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Quesito
Caro padre Angelo,
la ringrazio molto per le sue risposte belle, chiare e esaurienti, che mi sono di grande aiuto per i miei molti dubbi
Volevo chiederle qualcosa a proposito dei doveri di obbedienza al Vescovo della Diocesi.
A che cosa è tenuto un cattolico? E ancora: che cosa sono le scelte pastorali e in che cosa si distinguono dal magistero? Quest’ultima domanda riguarda sia il Vescovo della Diocesi che più in generale la Chiesa di Roma.
La ringrazio e confido in una sua gentile risposta.
Sabrina
Risposta del sacerdote
Cara Sabrina,
1. Il codice di diritto canonico dice: “I fedeli, consapevoli della propria responsabilità, sono tenuti a seguire con cristiana ubbidienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentanti di Cristo, dichiarano come maestri della fede e stabiliscono come capi della Chiesa” (can 212,1).
2. Nel can. 753 si legge: “I Vescovi, che sono in comunione con il capo del Collegio e con i membri, sia singolarmente sia riuniti nelle Conferenze Episcopali o nei concili particolari, anche se non godono dell’infallibilità nell’insegnamento, sono autentici dottori e maestri della fede per i fedeli affidati alla loro cura; a tale magistero autentico dei propri Vescovi i fedeli sono tenuti ad aderire con religioso ossequio dell’animo”.
3. Il religioso ossequio dell’animo consiste nell’adesione dell’intelletto e della volontà al magistero del Vescovo. Ciò significa che lo si deve far proprio e anteporlo al pensamento personale.
4. Le scelte pastorali riguardano la divisione della diocesi nei vari vicariati o unità pastorali, mettere due o tre sacerdoti come co-parroci in una medesima unità pastorale, determinare l’oggetto di riflessione nei singoli anni, determinare l’età della prima comunione e della cresima, gli anni di catechismo, il numero degli incontri pre-matrimoniali, ecc…
5. L’adesione dell’animo per le scelte pastorali è di spessore diverso dalla precedente.
Le scelte pastorali infatti non hanno per oggetto la dottrina, l’insegnamento in materia di fede e di morale.
Il can. 212,1 dice che si deve obbedienza a quanto i Vescovi stabiliscono come capi della Chiesa.
Perciò se da una parte si deve prestare sempre la più grande disponibilità, obbedienza e collaborazione, si può continuare a pensare in cuor proprio che altre scelte sarebbero state migliori e più utili.
Ripeto però: questo legittimo personale pensiero non deve minimamente inficiare la collaborazione e l’obbedienza.
Certamente è fuori dello spirito ecclesiale creare resistenze e dissenso pubblico alle decisioni del Vescovo all’interno delle diocesi.
6. La stessa cosa va detta anche per quanto riguarda le scelte pastorali del Papa, come ad esempio l’indizione dell’anno del Rosario, come fece Giovanni Paolo II, dell’anno paolino, dell’anno sacerdotale o del tema da assegnare ad un particolare Sinodo.
Sarebbe però temerario procedere come se le indicazioni pastorali del Sommo Pontefice siano da ritenersi superflue o sorpassate.
Rientra nello spirito dell’obbedienza ecclesiale la prontezza e l’unanimità nell’operare.
Ti saluto, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo