Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Caro Padre Angelo,
approfitto della sua disponibilità per porle ancora qualche domanda: come mai per i sacerdoti non è previsto il voto di povertà? In fondo i sacerdoti sono chiamati a continuare l’opera di Gesù Cristo sulla terra, addirittura si parla del prete come di un alter Christus, dunque perché non chiedere loro di conformarsi a Gesù anche in questo aspetto? Spesso mi capita di sentire persone che dicono di non frequentare la Chiesa a causa della poca credibilità di certi sacerdoti, chi ha la mercedes, chi è proprietario di diversi appartamenti…non pensa che introducendo il voto di povertà per i sacerdoti si eviterebbero anche degli scandali?
La ringrazio e le chiedo un ricordo nel Signore.
Cordialmente,
Maria


Risposta del sacerdote

Cara Maria,
1. è necessario distinguere tra virtù di povertà e voto di povertà.
Per voto di povertà s’intende che uno rinuncia a possedere o ad amministrare in proprio
 Il voto di povertà lo fanno i sacerdoti appartenenti ad istituti religiosi e le suore.
Rinunciano a possedere coloro che emettono i voti solenni.
Rinunciano ad amministrare i loro beni, pur conservandone il possesso, coloro che emettono i voti semplici. Questi, per usare di quanto possiedono, devono chiedere l’autorizzazione del superiore.
Conducendo vita comune, i religiosi hanno sempre il superiore a portata di mano.
 
2. Ebbene, tu vedi come questo di per sé non sia richiesto ad un sacerdote diocesano, che deve amministrare i beni della parrocchia, i beni personali e talvolta anche quelli dei suoi famigliari.
A chi dovrebbe chiedere il permesso, ad esempio, per comperarsi un paio di occhiali o un paio di scarpe o per acquistare quanto è necessario per la sua vita o per la sua casa?
Questa dipendenza non è richiesta dal Vangelo e neanche dalla disciplina della Chiesa. Diversamente un tal modo di agire renderebbe la sua vita così macchinosa e complicata al punto da fargli perdere un sacco di tempo per chiedere i legittimi permessi, sacrificando il ministero cui è dedicato.

3. Anche i sacerdoti diocesani però devono risplendere per la virtù di povertà.
A differenza della povertà dei religiosi, la loro povertà non è legata ad un voto né comporta la rinuncia al diritto di proprietà dei beni economici e materiali.
Essi sono chiamati a vivere uno stile di vita povero, distaccati dai beni materiali, di cui devono pur fare uso,
Il sacerdote diocesano con il suo stile di vita deve far apparire chiaramente ed esemplarmente il valore transitorio e secondario dei beni economici.
E guardando il suo comportamento, i fedeli devono capire che le ricchezze non sono il supremo valore. Esse valgono meno, ad esempio, della cultura, dell’amicizia, della virtù, ecc… Soprattutto valgono meno della grazia e del Regno di Dio.

4. Anzi, con il loro stile di vita i sacerdoti diocesani devono far trasparire in modo luminoso e convincente che tutto quanto possiedono o dispongono viene usato in ordine al fine primario di un cristiano e di un sacerdote.
Questo fine primario è stato sintetizzato da Gesù con queste parole: “Cercate anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia (e cioè la santità), e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta” (Mt 6,33) e da San Paolo quando ha detto che “tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di Lui” (Col 1,24).
Così il sacerdote, più ancora dei fedeli cui è affidato, deve predicare con il proprio comportamento quanto insegna San Paolo: “Non abbiamo portato nulla in questo mondo e nulla possiamo portarne via. Quando dunque abbiamo di che mangiare e di che coprirci, contentiamoci di questo… L’attaccamento al denaro infatti è la radice di tutti i mali; per il suo sfrenato desiderio alcuni hanno deviato dalla fede e si sono da se stessi tormentati con molti dolori” (1
Tm 6,7-8.10).

5. Il Concilio Vaticano II ha voluto mettere in risalto il valore della povertà del sacerdote diocesano.
Dice che i sacerdoti
non devono guardare “l’ufficio ecclesiastico come occasione di guadagno”, né impiegare “il reddito che ne derivi per aumentare i propri profitti privati” (Praesbiterorum Ordinis, 17).
Dice anche che “quanto ai beni che si procurano in occasione dell’esercizio di un ufficio ecclesiastico,… devono impiegarli anzitutto per il proprio onesto sostentamento e per l’assolvimento dei doveri del proprio stato; il rimanente vogliano destinarlo per il bene della Chiesa o in opere di carità” (PO 17).

6. Il Concilio Vaticano II ha voluto ricordare che il motivo supremo della loro povertà evangelica sta nel fatto che “Cristo ha compiuto l’opera della redenzione nella povertà e nella persecuzione” (Lumen Gentium 8)  e che “la Chiesa è chiamata a prendere la stessa via per comunicare agli uomini i frutti della salvezza” (Ib.).
“I sacerdoti quindi, senza affezionarsi in modo alcuno alle ricchezze, debbono evitare ogni bramosia e astenersi accuratamente da tutto ciò che ha apparenza di commercio.
Anzi, essi sono invitati ad abbracciare la povertà volontaria, con cui possono conformarsi a Cristo in un modo più evidente ed essere in grado di svolgere con maggiore prontezza il sacro ministero” (PO 17).

7. La povertà evangelica dei sacerdoti tanto religiosi che diocesani è importantissima per l’efficacia del loro ministero.
Tuttavia non bisogna lasciarsi andare a luoghi comini, come quelli dei preti che usano la mercedes. Io non ne ho mai visti. E dubito che tu stessa ne abbia visti.
Riconosco che alcune persone portano a pretesto della loro assenza dalla pratica dei sacramenti il fatto che i preti sarebbero attaccati al denaro.
Supposto che questo, almeno in alcuni casi, sia vero, è un motivo sufficiente per non vivere secondo il Vangelo e nella grazia di Dio?
È vero che gli esempi valgono più delle parole e per questo non si insisterà mai abbastanza sulla vita esemplare che devono condurre tutti i sacerdoti.
Ma dobbiamo ricordare anche nel caso che fossero tutti esemplari, succederà sempre che qualcuno troverà ancora qualche pretesto per non credere.
È venuto Gesù sulla terra. Chi è stato più esemplare di Lui?
Eppure molti lo hanno rifiutato. Gesù stesso ne fornirà il motivo quando dirà: “la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3,19).

Ti ringrazio di avermi portato su questo tema, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo