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Quesito
Caro Padre Angelo,
che differenza c’è tra peccato mortale e peccato grave? In teologia morale cambia qualcosa? O sono la stessa cosa?
La ricordo nelle preghiera
Alessandro
Risposta del sacerdote
Caro Alessandro,
1. è stato un gesuita, il Padre Fuchs, a distinguere tra peccato grave e peccato mortale.
Lo disse in riferimento ad una questione particolare che passa sotto il nome di opzione fondamentale.
In sostanza questo padre gesuita ha detto che se si commette un peccato in materia grave, con piena avvertenza della mente e deliberato consenso della volontà, ma non s’intende mutare l’opzione di fondo per Dio, il peccato non sarebbe mortale, ma grave.
Come si vede, il peccato grave di fatto verrebbe a coincidere con un peccato veniale un po’ più consistente, ma sempre veniale.
2. Ci si accorge subito delle derive gravi di una tale affermazione.
Uno potrebbe rubare senza voler cambiare la propria fede cristiana e allora il peccato non sarebbe più mortale.
Potrebbe addirittura rubare “a fin di bene” e rafforzerebbe ancor più la propria opzione di fondo per Dio.
Senza dire dei tanti peccati contro il sesto comandamento (adulterio fornicazione….) in cui uno con la propria condotta (continua ad andare a Messa e a fare la Comunione) non muterebbe la propria opzione di fondo.
3. Purtroppo molti preti sono caduti in questa trappola insegnando cose sbagliate nonostante il Magistero della Chiesa fosse già intervenuto il 29.12.1975 con la dichiarazione Persona humana della Congregazione per la dottrina della fede.
L’errore continuò a diffondersi e approdò anche al Sinodo dei Vescovi sulla confessione indetto da Giovanni Paolo II nel 1983.
Di nuovo il Papa condannò l’errore nell’esortazione postsinodale Reconciliatio et Penitentia nel 1984 quando disse: “Durante l’assemblea sinodale è stata proposta da alcuni padri una distinzione tripartita fra i peccati, che sarebbero da classificare come veniali, gravi, e mortali.
La tripartizione potrebbe mettere in luce il fatto che fra i peccati gravi esiste una gradazione.
Ma resta sempre vero che la distinzione essenziale e decisiva è fra peccato che distrugge la carità e peccato che non uccide la vita soprannaturale: fra la vita e la morte non si dà via di mezzo…
Perciò, il peccato grave si identifica praticamente, nella dottrina e nell’azione pastorale della Chiesa, col peccato mortale” (RP 17).
4. Si noti che il Papa ha parlato di dottrina.
Ora la dottrina della Chiesa non muta, ma si evolve in maniera omogenea, senza mai rinnegare il magistero precedente.
Perciò il peccato grave s’identifica col peccato mortale, anche se tra i mortali evidentemente ce n’é qualcuno che è più grave di un altro.
5. Nel frattempo il Codice di Diritto Canonico aveva detto che “colui che è consapevole di essere in peccato grave, non celebri la Messa né comunichi al corpo e al sangue del Signore senza premettere la confessione sacramentale” (can 916).
A proposito il Codice aveva usato la dizione di peccato grave. Perché se avesse scritto mortale si sarebbe potuto dire: il mio è grave ma non mortale.
Ugualmente per il medesimo motivo il Codice di Diritto Canonico aveva detto che nel Sacramento della Riconciliazione o Penitenza vanno confessati “tutti i peccati gravi commessi dopo il Battesimo”(cfr. can. 988 – § 1).
6. Ma in maniera ancora più decisa Giovanni Paolo II ha ribadito la dottrina della Chiesa nell’enciclica Veritatis splendor.
Qui, richiamando Reconciliatio et paenitentia, scrive: “Si dovrà evitare di ridurre il peccato mortale ad un atto di opzione fondamentale, come oggi si suol dire, contro Dio, concepito sia come esplicito e formale disprezzo di Dio e del prossimo sia come implicito e non riflesso rifiuto dell’amore.
Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l’uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato.
In effetti, in una tale scelta è già contenuto un disprezzo del precetto divino, un rifiuto dell’amore di Dio verso l’umanità e tutta la creazione: l’uomo allontana se stesso da Dio e perde la carità.
L’orientamento fondamentale può, quindi, essere radicalmente modificato da atti particolari” (VS 70, cfr. RP 17).
7. Il Papa poi riassume l’idea sbagliata di opzione fondamentale che è a monte della tripartizione dei peccati per darne la risposta precisa: “Nella logica delle posizioni sopra accennate, l’uomo potrebbe, in virtù di un’opzione fondamentale restare fedele a Dio indipendentemente dalla conformità o meno di alcune sue scelte e dei suoi atti determinati alle norme o regole morali specifiche.
In ragione di un’opzione originaria per la carità, l’uomo potrebbe mantenersi moralmente buono, perseverare nella grazia di Dio, raggiungere la propria salvezza, anche se alcuni dei suoi comportamenti concreti fossero deliberatamente e gravemente contrari ai comandamenti di Dio, riproposti dalla Chiesa” (VS 68).
8. Ed ecco la risposta del Papa: “In realtà, l’uomo non si perde solo per l’infedeltà a quella opzione fondamentale, mediante la quale si è consegnato ‘tutto a Dio liberamente’.
Egli, con ogni peccato mortale commesso deliberatamente, offende Dio che ha donato la legge e pertanto si rende colpevole verso tutta la legge (cfr. Gc 2,8-11); pur conservandosi nella fede, egli perde la ‘grazia santificante’, la ‘carità’ e la ‘beatitudine eterna’. ‘La grazia della giustificazione – insegna il Concilio di Trento -, una volta ricevuta, può essere perduta non solo per l’infedeltà, che fa perdere la stessa fede, ma anche per qualsiasi peccato mortale’” (VS 68).
9. Non va dimenticato che Gesù ha detto al giovane: “Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti” (Mt 19,17).
S. Paolo poi ricorda che “tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male” (2 Cor 5,10).
10. Purtroppo di recente un filosofo ha detto che in teologia si distingue tra peccato grave e peccato mortale.
Ma quest’affermazione è errata e rifiutata dal Magistero della Chiesa.
Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo