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Quesito

Caro P. Angelo,
le scrivo perché ultimamente sono assalito da una preoccupazione di cui non riesco a liberarmi.
Negli ultimi anni ho quasi sempre fatto, almeno una volta l’anno, un viaggio all’estero. Tuttavia è solo un paio d’anni che ho raggiunto la piena conversione e quindi una certa maturità di fede. Non ho mai pensato che andare all’estero, soprattutto in paesi non cattolici potesse essere sbagliato, anche solo in parte. Negli ultimi giorni ho prenotato con un amico una vacanza in Asia per il prossimo anno. Ed è da allora che ho un peso sul cuore perché vorrei non aver organizzato nulla. Ho iniziato infatti a pensare che forse non è cosa del tutto buona andare via così lontano, perché ho paura che durante quel periodo (circa due settimane) sarò lontano da Dio e sicuramente non avrò occasione nemmeno di partecipare alla Messa domenicale. E’ come se vedessi questo viaggio come un allontanamento (consapevole) da Dio e quindi un peccato grave. Solo ora ho realizzato che un vero cristiano dovrebbe mettere Dio al primo posto e quindi organizzare dei viaggi consoni, magari non troppo lunghi e in cui ci sia sempre la possibilità di partecipare alla Santa Messa e di non perdere di vista le cose necessarie. Purtroppo ho già prenotato e non so se rinunciare comunque o andare e sentirmi fortemente in colpa.
Chiedo scusa se le faccio perdere tempo con dubbi così banali e le porgo cordiali saluti.
Grazie, Michele.


Risposta del sacerdote

Caro Michele,
in una precedente risposta avevo scritto:
1. il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma: “Coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave” (CCC 2181).
Va notato l’avverbio deliberatamente. E allora dal momento che le vacanze in un paese lontano non vengono fatte per tralasciare la partecipazione alla Messa ma per altri motivi, non si commette un peccato grave.

2. Tuttavia va ricordato che nel terzo comandamento “ricordati di santificare le feste” si intersecano due precetti: uno di diritto naturale e l’altro di diritto ecclesiastico.
Il terzo comandamento include “un precetto di diritto naturale – dice San Tommaso – nel senso che l’uomo deve destinare un dato tempo della sua vita alle cose divine.
Infatti l’inclinazione naturale porta l’uomo a destinare a ogni cosa necessaria un dato tempo: così egli fa per il vitto, per il sonno e per altre cose simili.
Perciò l’uomo secondo il dettame della ragione naturale deve destinare del tempo anche al ristoro spirituale, saziando di Dio la propria anima.
Ecco quindi che la destinazione di un dato tempo per attendere alle cose divine costituisce un precetto morale.
Ma la determinazione di un giorno particolare, quale ricordo della creazione del mondo, fa di questo comandamento un precetto ecclesiastico” (Somma Teologica, II-II, 122, 4, ad 1).

3. Ciò significa che se una persona può essere dispensata dal precetto ecclesiastico che comanda di santificare la festa attraverso la partecipazione alla Santa Messa, non è dispensata dal diritto naturale di dare culto a Dio.
Pertanto chi va in vacanza in luoghi lontani, dove non può partecipare alla Messa, dovrebbe sopperire a questa lacuna dedicando il tempo corrispettivo alla preghiera, alla lettura della Sacra Scrittura, alla meditazione.
In altre parole, dovrebbe dedicare una porzione di tempo a saziare la propria anima di Dio, per dirla con san Tommaso.

4. Tuttavia mi piace ricordare la bella testimonianza di Pier Giorgio Frassati.
Sapeva che secondo i teologi moralisti se si fa un viaggio o anche una gita di alcuni giorni nei quali c’è una domenica o una festa di precetto (si pensi ad una crociera) si è dispensati dal precetto della Messa.
Ma Pier Giorgio non voleva fruire di questa dispensa.
Per lui l’incontro Cristo era il principale e insostituibile.
Ecco che cosa scrive Carla Casalegno in una bella biografia (forse la più bella) di Pier Giorgio:
L’impegno della messa prima di tutto
Per meglio comprendere l’importanza che la messa rivestiva nella vita di Pier Giorgio e lo spazio che egli lasciava alla quotidiana presenza vivificante del Signore, basti pensare che da quando studente liceale all’Istituto Sociale, decise di ricevere la Comunione ogni giorno, mai nulla, né impegni di studio, né vacanze al mare o in montagna, né i viaggi in Germania, Austria, Cecoslovacchia poterono distoglierlo da tale proposito.
Neppure una delle due grandi e nobili passioni della sua vita, l’alpinismo (l’altra fu la carità), lo indusse a mettere in ombra il primato di Cristo: con un’intransigenza di coscienza davvero ammirevole non volle infatti mai perdere la messa per una gita in montagna.
Anche se alcuni religiosi acconsentivano che in certi casi (come ad esempio qualora si fosse avvertita la necessità di ritemprare il fisico e lo spirito dalle fatiche del lavoro o dello studio con una distensiva escursione alpina) si partisse per una scalata il sabato sera, correndo così il rischio di non partecipare alla messa festiva se non si fosse incontrato un sacerdote disponibile alla celebrazione, Pier Giorgio non si diede mai vinto. Per non venir meno alla partecipazione al sacrificio dell’altare rinunciava decisamente alla gita. Pertanto a coloro che per spezzare la sua resistenza avanzavano l’argomento della dispensa ecclesiastica, egli con estrema sicurezza e irremovibile fermezza più volte rispose: «Lo so, so che è possibile averla, ma io preferisco non partecipare alla gita» .
Preoccupandosi non solo per sé, ma anche per l’allegra brigata degli amici, si incaricava, in un’epoca in cui le messe festive serali non si celebravano ancora, di passare a prenderli in automobile anche alle quattro del mattino pur di dar loro la possibilità di partecipare ad una messa prima della partenza” (C. Casalegno, Pier Giorgio Frassati, pp. 228-229).

5. Pertanto ai termini del precetto sei dispensato.
Ma Pier Giorgio mirava più in alto.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo