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Quesito
Caro Padre Angelo,
al termine di un incontro catechetico che ho seguito recentemente, a proposito dell’espiazione delle conseguenze dei peccati dopo la morte, anche quelli perdonati in confessione, il relatore ha sostenuto che il cammino di fede che facciamo sulla Terra è già in sé una purificazione che non necessita di altra penitenza, negando così di fatto l’esistenza del purgatorio. A suo parere, il fatto che Cristo stesso usi immagini molto forti, quando parla per esempio della Geenna, è dovuto a una necessità imposta dalla lingua semitico/ebraica che utilizzava molte immagini, ma di per sé non significa che il purgatorio o l’inferno esistano. Ha detto infine che in seno alla Chiesa ci sono due diverse posizioni teologiche riguardo ai Novissimi. Queste affermazioni mi hanno disorientato, soprattutto perché il relatore è una persona di Chiesa con un ruolo di una certa importanza. Mi può dare la Sua opinione? Grazie
Letizia
Risposta del sacerdote
Cara Letizia,
1. riprendo le varie affermazioni del relatore che definisci “persona di Chiesa con un ruolo di una certa importanza”.
La prima affermazione: “ha sostenuto che il cammino di fede che facciamo sulla Terra è già in sé una purificazione che non necessita di altra penitenza, negando così di fatto l’esistenza del purgatorio”.
Il nostro camino di fede può costituire un itinerario di purificazione. Ma vediamo molte persone di fede che non sono affatto purificate. Senza puntare il dito sugli altri, lo punto direttamente su me stesso.
Ed è proprio per questo che all’inizio di ogni Messa diciamo “ho peccato molto in pensieri, parole, opere e omissioni”.
Ed è per questo che San Paolo dice: “Ciascuno stia attento a come costruisce. Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco” (1 Cor 3,10-15).
2. La seconda affermazione: “il fatto che Cristo stesso usi immagini molto forti, quando parla per esempio della Geenna, è dovuto a una necessità imposta dalla lingua semitico/ebraica che utilizzava molte immagini, ma di per sé non significa che il purgatorio o l’inferno esistano”.
Questa è una sua lettura che non ha alcun fondamento.
Non è sufficiente buttare una frase, inventata dalla propria fantasia, per dire che le cose stiano così.
Ma soprattutto che bisogno ci sarebbe stato per il Signore di usare espressioni forti per indicare una realtà che non esiste?
Sarebbe questo il grande Maestro che noi seguiamo?
3. Inoltre per rispondere a quanto detto dall’uomo di Chiesa di cui mi parli è necessario ricorrere alla fede degli apostoli e delle prime comunità cristiane.
Perché la nostra fede è la stessa fede degli apostoli.
Allora che cos’hanno inteso gli appostoli con quelle espressioni forti del Signore?
Che la realtà sta proprio così come è sempre stata creduta e come la crediamo ancora noi oggi.
4. Il criterio per comprendere le Scrittura non è la propria fantasia, ma ciò che da sempre, da tutti e dappertutto è stato creduto (quod semper, quod ubique et quod ad omnibus creditum est).
Questo è stato il criterio dei Santi Padri per verificare la vera dottrina. E questo è il criterio della Chiesa di sempre, che è vivificata e illuminata dal medesimo Spirito Santo.
5. Il relatore ha detto anche che “in seno alla Chiesa ci sono due diverse posizioni teologiche riguardo ai Novissimi”.
Questo relatore ha dimenticato di dire che c’è una sola dottrina.
Non ci sono due dottrine, ma una dottrina.
Ed è quella insegnata dal Magistero.
Poi ci sono le scuole teologiche.
Ora di scuole teologiche ce ne sono non solo due, ma molte.
E tuttavia nessuna scuola teologica ha il valore della dottrina.
Perché la dottrina è garantita dallo Spirito Santo, mentre le scuole teologiche non hanno ricevuto questa garanzia.
6. Quando il Catechismo della Chiesa Cattolica dice: “La Chiesa chiama Purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt’altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al Purgatorio soprattutto nei Concilii di Firenze e di Trento. La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, parla di un fuoco purificatore” intende dire qual è il vero pensiero” (CCC 1031) non fa riferimento a due scuole teologiche, ma a quello che è il retto pensiero.
7. Ugualmente per quanto riguarda l’inferno.
È sufficiente leggere quanto dice il catechismo della Chiesa cattolica: “Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: « Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna » (1Gv 3,15). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l’amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta. Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola «inferno»” (CCC 1033).
“Gesù parla ripetutamente della «Geenna», del «fuoco inestinguibile», che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l’anima che il corpo. Gesù annunzia con parole severe che egli « manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno… tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente» (Mt 13,41-42), e che pronunzierà la condanna: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!» (Mt 25,41)” (CCC 1034).
8. E in particolare: “La Chiesa nel suo insegnamento afferma l’esistenza dell’inferno e la sua eternità.
Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell’inferno, «il fuoco eterno».
La pena principale dell’inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l’uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira” (CCC 1035).
9. Il Catechismo aggiunge: “Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l’inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l’uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno.
Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! » (Mt 7,13-14)” (CCC 1036).
In poche parole è tutto il contrario di quello che ha detto l’uomo di Chiesa venuto a parlare tra voi.
Dispiace per lui, dispiace per la gente che ha dovuto sentire queste cose e che si sarà sentita confusa e anche dispiaciuta, come è avvenuto per te.
Ti ringrazio di avermi dato l’opportunità di ripresentare la dottrina della Chiesa, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo