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Quesito
Salve Padre Angelo,
mi sono imbattuto per caso nel sito da lei curato e ho potuto con immensa gioia, notare la sua disponibilità nel rispondere le questioni poste in perfetto stile al nostro comune spettabile pensatore, quale Tommaso d’Aquino. Desideravo appunto approfittare di così tanta attenzione e cura ai dubbi di chi è in cammino dietro Gesù, per presentarle alcune domande e riflessioni che interiormente mi disorientano e destabilizzano. Confesso anticipatamente di non essere molto chiaro nell’esporre le questiones proposte ma ho tentato di tirar fuori quel che, scalpitando, dall’anima emergeva.
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Molto spesso vedo attorno a me come degli allarmanti sintomi dicotomici tra ciò che, quasi banalmente, definirei la Dottrina della Chiesa e il modo di pensare e agire di molti cristiani, uomini di chiesa, chierici, a partire dal livello personale a volte sino a quello pastorale.
Molto spesso ho avuto la sensazione di vedere un rifiuto, in pieno stile sessantottino di contestazione, nei confronti della struttura tradizionale e dogmatica della Chiesa, che volendo arrivare ai cosiddetti “più poveri e lontani”, mina a decostruire tutto ciò che sa in senso negativo di statico, monumentale, dogmatico appunto, quasi perde la sua identità, la sua appartenenza costitutiva alla Tradizione della fede cattolica.
È certamente necessario raggiungere gli ultimi e i più lontani e verso di essi occorre indirizzare le nostre forze e inventive missionarie di evangelizzazione.
È certamente necessario confrontarsi e rinnovarsi a seconda del tempo e alla cultura attuale, così da parlare un linguaggio che possa essere un veicolo intendibile e accogliibile da chi ascolta. Ma a tal proposito cosa voleva dire Paolo di Tarso avvertendoci di non conformarci alla mentalità del secolo? Pare che Cristo sia lo stesso ieri, oggi e sempre… Pare che lo stesso concilio Vaticano II abbia puntualizzato il compimento dell’atto rivelativo in Cristo Gesu nel "mistero Pasquale"?!
Dunque quanto è reale il rischio di corrompere l’originalità del Mistero rivelativo, nel volersi adeguare ai tempi presenti? Come equilibrare la difficile sfida tra dottrina e pastorale, prassi e costumi, teoria e pratica?
Sarà forse la mia sensibilità a far sì che avverta questa grande problematica, sono convinto ad ogni modo che prima di andare, prima di partire, sia necessario essere, essere qualcuno, avere qualcosa da dire, da comunicare, da condividere.
(…) Ho paura, che nella chiesa ci sia tanta corruzione, che inseguendo la sempre più imperante smania modernista, si stia svuotato e banalizzato il messaggio di Gesù Cristo riducendo la religione ad un fatto puramente sociale, antropologico, antropo-dipendente, ad un mero saper stare in compagnia, come tra amici, volendosi bene, rinunciando alla Verità di uno specifico status d’essere e operare.
(…) Inevitabile a questo punto è da domandarsi: cos’è che Gesù ha veramente voluto rivelare all’umanità? E ancor più a fondo qual è il centro della nostra fede Cristiana Cattolica? È forse contenuto tutto nel rispetto amoroso e la concordia vicendevole? Cos’è che ci contraddistingue e formula la nostra identità di cristiani e cattolici?
Perché essere Cristiano Cattolico, perché credere nella fede trasmessa dalla Chiesa? È forse un caso fortuito, influenzato dalla società o forse è una consapevole scelta, capace di reggere le specifiche di un’identità rispetto a ciò che è altro?
Se una cosa vale un’altra, chi può dare la vita per un’opinione?
(…). In Cristo affido lei e il suo servizio alla protezione di Maria, nostra madre.
Lorenzo
Risposta del sacerdote
Caro Lorenzo,
1. concordo ampiamente con quanto hai scritto.
Il disagio è palpabile.
2. Io però mi comporto così: vado dietro a Gesù Cristo, a Cristo che si presenta a me in particolare nella liturgia della Chiesa.
Ogni giorno lo incontro, ogni giorno mi parla. Mi seduce e mi chiede di seguirlo fino in fondo.
È Lui la mia misura. La misura alla quale sono chiamato a conformarmi per essere quello che sono chiamato ad essere e nella quale e solo nella quale c’è ogni appagamento. La misura che senza sosta mette in luce la mia inadeguatezza e mi chiama a continua conversione e combattimento.
So che al termine dei miei giorni sarò giudicato su questo, che sento come il mio principale compito.
3. Gli altri? La Chiesa? La amo anch’io la Chiesa. Vivo per lei e sono disposto a morire per lei perché non vedo soluzione di continuità tra lei e Cristo.
Sono consapevole dei tanti mali che la affliggono.
Alcuni vanno a toccare la sua stessa missione, che è quella di chiamare gli uomini a conversione e alla vigilanza per salvezza eterna.
Ma il nostro impegno per la Chiesa non si può esaurire nelle analisi e nel dire che cosa si dovrebbe fare.
Il nostro principale e insostituibile lavoro all’interno della Chiesa è quello di attendere alla santità.
4. Dobbiamo essere convinti che il più piccolo atto di amore puro per il Signore giova a noi stessi e a tutta la Chiesa più che tante altre attività esteriori, che non di rado vanno solo a devastare la vigna a motivo dell’amor proprio che ci si mette.
Questo era il convincimento di san Giovanni della Croce.
Ed era anche il pensiero di colei che scrisse: “Ogni anima che si eleva, eleva anche il mondo” (elisabeth leseur, Journal et pensées de chaque jour, Paris 1918, p. 31).
5. Attraverso le vicende attuali della Chiesa e del mondo il Signore ci parla e spinge a conversione.
La strategia pastorale è necessaria. Pastori e fedeli sono interpellati e devono dare risposte.
Ma la prima e insostituibile risposta è quella che dobbiamo dare con la nostra vita personale. Oserei direi, se non corressi pericolo di essere frainteso, con la nostra vita interiore.
Questa molto spesso viene data per scontata, ma è la premessa insostituibile per le nostre pianificazioni o strategie pastorali.
Senza di essa, tutto il gran da fare è come un inseguire il vento. Non lo si afferra mai.
6. Non si deve dimenticare che il Regno di Dio consiste principalmente in quello che viviamo dentro di noi.
San Tommaso d’Aquino diceva che “Regnum Dei in interioribus actibus principaliter consistit” (“Il regno di Dio consiste principalmente negli atti interiori”; Somma teologica I-II, 108, 1, ad 1).
E poco dopo, esemplificando, diceva che il Regno di Dio consiste “nella giustizia interiore, nella pace e nella gioia spirituale” (Ib.).
7. Pertanto tutto quello che avviene in noi e attorno a noi deve infine mirare a questo: a edificare il Regno di Dio dentro di noi e dentro il cuore del nostro prossimo, portando ad un’unione sempre più perfetta con i sentimenti di Cristo (ecco la giustizia interiore!), a incrementare la pace che è uno dei frutti più belli dell’unione con Dio e a vivere nel gaudio spirituale.
Ti auguro tutto questo, convinto che questo sia il meglio che si possa augurare ad una persona.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo