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Quesito
Credo nell’esistenza di paradiso, purgatorio e inferno, ma:
– è del tutto errato pensare che, almeno in parte, il purgatorio lo si sconti già nella sofferenza del vivere?
E per quanto riguarda l’inferno: Il Signore si è sacrificato per tutti. Certo, siamo dotati di quel libero arbitrio che ci consente di "remare contro" alla nostra stessa salvezza, vuoi per ignoranza (siamo imperfetti. E dove va a finire la "piena avvertenza", requisito del peccato mortale?), vuoi per il nostro egoismo che ci porta alla determinazione di peccare, anche gravemente. Ma in ciascuno di noi c’è la scintilla di Dio, ed è mai possibile che nelle circostanze, anche le più infauste, di caduta, il Signore non ci dia la possibilità di un pentimento che redima? Per esempio, pensiamo per un momento a Giuda. Non si potrebbe pensare che all’ultimo momento … e sarebbe concepibile pregare per lui, in previsione di questa estrema conversione? O addirittura chiedere a lui di pregare per noi, qualora fosse diventato santo? O fosse già in paradiso, un’anima in più a lodare il Signore, magari dopo secoli e secoli di purgatorio?
Ho scritto "in previsione". D’altronde, se non fosse così, il Signore indirizzerebbe ad altri quelle preghiere. Ma, per quella "scintilla" di cui scrivevo prima, e soprattutto in considerazione che Dio è somma bontà, penso possibile che abbia escogitato un "éscamotage" perfino per lui.
Per concludere: che l’inferno ci sia, d’accordo. Che il demonio vi abiti, pure. Ma stento a pensare che vi soggiorni anche qualcuno come me, della mia stessa carne, della mia stessa impronta Divina, senza un atto di pentimento, magari in extremis, che non l’abbia condotto alla salvezza.
Vorrei, Padre, sentire il Suo parere.
La ringrazio.
Bruno
Risposta del sacerdote
Caro Bruno,
1. possiamo sperarlo, ma dalla Scrittura – in riferimento a Giuda – abbiano solo indicazioni opposte.
Tuttavia mai viene detto esplicitamente che si trovi all’inferno.
2. Non basta però la scintilla divina che è in noi per poterci salvare, quella scintilla divina che sarebbe poi la coscienza.
La coscienza si può anche deformare a causa dei peccati e si può giungere a quella situazione di cui parla San Paolo quando scrive: “Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra” (Fil 3,18-19).
A questa coscienza deformata allude il Signore quando dice: “E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie” (Gv 3,19).
La cattiveria delle opere offusca il giudizio di coscienza al punto che non riesce più a distinguere il bene dal male. È una situazione tragica.
3. Il Signore parla ripetutamente di quelli che vanno all’inferno e non possiamo pensare che si riferisca solo agli angeli perché in Mt 25 dice: “avevo fame e non mi avete dato da mangiare…” (Mt 25,42) e ci fa anche capire che quelli che vanno all’inferno non si aspettavano affatto di andarvi. Tant’è che replicano: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o in carcere, e non ti abbiamo servito?” (Mt 25,43).
È stata per loro una spiacevole sorpresa trovarsi all’inferno, tanto più perché magari si erano fatti una costruzione mentale secondo cui l’inferno, come ha detto qualcuno, sarebbe anticostituzionale!
Nello stesso tempo la parabola evangelica è un severo ammonimento per tutti quelli che deridono l’insegnamento di Cristo su questo punto: “E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna” (Mt 25,46).
4. Mi chiedi se “del tutto errato pensare che, almeno in parte, il purgatorio lo si sconti già nella sofferenza del vivere?”
Bisogna vedere come si soffre.
Si può soffrire amando e offrendo.
Si può soffrire imprecando.
Possiamo invece dire che in alcune persone Dio permette la sofferenza di qua sia per la purificazione dei loro peccati sia per cooperare con Gesù Cristo nel mistero della redenzione, completando nella propria carne ciò che manca ai patimenti di Cristo a favore del suo corpo che è la Chiesa.
5. Mi dici anche che siamo imperfetti e “remando contro Dio” siamo vittime della nostra ignoranza. E ti chiedi dove vada a finire la piena avvertenza della mente, che è condizione indispensabile per commettere un peccato grave.
È vero che la piena avvertenza della mente è necessaria perché si possa parlare di peccato grave o mortale.
Tuttavia si richiede quella avvertenza comune che noi mettiamo nel compimento di quasi tutti i nostri atti.
Penso all’avvertenza della mente che mettiamo nel guidare un’automobile. Se nella quasi totalità dei casi, grazie a Dio, non si sono incidenti, è perché la gente vi mette l’avvertenza della mente. E non si tratta di un’avvertenza straordinaria.
Perché se togli la piena avvertenza della mente nel commettere i peccati, dovresti toglierla anche nel merito e nel compimento delle opere buone.
6. Infine “il Signore si è sacrificato per tutti”. È vero e lavora fino alla fine perché ogni persona, anche il più grande delinquente, si possa salvare.
Ma, stando alle sue parole, c’è qualcuno che fino alla fine resiste, complice anche il convincimento che l’inferno non esiste o, se esiste, sarà solo per i demoni, ma non per gli uomini.
Ma ciò ha detto il Signore: “Cielo e terra passeranno, ma le mie parole non passeranno” (Mt 24,35) vale anche per quanto ci ha detto su questa tristissima realtà.
Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo