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Quesito
Gentile padre Angelo,
scrivo per aver chiaro come dovrò comportarmi in merito ad una questione che, da un pò, mi crea qualche perplessità. Sono un medico che al momento cerca di entrare nella specializzazione di cardiologia. Tuttavia, di recente, mi sto chiedendo quale sia la posizione di un cardiologo obiettore che si vede recapitare una richiesta di refertazione/esecuzione di esami su una donna che voglia sottoporsi ad aborto.
Di solito sono esami preoperatori, richiesti di routine prima di ogni operazione chirurgica (di fatto il quesito verrebbe posto anche per un paziente che si dovesse sottoporre ad un intervento chirurgico diverso). Ecco: nei confronti di queste procedure, la collaborazione del medico, pur obiettore, rientra moralmente nel concorso a determinare l’aborto, pur, di fatto, non partecipando alla procedura? Lo chiedo perchè, da specializzando, mi vedrò sicuramente presentare esami da refertare e già durante una sostituzione ho scritto degli esami per una persona che voleva sottoporsi a fecondazione assistita (e qui rimango perplesso sulla mia "partecipazione"). In sostanza, mi chiedo: quando si può dire che si partecipa ad un aborto? I confini al momento mi sembrano un po’ indistinti, e so, che se entrassi in cardiologia, dire "non referterò elettrocardiogrammi di pazienti che vogliono abortire" (pur avendo dichiarato la cosa all’atto dell’iscrizione all’ordine dei medici) è una sorta di "suicidio professionale" (l’ambiente ad oggi è ostile agli obiettori, in particolare se creano un rallentamento nelle attività di un reparto che di per sè sarebbe separato).
In concreto: solitamente, in ospedale, un cardiologo si vede inviare il tracciato. La refertazione del tracciato elettrocardiografico è un elemento che, insieme ad altri, concorre a far dire al chirurgo: si può fare senza rischi/non si può fare. In pratica di per sé equivale a dire al chirurgo: il cuore della paziente è sano?
Personalmente ho sempre pensato che non equivalesse a partecipare alla procedura di aborto, visto che è lo stesso quesito che si pone in altri casi, procedure chirurgiche, idoneità sportive etc.
Ma avvicinandosi l’esame di specialità, ho sempre più il sentore che potrei sbagliare nella mia valutazione.
La ringrazio per l’attenzione, e le chiedo preghiere per me, perchè per testimoniare con la vita (anche professionale) la mia fede, avrò bisogno di molto coraggio.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
finalmente posso rispondere anche alla tua mail del giugno scorso. Ti domando scusa per il ritardo (sono passati nove mesi) e ti ringrazio per la pazienza.
1. La mia risposta al tuo quesito la esprimo in maniera interlocutoria.
Ti domando: se ti dicessero “vai a vedere i dintorni di quella casa per verificare che non ci sia nessuno perché vogliamo fare un furto” ci andresti?
Evidentemente no.
Ugualmente: se tu sei nei dintorni di una casa e qualcuno ti domanda di vedere se nei pressi c’è gente perché con la macchina deve fare una manovra faresti quanto ti è stato chiesto?
Sì, lo faresti. È una gentilezza.
2. Ebbene analogamente: se ti viene detto espressamente che l’esame devi farlo in vista di un aborto, e cioè dell’uccisione di un bambino, devi appellarti alla tua coscienza e dire di no.
Similmente: se ti viene chiesto di vedere com’è la situazione del cuore di tot pazienti, senza dire quale sia il motivo per cui ti è chiesto quell’esame, lo fai e basta, perché quello è il tuo dovere.
Se nel mucchio delle persone ci sono poi alcune donne che fanno quell’esame per abortire, non sta a te chiedere quale sia il motivo per cui sono lì.
In questo caso da parte tua non vi sarebbe nessuna cooperazione specifica all’aborto.
3. Per ora questa è la mia risposta.
Aggiungo “salvo meliori iudicio”, e cioè salvo un giudizio migliore qualora mi si facesse presente qualche elemento non conosciuto o sottovalutato.
Volentieri ti accompagno con la mia preghiera. Lo farò a partire da questa sera.
Ti auguro ogni bene per il tuo futuro, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo