Questo articolo è disponibile anche in: Italiano Inglese

Reverendo padre Angelo, 
quando la confessione poteva essere amministrata al fedele una sola volta nella vita, il fedele che ricadeva nel peccato mortale, ma poi si pentiva con cuore sincero della sua offesa al Signore e aveva il proposito di condurre una vita conforme alla legge di Dio, come doveva agire per poter accedere nuovamente ai sacramenti?
Il fedele all’epoca caduto per la seconda volta nel peccato mortale, benché onestamente pentito e determinato a non peccare più, non avrebbe potuto quindi conseguire l’eterna salvezza? 
Eppure il cristiano che si pente della sua colpa ed è fermamente determinato a cambiare la sua vita in senso evangelico non ha diritto di ricevere la cancellazione dei peccati? Io ho sempre sentito la Chiesa insegnare che il penitente deve sempre essere accolto se pentito con cuore sincero e deciso a comportarsi in futuro in accordo con i comandamenti di Dio. 
Non riesco a capire come potesse negare la confessione a un fedele pentito sinceramente che così non si sarebbe dunque potuto salvare, anche se appunto pronto a riconciliarsi con Dio e con la Chiesa. Tutti i cristiani dell’epoca che sono ricaduti per due volte nel peccato mortale ora si dannano? 
Supplico la Vostra benedizione e la vostra preghiera per me, indegno peccatore, per la mia famiglia e per le persone a me care, specialmente durante il Santo Sacrificio della Messa.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. se uno cadeva una seconda volta nei peccati per i quali era richiesta la penitenza pubblica e canonica continuava ad essere membro della Chiesa.
Si santificava vivendo da penitente.
L’esclusione dai sacramenti (confessione ed eucaristia) non era la stessa cosa che dire: “Tu sei in peccato mortale”,
Infatti la grazia non è legata ai sacramenti (gratia non alligatur sacramentis), anche se essi ne sono le vie ordinarie e la comunicano infallibilmente se non vi si pongono ostacoli.

2. Si comprende bene allora che chi non poteva accedere ai sacramenti non era ipso facto scomunicato.
Continuava ad essere membro della Chiesa.
Si salvava e  si santificava vivendo nella Chiesa e per la Chiesa, anche se non poteva ricevere l’assoluzione sacramentale e la Santa Comunione.

3. Questa è anche la soluzione che qualcuno ipotizza per i divorziati risposati i quali di per sé non possono ricevere i sacramenti a meno che cessino di vivere “da sposati”, perché non lo sono.

4. Per i “divorziati risposati” per i quali è doveroso stare insieme )ad esempio a motivo dei figli nati dalla nuova unione o per altre cause) e che nello stesso tempo non si sentono di interrompere la relazione sessuale, rimane la via della penitenza.
In questo modo “coltivano lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio”(Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio 84).

5. Espressioni analoghe si leggono in Reconciliatio et paenitentia: “Per tutti coloro che non si trovano attualmente nelle condizioni oggettive richieste dal sacramento della penitenza, le dimostrazioni di materna bontà da parte della Chiesa,
il sostegno di atti di pietà diversi da quelli sacramentali,
lo sforzo sincero di mantenersi in contatto col Signore,
la partecipazione alla S. Messa,
la ripetizione frequente di atti di fede, di speranza, di carità, di dolore il più possibile perfetti,
potranno preparare il cammino per una piena riconciliazione nell’ora che solo la Provvidenza conosce” (RP 34).

6. Credo che sia opportuno ricuperare per la Chiesa quelle che una volta erano le vie pubbliche di penitenza, che ricordano a tutti, anche ai cosiddetti “regolari”, che c’è bisogno di penitenza da parte di tutti e che la santità non si misura dal numero delle Sante Comunioni.

7. Non va dimenticato inoltre che i Sacramenti, che sono pur necessari e altamente santificanti, sono ancora nell’ordine dei mezzi.
Mentre la carità, anzi una carità sempre più grande, è l’obiettivo della vita cristiana.
È in virtù della carità, che è il principio vivificante della grazia, che ci si salva.
I soli sacramenti, senza la carità e la grazia, non salvano.
Gesù ha detto: “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità” (Mt 7,21-23).

8. Una via pubblica di penitenza costringerebbe tutti a rimanere più umili.
Se venisse instaurata, sono convinto che molti fedeli cosiddetti regolari, pur continuando ad accedere ai sacramenti, la percorrerebbero volentieri e sarebbe per loro, e quindi per tutti, un esercizio continuo di umiltà.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo