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Quesito

Caro Padre Angelo,
mi chiamo Fabio. Vorrei domandarle se le professioni di fede che la Santa Sede richiede (per esempio quella espressa all’inizio del concilio Vaticano I godono del carisma dell’infallibilità e dunque anche dell’irreformabilità. 
In caso di risposta affermativa vorrei chiederle come mai ci siano punti delle suddette professioni di fede che io da normale cattolico non sono più in grado di professare.
Faccio solo un esempio il canone 9 del concilio di Trento: “Se qualcuno dirà che il rito della Chiesa romana secondo il quale parte delle parole del canone e le parole della consacrazione si preferiscono a bassa voce è da riprovarsi sia anatema”.
La ringrazio in anticipo.


Risposta del sacerdote

Caro Fabio,
1. certamente le professioni di fede che la Santa Sede richiede godono del carisma dell’infallibilità e della irreformabilità.
Riguardano infatti alcune verità fondamentali della nostra fede.

2. Ecco ad esempio una professione di fede richiesta dalla Santa Sede:
“(recita del credo), cui segue:
“Credo pure con ferma fede tutto ciò che è contenuto nella Parola di Dio scritta o trasmessa e che la Chiesa, sia con giudizio solenne sia con Magistero ordinario e universale, propone a credere come divinamente rivelato.
Fermamente accolgo e ritengo anche tutte singole le verità circa la dottrina che riguarda la fede o i costumi proposte dalla Chiesa in modo definitivo.
Aderisco inoltre con religioso ossequio della volontà̀ e dell’intelletto agli insegnamenti che il Romano Pontefice o il Collegio episcopale propongono quando esercitano il loro Magistero autentico, sebbene non intendano proclamarli con atto definitivo”.

3. Ecco invece un esempio di professione di fede che si deve recitare quando si assume un incarico a nome della Chiesa, come ad esempio l’ufficio di parroco:
“Io N.N…, nell’assumere l’ufficio di…, prometto di conservare sempre la comunione con la Chiesa cattolica, sia nelle mie parole che nel mio modo di agire.
Adempirò con grande diligenza e fedeltà̀ i doveri ai quali sono tenuto verso la Chiesa, sia universale che particolare, nella quale, secondo le norme del diritto, sono stato chiamato a esercitare il mio servizio.
Nell’esercitare l’ufficio, che mi è stato affidato a nome della Chiesa, conserverò integro e trasmetterò e illustrerò fedelmente il deposito della fede, respingendo quindi qualsiasi dottrina ad esso contraria.
Seguirò e sosterrò la disciplina comune a tutta la Chiesa e curerò l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche, in particolare di quelle contenute nel Codice di Diritto Canonico.
Osserverò con cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori dichiarano come autentici dottori e maestri della fede o stabiliscono come capi della Chiesa, e presterò fedelmente aiuto ai Vescovi diocesani, perché l’azione apostolica, da esercitare in nome e per mandato della Chiesa, sia compiuta in comunione con la Chiesa stessa.
Così Dio mi aiuti e questi santi Vangeli che tocco con le mie mani”. 

4. Invece il canone del concilio di Trento che tu hai citato non è di carattere dogmatico, ma disciplinare.
Come la Chiesa l’ha fissato, così può mutarlo.

5. Questa, dunque, è la differenza: mentre le verità di fede ce le ha donate Dio e sono intoccabili, la prescrizione dei riti invece è di disposizione ecclesiastica.
Come per decisione della Chiesa sono state fissate, così con la medesima disposizione della Chiesa possono essere cambiate.

Ti benedico e ti ricordo nella preghiera. 
Padre Angelo