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Quesito

Caro Padre Angelo,
qualche tempo fa durante gli esercizi spirituali ignaziani ho avuto la grazia di fare la confessione generale e per la prima volta dopo tanto tempo ne sono uscito finalmente con la certezza morale di essere in grazia di Dio, dopo anni di dubbi (anche se diversi sacerdoti mi hanno messo in guardia dagli scrupoli) riguardanti soprattutto l’accusa dei peccati (particolari, circostanze aggravanti, ecc.).
La pace è durata finché non mi è tornato in mente un peccato di molti anni fa che, a causa della distanza temporale, non ricordo di aver confessato (può anche darsi, ma non ricordo nulla). Su questo punto dovrei stare tranquillo (in dubio pro reo), ma penso che se anche l’avessi confessato l’avrò fatto sicuramente in modo troppo generico, data la mia “grossolanità” all’epoca. Dunque l’accusa di questo peccato va ripetuta o no?
Ho posto il quesito allo stesso confessore degli esercizi, mi ha detto che essendo scrupoloso devo ignorare questo e altri peccati eventualmente dimenticati nella confessione generale, cioè con quella fase della mia vita ho chiuso e non ci devo tornare. Quindi nelle successive confessioni non l’ho menzionato ma so che i peccati dimenticati vanno comunque confessati, non mi risulta ci siano “sconti” per gli scrupolosi. Così sono un po’ lacerato tra il desiderio di fidarmi ciecamente dei sacerdoti (so che è l’unico modo per uscire dagli scrupoli) e il timore di fare confessioni sacrileghe.
La ringrazio per l’attenzione e le chiedo un consiglio e una preghiera
CS


Risposta del sacerdote

Carissimo CS,
1. attieniti a quanto saggiamente ti ha detto il confessore al termine della tua confessione generale.
Questo sacerdote ha capito in pieno lo stato della tua anima.
Ora il demonio, sempre geloso della nostra pace interiore, cerca di insinuarti dei dubbi.
E proprio per la tua tendenza alla scrupolosità, devo dirti anch’io:
primo, non sei tenuto a confessare un peccato di cui non sei certo di averlo commesso;
secondo, non sei tenuto a confessarlo perché non solo non sei certo di averlo commesso, ma neanche di non averlo confessato;
terzo, proprio per la tua indole scrupolosa, permetterti di confessare di nuovo quel peccato, è come aprire una diga, che ti porterebbe in un tormento continuo di coscienza. E così la daresti vinta al demonio: il quale vuole turbare le nostre preghiere e la partecipazione ai sacramenti con l’idea che tutto quello che facciamo è sacrilegio.
Stai dunque in pace e allontana sempre il pensiero di non aver fatto tutto per bene.
La parola definitiva ti è stata data dal sacerdote che ha ascoltato la tua confessione generale.
Lì ha parlato Cristo.

2. Posso pensare alla grande pace che hai provato dopo la tua confessione generale.
Papa Giovanni, nel Giornale dell’anima, nelle note del 21 dicembre 1928, scrive: Oggi, festa di san Tommaso apostolo, ho fatto la confessione generale dei venticinque anni di sacerdozio al P. Luigi Proy, et “dedit mihi Dominus fluvium pacis” (Il Signore fece scorrere verso di me un fiume di pace; Is 66.12).
Mi viene da dire: anche tu, come papa Giovanni, hai ricevuto una grazia grande e hai fatto un’esperienza meravigliosa di pace!

Ti ringrazio per la fiducia, ti seguo con la preghiera e ti benedico.
Padre Angelo