conosce per via d’esperienza.
Un esempio: se tu non hai mai assaggiato il miele, diventa difficile farti capire come è fatto quel gusto. Ti si potrebbe dire che è come lo zucchero, ma con qualcosa di diverso. Ma capisci subito come è fatto quel gusto se ti viene dato da assaggiare.
Ebbene, la contemplazione è Dio gustato e posseduto dalla nostra anima.
Ma questo non basta perché molti hanno la presenza di Dio nell’anima perché sono in grazia, ma non contemplano.
Nella contemplazione è Dio che prende l’iniziativa e si fa gustare mentre unisce a Sè attraverso un particolare evento della sua vita o una sua parola o qualche altro motivo.
Allora ci si sente invasi dalla sua presenza e se ne rimane del tutto inebriati, pieni di dolcezza, di consolazione. Si vorrebbe che un simile momento o esperienza non  finisse mai.
Si tratta di un godimento superiore a qualsiasi altro godimento umano perché si è uniti e si sta gustando Colui che è la sorgente di ogni godimento ed è “capace di procurare ogni delizia” (Sap 16, 20: “omne delectamentum in se habentem”).
Quando si è nella contemplazione ci si sente le persone più felici di questo mondo.

6. Questa esperienza si vive in modo particolare nel Santo Rosario perché con questa preghiera si viene impegnati a ricostruire la scena di un evento della vita di Cristo.
Mentre la si ricostruisce, si ama il Signore per quello che ha compiuto duemila anni fa e che adesso viene a riattualizzare nella nostra vita. Nel Rosario ci si unisce a Cristo. E ci si unisce non dei sentimenti qualunque, ma con quelli di Maria, invocata appositamente e incessantemente proprio per questo.
E Cristo ad un tratto si fa gustare e la nostra anima si trova invasa e inebriata della sua presenza, della sua gioia e della sua pace.
Come vedi, la contemplazione avviene se Dio si mostra, si consegna e si fa gustare.
È un’esperienza che non parte da noi, ma da Lui. Per questo si dice che la contemplazione è un’esperienza infusa.

7. Quando iniziamo a pregare col Rosario ci mettiamo nella disposizione d’animo di essere invasi dalla presenza di Dio.
Questo avverrà se il Rosario viene recitato come si deve. Perché se si procede in maniera distratta, per quanto si tratti di una preghiera molto bella che tiene lontano da noi molti mali, fa assaporare un po’ di pace, soprattutto alla fine.
Invece, se è ben recitato, è contemplazione, è “sguardo fisso su Gesù”: è unione con Gesù posseduto, goduto e conosciuto.
“È ascolto della sua parola”: perché l’unione con lui è mediata dalla sua parola, dall’unione con la sua preghiera, con un evento della sua vita.
“È silenzioso amore”: perché talvolta non ci si dice niente, ma Lui si dona a noi, invadendo la nostra anima, e noi ci apriamo a Lui. In quel momento siamo con Lui una sola cosa.

8. Desidero adesso aggiungere alcune annotazioni di San Tommaso sulla contemplazione che la fanno meglio comprendere.
Egli la descrive partendo da un versetto del Salmo 36,9: “si saziano dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie”.
Nella contemplazione ci si sente saziati dalla presenza del Signore e si avverte un senso di abbondanza, di gioia e di pace che in qualche modo straripa dall’anima e ridonda beneficamente sul nostro corpo.

9. Non solo, ma si è come travolti da un torrente di delizie. Il torrente richiama l’acqua che scorre velocemente saltando da un sasso all’altro.
Così nella contemplazione si sente la nostra anima invasa da continui fiotti di amore che vengono dal Signore. Sono come autentici tuffi al cuore che si ripetono senza sosta e spesso fanno trattenere il respiro.
Questo perché nella contemplazione “è l’amore dello Spirito Santo che fa irruzione nell’anima come un torrente impetuoso, perché la sua volontà è così efficace che nessuno può resistergli; non si trattiene un torrente. Gli uomini spirituali sono inebriati di delizie perché tengono la loro bocca aderente alla sorgente della vita” (s. tommaso, Commento al Salmo 36,9).

10. San Tommaso osserva anche che il godimento che si prova nella contemplazione “sorpassa qualsiasi gioia umana” (Somma teologica, II-II, 180, 7) ed è “un certo inizio della felicità del cielo, della beatitudine” (“inchoatio quaedam beatitudinis”: Ib., II-II, 180, 4).
Per questo a Marta, simbolo della vita attiva, Gesù dice: “Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10, 46). Non le sarà tolta perché ha iniziato di qua quello che continuerà a fare di là in maniera più perfetta.
Tutte le attività e tutti i beni di questo mondo prima o poi ci saranno tolti.
L’unica cosa che non ci sarà mai tolta, se noi non lo permettiamo, è l’unione col Signore, la contemplazione.

11. Per precisare di quale natura sia la conoscenza del Signore che si attua nella contemplazione San Tommaso dice: “La conoscenza della bontà di Dio e della sua volontà è doppia: l’una è speculativa (razionale)… e l’altra è sperimentale o affettiva, quando si prova in sé il gusto della dolcezza divina e si prova compiacimento nella volontà di Dio” (Ib., II-II, 97, 2, ad 2).

12. Infine San Tommaso ricorda che la contemplazione richiede la quiete dell’animo (la quies animi).
La quiete dell’animo è il più bel frutto dell’esercizio delle virtù morali, soprattutto della temperanza: “la contemplazione viene impedita dalla violenza delle passioni e dai tumulti esteriori” (Ib., II-II, 180, 2).
Quando si è sfiniti dal molto operare, dalla fatica e dalla stanchezza è difficile la contemplazione. Per questo Lia, simbolo della vita attiva nell’Antico Testamento, aveva gli occhi smorti.
Così ugualmente quando si è agitati dall’ira, si è furibondi oppure si è incendiati dalla concupiscenza è impossibile ogni forma di contemplazione. L’anima non è disposta a ricevere quest’azione ristoratrice dello Spirito.
San Tommaso dice che “le virtù morali predispongono alla vita contemplativa causando pace e purezza” (Ib., ad 2).
“Ed è per questo che la virtù della castità è quella che più di ogni altra rende idonei alla contemplazione: poiché i piaceri venerei sono quelli che più immergono l’anima nelle realtà sensibili, come insegna S. Agostino” (Ib., ad 3).

13. Per i domenicani una buona porzione della meditazione è costituita dallo studio che si porta in genere sulle realtà divine o su ciò che indirizza a Dio.
Quello che altri religiosi, soprattutto di vita attiva, cercano di ricavare dalla meditazione, per i domenicani viene fornito dallo studio.
Il nostro, poi, non è uno studio qualunque, uno studio che prepara alla contemplazione, e cioè alla fruizione di Dio per quanto è possibile in questa vita. Infatti si tratta di studiare “non una parola qualunque” (verbum non qualecumque), “ma una parola che spira amore” (sed spirans amorem), (Somma teologica, I, 43, 5, ad 2).
È lo studio della teologia.

14. Se i domenicani sono favoriti nella contemplazione dallo studio che fanno e che occupa una buona porzione della loro giornata, vivono la fruizione di Dio soprattutto nella celebrazione della Messa. Mi è capitato di sentire non poche persone che asseriscono di avvertire qualcosa di diverso nella celebrazione eucaristica dei domenicani.
Vivono questa fruizione nel ringraziamento alla Santa Comunione, nella preghiera corale e in particolare con quella del Santo Rosario, nella preparazione alla sacra predicazione, nella comunione con Dio portata avanti durante tutto l’arco della giornata, ecc…
La loro predicazione, che si attua in mille forme (insegnamento, predicazione tradizionale, celebrazione dei sacramenti, contatti con le persone…) porta o dovrebbe portare un timbro particolare: il timbro di chi è unito a Dio, gode delle realtà sue e le comunica agli altri come un vaso o un calice che incessantemente trabocca.

15. Infine i domenicani custodiscono un clima di contemplazione vivendo nel silenzio, che avvolge la loro vita e la loro abitazione in quella quiete interiore ed esteriore, che dà come l’impressione di trovarsi nell’anticamera del Paradiso.

Questa è la contemplazione che cerco di vivere anch’io.
Tutto quello che ti ho scritto è l’esperienza più bella della mia vita.
Sarebbe bello se il Signore indicasse anche per te, per il bene della Chiesa e delle anime proprio questa strada.
Anche per questa intenzione – che spero non ti dispiaccia –  assicuro la mia preghiera e il ricordo nella S. Messa.
Ti benedico.
Padre Angelo