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Quesito
Caro padre Angelo,
La disturbo per una domanda, per me, importantissima in questo momento. Cosa significa che alcuni sacramenti danno il Carattere?
Cos’è il “carattere”?
Grazie in anticipo,
Cristiano
Risposta del sacerdote
Caro Cristiano,
1. chi parla di carattere o di sigillo, che è la stessa cosa, è San Paolo.
In 2 Cor 1,21-22 egli dice: “È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo e ci ha conferito l’unzione, ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori”.
Il sigillo impresso su una determinata realtà la marca, la contrassegna.
2. Lo Spirito Santo imprime in noi questo sigillo nel momento del Battesimo. È come un distintivo impresso nell’anima che non si può ii cancellare, che vi rimane scolpito eternamente.
Probabilmente san Paolo desume questo linguaggio da quanto avveniva ai suoi tempi: oggetti, animali, uomini (schiavi e soldati) portavano il sigillo del loro padrone. Era un segno di riconoscimento, una specie di timbro (oggi diremmo tatuaggio) impresso nella pelle.
Qui invece si tratta di un segno di riconoscimento invisibile, impresso nel fondo del nostro essere, della nostra anima
Questo sigillo o carattere ci incorpora a Cristo e alla Chiesa e ci abilita a determinate funzioni.
3. Dice San Tommaso: “Chiunque viene destinato a un compito specifico, ne assume ordinariamente il segno distintivo, come i soldati che venivano arruolati nell’esercito solevano anticamente essere contrassegnati con un qualche segno sul corpo, data la materialità della loro prestazione.
Ora, poiché con i sacramenti gli uomini vengono destinati a prestazioni spirituali attinenti al culto di Dio, è logico che per esse restino fregiati di un qualche carattere, o segno spirituale” (Somma teologica, III, 63,1).
Scrive sant’Agostino: “Forse i sacramenti cristiani saranno meno efficaci di quel distintivo materiale che contraddistingue il soldato? Quando un soldato ritorna alla milizia che aveva abbandonato non gliene viene impresso un altro, ma si riconosce e si legittima l’antico” (Contra Parmenianum, 2,13).
4. Analizziamo ora le due proprietà del carattere: l’incorporazione a Cristo e alla Chiesa e l’abilitazione a compiere determinate azioni.
La prima: ci incorpora a Cristo e alla Chiesa.
Col carattere si viene innestati in Cristo come tralci alla vite per poter produrre frutti di vita eterna.
È vero che la grazia già incorpora a Cristo e può essere donata anche al di fuori dei sacramenti, anche a chi non è battezzato.
Ma in questo caso l’appartenenza a Cristo è precaria, perché persa la grazia, si perde anche l’appartenenza, l’innesto.
5. Ugualmente, appartenendo a Cristo mediante la grazia anche se non si è battezzati, automaticamente si appartiene anche alla Chiesa, o per meglio dire si appartiene all’anima della Chiesa.
Ma anche quest’appartenenza alla Chiesa è provvisoria e precaria. Può essere persa con la perdita della grazia.
6. Il carattere invece conferisce un’appartenenza indelebile sia a Cristo che alla Chiesa.
Pertanto nel caso di un battezzato che rompa i legami con la Chiesa, non cessa di appartenerle.
Ciò significa che se si converte e rientra nella Chiesa, non ha bisogno di esservi aggregato con un nuovo battesimo.
7. Il carattere rimane nel battezzato anche qualora si perdesse la grazia santificante.
Questo permette di precisare che il carattere configura a Cristo a livello di essere e non ancora a livello vitale.
Per essere vitalmente uniti a Cristo e compiere opere meritorie sotto il profilo soprannaturale è necessario che la vita di Cristo irrori la nostra vita mediante la grazia santificante e mediante il dinamismo delle virtù teologali (fede, speranza e carità).
Possiamo dire allora che il carattere conformi a Cristo “ontologicanente” e non ancora vitalmente, operativamente.
Tuttavia il carattere anche se rimane in qualche modo inattivo per la mancanza della grazia, non è inutile perché conserva una relazione con essa, ne è come un permanente richiamo.
8. Sicché nel battezzato che vive in peccato mortale il carattere attende di rivivere e di essere liberato da ciò che gli impedisce di realizzare ciò per cui è stato conferito.
Questa era, ad esempio, la speranza che animava Giorgio La Pira, terziario domenicano, “il sindaco santo” di Firenze.
Quando andò da Krusciov nel 1959 per una missione di pace gli disse profeticamente tra le altre cose: “Ricordatevi: i popoli battezzati sono come gli uccelli e come i pesci che tornano sempre, anche da molto lontano, ai loro nidi. Tornano alla casa paterna dove sono nati e dalla quale sono partiti; si ricordano e tornano (come dice la parabola del figliol prodigo e come dice un celebre salmo, il salmo 21)”.
Quello che Giorgio la Pira ha detto dei popoli battezzati vale ancor di più per le persone battezzate. Anch’esse possono andare lontano, molto lontano.
Ma il carattere che hanno nel fondo della loro anima costituisce un richiamo permanente a tornare là da dove sono partiti e cioè da Cristo.
9. Ma oltre che come segno indelebile di appartenenza, il carattere viene dato per un incarico.
Quest’incarico è un incarico sacerdotale.
È in forza di esso che tutti i cristiani sono resi partecipi del sacerdozio di Cristo e sono incaricati di pregare e di offrire il loro sacrifici spirituali (le azioni concrete della loro vita) a Dio per se stessi, per tutta la Chiesa, anzi per tutto il mondo.
Mediante il carattere tutta la vita diventa in qualche modo preghiera perché viene trasformata come in una lode perenne e in un sacrificio spirituale gradito a Dio.
Se i musulmani pregano cinque volte al giorno, i cristiani pregano sempre, anche quando riposano nel sonno. E qualche volta pregano in maniera più intensa, come quando si mettono esplicitamente a pregare.
10. S. Tommaso dice che “il carattere deputa gli uomini al culto di Dio secondo la religione cristiana" (Somma teologica, III, 63, 2) e che “è una partecipazione del sacerdozio di Cristo derivante da Cristo stesso" (Somma teologica, III, 63, 3).
Il Concilio Vaticano II riprende la dottrina di S. Tommaso: “I fedeli, incorporati nella Chiesa col battesimo, sono deputati al culto della religione cristiana dal carattere, ed essendo rigenerati per essere figli di Dio, sono tenuti a professare pubblicamente la fede ricevuta da Dio mediante la Chiesa" (Lumen Gentium 11).
11. È in forza del carattere battesimale che il credente diventa capace di offrire il proprio corpo come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio (Rm 12,1).
Per Cristo, con Cristo e in Cristo egli ha accesso al Padre con la certezza di essere da lui ascoltato ed esaudito: “Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato. Io sapevo che sempre mi dai ascolto” (Gv 11,41-42).
In riferimento all’esercizio del sacerdozio regale dei battezzati giova ricordare quanto dice la Lumen gentium: “Tutte le loro opere, le preghiere, le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo (1 Pt 2,5), i quali nella celebrazione dell’Eucaristia sono piissimamente offerti al Padre insieme all’oblazione del Corpo del Signore” (LG 34).
12. Ci sarebbero molte altre cose da dire non solo in riferimento al carattere del battesimo, ma anche della cresima e del carattere comunicato dai tre gradi dell’Ordine sacro.
In ogni caso si tratta sempre di deputazione al culto espresso con modalità nuove oppure con poteri divini diversi.
Ma penso che per ora basti così.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo