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Quesito
Caro Padre Angelo,
Nella recita del atto dolore diciamo: “Mio Dio mi pento e mi dolgo…e molto più perché ho offeso te infinitamente buono”.
Vorrei sapere in che senso l’uomo, con il peccato, può offendere Dio? Possiamo con il nostro peccato recare un danno alla persona di Dio oppure possiamo offenderlo in un altro modo?
Vorrei sapere se posso pubblicare la risposta che mi darà a questa domanda su un blog.
Grazie
Pasquale
Risposta del sacerdote
Caro Pasquale,
1. Dio non viene decurtato nella sua infinita perfezione dal peccato dell’uomo.
Il peccato si rivolta sempre contro l’uomo, come si evince in Geremia: “Ma forse costoro offendono me – oracolo del Signore – o non piuttosto se stessi a loro vergogna?” (Ger 7,19) e anche in Giobbe: “Se pecchi, che gli fai? Se moltiplichi i tuoi delitti, che danno gli arrechi? (Gb 35,6).
Nell’Antico Testamento si legge pure: “Chi pecca, danneggia se stesso” (Sir 19,4).
2. Per questo Giovanni Paolo II ha detto che il peccato è sempre “un atto suicida” (Reconciliatio et Paenitentia 15) e “finisce col rivolgersi contro l’uomo stesso, con un’oscura e potente forza di distruzione” (RP 17).
Successivamente il Papa specifica che l’atto suicida consiste in questo: col peccato l’uomo distrugge l’amicizia con Dio perdendo la grazia, offusca la coscienza, e indebolisce la volontà, che rimane in qualche modo schiava o dipendente dal peccato.
3. Inoltre il peccato reca un danno sempre anche al nostro prossimo, soprattutto se si tratta di un peccato commesso contro i precetti della seconda tavola della legge (dal 4° al 10°).
4. Potrei dire che quello che noi contempliamo nel corpo martoriato del Cristo crocifisso è un’immagine di come si riduca la nostra vita dopo il peccato mortale: è a brandelli!
Solo Cristo, nel sacramento della Riconciliazione o confessione, ci risana e ci risuscita.
Ti ringrazio, ti prometto un ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo