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Quesito

Caro Padre Angelo,
seguo da vari anni ormai la rubrica che cura rispondendo ai quesiti che Le vengono posti: La ringrazio per la preziosa opera, fondamentale per accrescere la conoscenza rispetto alle varie tematiche affrontate.
Avrei anche io delle domande.
Il primo dubbio mi è sorto quando, qualche anno fa, durante la Santa Messa di Pasqua sentii il celebrante citare durante l’omelia un vangelo apocrifo a sostegno della tesi che stava esprimendo. Sebbene la tesi fosse di fondo corretta dottrinalmente, mi chiedevo il valore di una citazione simile: perché fare riferimento a questi libri? Che valore ha il rimando ad essi durante un’omelia poi?
Poi il secondo quesito. Essendo una grande appassionata di storia ed una lettrice insaziabile di biografie, mi è sempre piaciuto “esplorare” il lato spirituale e religioso – o l’assenza/distorsione di questo – nei personaggi del passato. Da ciò è scaturito un dubbio in merito alla preghiera per i defunti.
Parto dal presupposto che nessuno può conoscere il giudizio di Dio (anche se più volte mi pare di aver letto, ad esempio, che Padre Pio aveva contezza della collocazione delle anime una volta trapassate) e che il concetto di “tempo” nell’Aldilà è completamente diverso da quello terrestre; ma considero anche il fatto che le Scritture e la dottrina ci insegnano in maniera infallibile e immutabile cosa sia giusto e sbagliato. Allora mi chiedo: si può pregare per delle anime defunte quando vi è incertezza circa la loro possibilità di salvezza o definitiva dannazione? Se ad esempio è immaginabile che una persona sia deceduta senza pentirsi dei suoi peccati mortali (per le opere della sua vita o, magari, per le ultime parole pronunciate) che senso ha pregare per lei? Mi corregga se sbaglio, ma mi pare impossibile che la preghiera possa giovare a quell’anima se è già condannata per l’eternità. E potrà essere ricompensata l’opera di misericordia che ha compiuto comunque chi ha pregato in buona fede o invece quel gesto sarà in tal caso da considerarsi un atto di ribellione alla volontà di Dio e quindi gli porterà finanche nocumento?
La ringrazio fin d’ora per la Sua attenzione e risposta e La saluto cordialmente sperando nella Sua preghiera.
Francesca


Risposta del sacerdote

Cara Francesca,
1. a vantaggio dei nostri visitatori ricordo che per apocrifi si intendono quei libri di autori incerti che presentano qualche affinità con quelli della Sacra Scrittura ma ai quali la Chiesa non ha mai riconosciuto il crisma della divina ispirazione.
Pertanto non sono libri che hanno per autore principale lo Spirito Santo, come è per quelli della Sacra Scrittura. Ma hanno semplicemente e unicamente un autore umano.
Sono diversi i libri apocrifi dell’Antico e del Nuovo Testamento.
Hanno anch’essi la loro preziosità.

2. Talvolta sono una conferma di ciò che la Chiesa ha sempre creduto come ad esempio a proposito del parto verginale e indolore di Maria.
La Sacra Scrittura ha dei riferimenti su questo punto, sebbene velati. Ad esempio il Vangelo di San Luca dice che la Madonna “diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia” (Lc 2,7).
L’insistenza su Maria che ha fatto tutto da sola è un indizio molto significativo che il suo parto non fu doloroso, ma miracoloso. Questa è l’interpretazione di molti Santi Padri e teologi antichi e moderni.
Gli apocrifi invece sono molto più espliciti. Già dal sec. II si hanno le testimonianze del Protovangelo di Giacomo (cap. 19-20), dell’Ascensione di Isaia (XI,7-14), delle Odi di Salomone (19,6-10) e di Ireneo (Adversus Haereses IV,33.11).
A volte gli apocrifi dell’Antico Testamento sono utili perché fanno conoscere le idee religiose degli ebrei contemporanei del Signore.
Talaltra attestano il convincimento di eventi di cui i testi sacri non parlano in nessuna maniera, come ad esempio la presentazione al tempio di Maria bambina. E tuttavia la Chiesa nel suo calendario liturgico vi fa riferimento.
Pertanto in riferimento a quanto mi hai scritto circa la prima domanda va esaminato il contesto in cui sacerdote ne ha parlato.

2. Circa la seconda domanda dobbiamo partire da questo punto: la Chiesa ha la certezza che alcuni si trovano attualmente in paradiso. Tale certezza la esprime con l’atto di canonizzazione di un santo e da quel momento lo presenta all’imitazione dei fedeli e alla sua intercessione.
Vi è pertanto un catalogo dei santi.
La Chiesa però non ho mai codificato un catalogo di dannati. Non l’ha fatto perché di nessuno ha la certezza che si trovi all’inferno.
La Chiesa inoltre non può definire che Tizio o Caio si trovano all’inferno basandosi semplicemente sulle rivelazioni private.
È vero che alcune persone sono morte impenitenti e proclamando ad alta voce di non voler accettare la comunione con la Chiesa. Tuttavia non sappiamo che cosa possa essere avvenuto nell’intimo della loro coscienza tra quel momento e quello della morte reale.
Proprio per questo la Chiesa non abbandona nessuno nei suoi suffragi e nelle preghiere eucaristiche fa menzione dei defunti che si sono affidati alla clemenza del Salvatore.
Per cui anche se a determinate persone vengono negati i suffragi pubblici, tuttavia non possono essere negati quelli personali o privati. Si tratta sempre di un grande atto di carità.

3. La tua domanda continua ad avere valore per coloro che di fatto si trovano all’inferno e tuttavia si fanno i suffragi.
È chiaro che per costoro le preghiere sono inutili. Infatti ciò che rende utile la preghiera fatta per i defunti è lo stato di grazia, in forza del quale costituiamo un solo corpo.
Non sono inutili invece per chi le fa indipendentemente dal fatto che i defunti si trovino in paradiso, all’inferno o in purgatorio.
San Giovanni Damasceno dice: “Come chi vuole ungere un malato con l’unguento o con l’olio santo necessariamente prende parte per primo all’unzione prim’ancora di ungere l’infermo, così chiunque si impegna per la salute del prossimo giova prima a se stesso che agli altri” (De his qui in fide dormiunt, 18).
Questa è anche la sentenza di San Tommaso il quale scrive: “Il suffragio fatto per altri può essere considerato sotto due aspetti.
Primo, come soddisfazione di una pena a modo di compenso. E sotto tale aspetto esso appartiene a colui per il quale viene offerto e lo libera dal debito di quella pena, mentre non soddisfa il debito di colui che compie i suffragi. Questo perché in questo caso va salvata la compensazione di stretta giustizia, che esige l’eguaglianza. Ora, un’opera satisfattoria può bastare per un reato, ed essere insufficiente per due; è chiaro infatti che il reato di due peccati richiede maggiore soddisfazione di uno solo.
Secondo, il suffragio può essere considerato come opera meritoria della vita eterna, in quanto deriva dalla carità. E sotto quest’aspetto l’opera soddisfattoria non solo giova a colui al quale è destinata ma molto di più a chi la compie” (Supplemento alla Somma teologica, 71,4).

Volentieri ti assicuro la mia preghiera, ti auguro ogni bene e ti benedico. 
Padre Angelo