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Quesito

Ecco padre, che cosa posso rispondere a quei protestanti che mi dicono che Gesù Cristo disse che il vangelo bisognava diffonderlo nel mondo non capiscono quelli che si ritirano e dicono anche che quindi l’eremitismo non è biblico.
Ecco io mi appello alla sua saggezza, caro padre, per mettere a tacere una volta per tutte questi tali che o in un modo o in un altro pensano di essere cristiani e nel giusto.
Cordiali saluti.
Giuseppe


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. è vero la Sacra Scrittura non riferisce fenomeni di eremitismo.
San Girolamo afferma che il primo eremita è stato San Paolo di Tebe, il quale all’età di 15 anni si ritirò nel deserto della Tebaide e vi rimase fino alla morte che avvenne nel 341, probabilmente all’età di 112 anni.
Il primo propagatore di questa forma di vita è stato Sant’Antonio abate, quasi coevo di Paolo di Tebe con il quale si consultò.

2. Ciò che spingeva questi uomini a lasciare il mondo e ritirarsi nel deserto (in greco éremos) era il desiderio di una vita cristiana più radicale.
Antonio, all’età di 18 anni, avendo sentito leggere le parole del Vangelo “Se vuoi essere perfetto va, vendi ciò che hai e dallo ai poveri, poi vieni e seguimi” (Mt 19,21) subito, venduto quello che gli apparteneva, si ritirò nel deserto per vivere la più perfetta comunione con Dio.

3. Da quel momento avvenne però un fatto singolare: una processione ininterrotta di persone andava a cercarlo nel deserto per raccomandarsi alle sue preghiere, ai suoi sacrifici, e per essere liberate dai demoni.
Se inizialmente Paolo e Antonio si erano ritirati nel deserto per cercare Dio solo, adesso il Signore attraverso quella processione di gente svelava loro il significato più profondo della vita eremitica e monastica: erano lì nel deserto non soltanto per se stessi, ma per tutta la Chiesa, che della loro vita ascetica e della loro santità ne sentiva il bisogno.
Anche oggi nella Chiesa vi sono eremiti che vivono per conto proprio oppure in comunità.

4. I protestanti, dal momento in cui affermano che la grazia non trasforma l’uomo peccatore facendolo diventare santo e dal momento in cui dicono che anche quando uno fa quello che deve fare pecca mortalmente, non riescono a concepire la vita monastica e religiosa.
I voti per loro sono la pretesa dell’uomo di salvarsi da solo in forza delle proprie buone opere.
L’uomo, secondo i protestanti, si salverebbe solo perché è venuto a sapere che Dio in virtù del suo sacrificio di Cristo ha mutato il suo disegno su di lui.
Ma il sacrificio del Signore non trasformerebbe l’uomo da peccatore in santo. Rimarrebbe sempre intrinsecamente peccatore.

5. Questo è anche il motivo per cui – secondo i protestanti – nessuno può meritare a favore degli altri.
Se l’uomo rimane intrinsecamente peccatore nessuna opera può essere buona e meritoria.
Come l’albero cattivo non può produrre frutti buoni, ma cattivi, così rimane l’uomo rimane assolutamente incapace di compiere opere buone e meritorie.

6. Per questi due motivi i protestanti non riescono a concepire la vita eremitica e anche come la vita ermetica e monastica possa giovare a tutta la Chiesa.
Tuttavia la processione di gente che dalle città andava nel deserto per appellarsi alle preghiere e alle opere di Sant’Antonio stava a dimostrare la sua santità e i suoi meriti.
Questi erano i fatti la gente vedeva e sperimentava.

7. Che gli uomini poi possano meritare per gli altri è motivato da questo: in forza della grazia santificante siamo tutti un corpo solo, come dice la Sacra Scrittura (cfr. 1 Cor 12,12).
E come nel medesimo organismo una parte sana può curare quella malata, così analogamente può avvenire anche all’interno della Chiesa.
Se così non fosse, invano San Paolo avrebbe detto: “Portate gli uni i pesi degli altri e così adempirete la legge di Cristo” (Gal 6,2). E anche: “Completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24).

8. In conclusione, due sono le motivazioni che giustificano la vita eremitica e monastica all’interno della Chiesa:
la prima: lo “stare uniti al Signore senza distrazione” (1 Cor 7,35) ed essere santi “nel corpo e nello spirito” (1 Cor 7,34).
Anzi, stare uniti al Signore assumendo il medesimo stile di vita verginale, povero e obbediente di Cristo.
La seconda: giovare a tutta la Chiesa a motivo dei meriti della loro vita santa, delle loro preghiere e dei loro sacrifici.

Ti benedico e ti ricordo al Signore.
Padre Angelo