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Quesito

Caro Padre Angelo,
mi chiamo …, è da un po’ che leggo le sue risposte sul sito e la stimo molto. Ho deciso di scriverle anche io per una questione.
Ultimamente mi sto avviando a 24 anni con determinazione verso l’amore di una ragazza. Fino a poco tempo fa ero abbastanza selettivo in materia, avrei corteggiato solo credenti e praticanti. Ultimamente però, data anche la difficoltà nella mia vita di incontrare questo genere di persone e il fatto che frequento compagnie “del mondo,” ho deciso di essere più universale confidando nel fatto che se una persona è attratta da me, se sono un minimo cristiano, lo è anche dalla mia fede e da Cristo, principio di ogni mia cosa bella.
Così sono uscito con una ragazza che mi piace. Ho fatto il primo appuntamento e mi sento confuso. Mi accorgo che non riesco fare a meno di parlare di Gesù. Ho avuto in mente di cercare di essere calmo e meno esplosivo, di non dare l’idea del proselitismo, soprattutto all’inizio di una conoscenza. Ma… non riesco a fare a meno di parlare di Gesù. Come posso non fare riferimento alla mia fede e a Gesù!? Egli è tutto per me. Per questo sono un po’ confuso.
Nelle conversazioni so che non sarei me stesso se non continuassi a parlare di Gesù e so che sono tanto incompreso dal mondo, come l’albatro di Baudelaire.
Il punto è …come frequentarmi con una ragazza che non ha la mia stessa fede e riuscire ad avere belle conversazioni? Se devo moderare il mio parlare di Cristo, il mio dire che io son sereno per Lui, che sono felice per Lui, che Lui è il senso della mia vita, se devo stare attento a ciò mi sento impotente. Chi non crede può fare tanti discorsi diversi e compresi ma i miei discorsi spesso convergono nel nome di Gesù. Non so come comportarmi e sono un po’ sfiduciato.
Mi piacerebbe amare una ragazza ma se mi confronto con una ragazza che non ha la mia fede mi sento ad un bivio. O parlare chiaramente e fervorosamente con occhi sognanti del mio Diletto o moderarmi ma finire a non sapere cosa dire per non raccontare favole. Vorrei gridare il nome di Gesù. Sia chiaro, non voglio vergognarmi di Gesù né voglio nascondere la mia fede ma… mi viene da essere così focoso e sanguigno. Ed ho paura di risultare agli occhi di questa ragazza come noioso, stravagante o prete mancato. E spaventarla.
Che ha da dirmi caro Padre? Avevo in mente di andarci piano ai primi appuntamenti e poi essere più testimone ma sono uscito al primo appuntamento e mi veniva nei discorsi tanto di parlare di Lui, di dire che lui è la Gioia, la Pace e la Felicità che questa ragazza cerca. Cosa mi consiglia? Se mi moderassi non saprei di che parlare quando si affrontano confidenze e argomento importanti, mi sentirei come castrato.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. se io fossi al tuo posto farei la stessa cosa perché Gesù Cristo è tutto per noi: è il principio del nostro essere, è colui che ci dona tutto, è colui verso il quale tutte le cose sono ordinate.
La Sacra Scrittura dice: “Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono” (Col 1,15-18).

2. La tua esperienza è simile a quella di Edith Stein, l’ebrea convertita al cristianesimo.
Dopo la sua conversione veniva chiamata a fare conferenze di filosofia dappertutto. In ogni conferenza c’era sempre un riferimento a Gesù Cristo.
Qualcuno glielo fece notare e chiese che il suo modo di parlare fosse più neutrale.
Ma lei rispose che non riusciva a farlo perché che Gesù Cristo è il fine di tutto.

3. Di Fiodor Dostoevskij mi hanno colpito due espressioni che gli vengono attribuite.
La prima: “Se Dio non esiste allora tutto è permesso”.
È un’affermazione paradossale ma vuole significare che Dio è il fondamento dell’etica, della morale.
Se non c’è un obiettivo cui necessariamente si deve giungere, tutto diventa opzionale.
Capisco come tu senta il bisogno di parlarne alla tua ragazza per darle una solidità interiore.

4. La seconda affermazione: “Se Dio esiste, allora merita che si parli solo di lui”.
Sì, perché egli è tutto, come ricorda la Sacra Scrittura: “Potremmo dire molte cose e mai finiremmo;
 ma per concludere: «Egli è tutto!»” (Sir 43,27).
Egli è tutto non in senso materiale, ma perché tutto trova in lui il suo principio e il suo fine. Tutto è un riflesso e un richiamo delle sue perfezioni. Anzi è un riflesso è un richiamo di se stesso.
In questo senso Sant’Agostino diceva: “E cielo e terra e tutte le cose in essi racchiuse d’ogni parte mi dicono di amarti (omnia clamant ut amem te) e non cessano di dirlo a tutti affinché siano senza scusa (cfr. Rm 1,20)” (Confessioni, X, 6, 8).

5. E poiché Gesù Cristo è Dio che si è reso visibile in forma umana, tutto quello che si dice di Dio si può dire parimenti di Gesù Cristo.
Nel libro dell’Imitazione di Cristo si leggono queste parole “Jesus meus et omnia”, che possono essere tradotte così: “Gesù è il mio Dio e il mio tutto” (Lib. 3, cap. 34).

6. Ciò non significa che materialmente si debba sempre parlare di Gesù. Ci sono argomenti e problemi della vita che impegnano inderogabilmente la nostra attenzione su di essi.
Gesù ha detto: “Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio”.
Ci può essere un conversare di argomenti in cui Gesù Cristo non entra espressamente.
Riservando il riferimento esplicito a Gesù Cristo al momento opportuno, si parlerà di questi problemi trattandone secondo Dio, anche senza nominarlo, in maniera esatta e in modo che non si venga mai meno alla legge di Dio nel nostro modo di parlare, di sentire e di agire.

7. Del nostro Santo Padre Domenico si legge che “parlava sempre o con Dio o di Dio e comandava ai suoi frati di fare altrettanto”.
Ciò non significa che materialmente ogni sua parola fosse rivolta al Signore o parlasse del Signore perché nello stesso tempo “nessuno era più ilare di lui”. Pertanto il suo parlare si portava anche sull’altro cercando di suscitare in tutti buon umore, generando grande serenità e gioia. Era un piacere stare con lui.
Anche tu pertanto comportati come richiede la situazione.

8. Ti raccomando un’ultima cosa: talvolta può essere più utile parlare con il Signore di una determinata persona che parlare ad una persona del Signore, perché in quel momento potrebbe non essere disposta ad ascoltare.
Essere più utile significa che può portare maggior frutto.
Ora la preghiera, se è ben fatta, il suo frutto lo porta sempre.
Non sempre invece hanno il medesimo effetto i nostri discorsi.

Augurandoti di essere come il nostro Santo Padre Domenico, ti benedico e ti ricordo nella preghiera,
padre Angelo