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Quesito

Gentile Padre Angelo,
proprio in questi giorni sono state trasportate a Roma per volere del Santo Padre le salme di san Pio e san Leopoldo. Questo evento, enormemente pubblicizzato dai mass media, mi lascia piuttosto confusa e disorientata.
Perché la Chiesa permette, anzi favorisce, l’esposizione di cadaveri o a volte parti di cadaveri per la venerazione? Mi spiego meglio: capisco l’importanza del culto dei santi e anche delle reliquie, ma non sarebbe lo stesso seppellire i morti e permettere ai fedeli di pregare sulle loro tombe? Al di là di quelle che sono le tradizioni popolari, non è una barbarie lasciare le salme esposte e spesso addirittura mutilarle (penso al corpo di santa Caterina da Siena) per permettere la venerazione in diverse parti del mondo? Sinceramente questa forma di culto mi lascia sconcertata e la trovo molto difficile da comprendere. 
Grazie,
Viola


Risposta del sacerdote

Cara Viola,
1. sono d’accordo con te nel dire che l’esposizione dei cadaveri non è una cosa gradevole.
Ma l’esposizione dei corpi dei santi, tanto più se sono incorrotti, non è equiparabile all’esposizione di un cadavere.
La gente che in massa si è riversata a San Pietro non è andata a veder dei cadaveri, ma è andata ad incontrare Padre Pio e Padre Leopoldo.
Dal corpo di questi santi emana qualcosa che non emana dai comuni cadaveri.
Dio opera attraverso questi corpi, che un giorno risorgeranno e saranno pieni della sua potenza e della sua gloria, nel medesimo modo in cui operava quando erano tra noi.

2. Se Dio continua a compiere segni e prodigi attraverso i loro corpi per confermare la fede del popolo cristiano e per dare esempi di vita perché la gente non dovrebbe affezionarsi ai resti mortali di un Santo?
Negli Atti degli Apostoli si legge che quando la gente seppe che Paolo lasciava definitivamente Efeso e non vi sarebbe mai più tornato portò grembiuli e fazzoletti, li fece toccare al corpo di Paolo, poi li possavano sui malati e questi guarivano e gli spiriti cattivi fuggivano.
Ecco il testo per intero: “Dio intanto operava prodigi non comuni per mano di Paolo, al punto che mettevano sopra i malati fazzoletti o grembiuli che erano stati a contatto con lui e le malattie cessavano e gli spiriti cattivi fuggivano” (At 19,11-12).

3. Mi piace ricordare quanto avvenne quando si riesumò la salma di San Domenico, ridotta ormai solo ad uno scheletro.
Il beato Giordano di Sassonia, suo primo successore e che precedentemente era stato professore all’università di Parigi, testimonia che cosa avvenne:
“È presente il venerabile arcivescovo e una moltitudine di vescovi e di prelati. Assiste pure una innumerevole folla di devoti provenienti da ogni parte; sono presenti anche milizie armate dei bolognesi, per impedire che qualcuno trafughi quel corpo santissimo che li protegge. I frati sono ansiosi, sono pallidi e pregano pieni di trepidazione, temendo per una cosa di cui non ci sarebbe stato da temere, cioè che il corpo di S. Domenico, che per tanto tempo era rimasto esposto alle piogge e al caldo racchiuso in un povero loculo come un mortale qualunque, apparisse ricoperto di vermi e appestasse col suo cattivo odore l’odorato dei presenti. In tal modo si sarebbe offuscata la devozione verso così grande uomo. Non sapendo perciò cosa fare, non resta loro che raccomandarsi tutti a Dio. I vescovi si avvicinano devoti, si accostano anche gli altri con gli arnesi necessari e vien tolta la pietra che aderisce al sepolcro con duro cemento.
C’era sotto, infossata nella terra, quella cassa di legno nella quale il venerabile Papa Gregorio, allora vescovo di Ostia, aveva inumato il sacro corpo. Sopra di essa appariva un piccolo foro.
Orbene, tolta la pietra cominciò ad esalare da quel foro un odore meraviglioso. I presenti, a tanta fragranza rimangono attoniti e si domandano cosa sia. Si dà ordine di togliere il coperchio della cassa; e tosto si ha la sensazione che una profumeria o una bottega di aromi, un giardino di rose o un campo di gigli e di viole e la soavità di tutti i fiori siano un nulla al
confronto. Qualche volta Bologna, quando vi giungono i carri (dalla campagna), si riempie di puzza; quando invece viene aperto il sepolcro del glorioso Domenico si rallegra, purificata da un effluvio che supera la fragranza di ogni altro aroma. Ne stupiscono i presenti e cadono
in ginocchio esterrefatti: poi la felicità si mescola ai pianti di gioia, il timore e la speranza nascono e si contrastano negli animi in maniera mirabile al sentire la soavità di
quel portentoso profumo.
Anch’io di quel profumo ho sentito la dolcezza ed ora attesto ciò che ho visto e sentito.
Nonostante, infatti, che io mi soffermassi a lungo a bella posta accanto al corpo di quel predicatore del Signore Domenico, mai potei saziarmi a tanta dolcezza, che eliminava ogni disagio, ispirava devozione, suscitava miracoli. Se si toccava quel corpo con la mano, con la cintura o con qualsiasi altro oggetto, quell’odore rimaneva per lungo tempo.
Il corpo fu portato a un monumento di marmo per esservi racchiuso insieme ai suoi aromi. Quell’odore meraviglioso continuava intanto ad emanare da quel corpo santo, dimostrando chiaramente a tutti a qual punto egli fosse «un buon odore di Cristo».
L’arcivescovo celebrò la Messa solenne, e siccome era il martedì dopo la Pentecoste, il coro intonò all’Introito «Accipite incunditatem gloriae vestrae» (Trasalite di felicità per la vostra gloria). I frati presero questo motto come una voce proveniente dal cielo. Suonano le trombe, la folla innalza un gran numero di ceri, si snoda una solenne processione mentre dovunque risuona il Benedictus Jesus
Christus.
Questi fatti avvennero a Bologna il 24 maggio dell’anno del Signore 1233, sesto dell’Indizione, sotto il Pontificato di Gregorio IX, essendo Imperatore Federico 11, a onore del Signore nostro Gesù Cristo e del suo fedelissimo servo, il beato Domenico” (Lippini, San Domenico visto dai suoi contemporanei, pp. 186-189).

4. Qualcosa di analogo è avvenuto a Roma. La presenza dei corpi di quei due Santi eliminava ogni disagio, ispirava devozione, suscitava miracoli in coloro che andavano a venerarli.
C’è da dire solo: fortunato che ne ha fatto l’esperienza.
La gente – di ogni strato sociale – che lì accorsa è rimasta contenta.
Al passaggio di padre Leopoldo i giornali hanno parlato anche di miracoli.
Certamente sono stati giorni di grazia.

Ti ringrazio per avermi stimolato a scrivere queste cose.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo