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Quesito

Carissimo Padre Angelo, 
Periodicamente entro in questa pagina per leggere quei quesiti che, lettori di ogni età, pongono alla Sua attenzione per essere aiutati e/o trarre una risposta esauriente o perlopiù approfondita, a quelle situazioni in cui gli stessi non trovano una risposta confacente.
Leggendole attentamente alcune di loro meritano, a mio giudizio, sia domande che risposte trattate, un motivo di riflessione e, in taluni casi oserei dire, anche motivo di meditazione, per coloro non apparentemente chiamati in causa.
Ma vorrei porLe anch’io qualcosa che mi interroga da tanti anni…
Gesù Misericordioso ha perdonato molteplici volte nella mia vita, le mancanze, le offese a Lui arrecate e per ciò, non finirò mai di ringraziarLo per questo meraviglioso e stupendo dono del perdono.
Talmente meraviglioso che il sottoscritto, sebbene ogni volta, pentito amaramente dopo il Sacramento della Riconciliazione, rimane un pò dispiaciuto di quanto a Lui arrecato, un piccolo “rimorso di coscienza” sebbene Lui stesso abbia già dimenticato tutto.
Mi sono chiesto: ma ciò, sarà forse causa del mio carattere un po’ sensibile…
sarà forse causa di una attenta e disciplinata educazione religiosa adolescenziale…
E così, questo particolare stato non mi ha mai abbandonato da tanti anni.
La mia unica e sola domanda che Le pongo: è un atteggiamento normale trovarsi in questo particolare stato di sconforto?
La ringrazio di vero cuore del tempo al sottoscritto e a noi tutti dedicato…
Francesco C.


Risposta del sacerdote

Carissimo, 
1. il sacramento della riconciliazione o confessione, se è stato celebrato bene, lascia due sentimenti nell’anima.

2. Il primo è di infinita gratitudine nei confronti del Signore che ancora una volta ha gettato dietro le sue spalle tutti i nostri peccati. Non li guarda più. Non ce li metterà davanti neanche nel giorno del giudizio.
E per questo anche noi possiamo dire: Misericordias Domini in aeternum cantabo (Canterò in eterno le misericordie del Signore, Sal 89,2).

3. Il secondo sentimento è quello che scaturisce da un vero pentimento.
Se Dio dimentica i nostri peccati, non li dimentichiamo invece noi, e questa loro memoria serve a tenerci umili.
Santa Teresa d’Avila attesta che “non v’è morte più dura del pensiero di aver offeso il Signore” (Vita, 34,10).

4. I teologi dicono che la carità che Dio infonde nel nostro cuore è una carità che possiede, tra le altre, anche la caratteristica di essere penitente.
In altre parole Dio, con la carità, ci dona anche la grazia di essere dispiaciuti dei nostri peccati e di sentire di non essere degni di godere nuovamente della sua intimità e della sua amicizia.

5. È questo il motivo per cui San Tommaso, dopo aver ricordato con la Sacra Scrittura che la carità copre una moltitudine di peccati (1 Pt 4,8), osserva che “qualcuno potrebbe dire: se basta la carità a cancellare i peccati, non è più necessaria la penitenza. Si deve considerare, però, che nessuno ama sinceramente se non fa sincera penitenza (sed nullus vere diligit qui non vere poenitet).
È evidente che quanto più amiamo una persona, tanto più ci dispiace di averla offesa.
E anche questo è un effetto della carità” (In duo praecepta caritatis et in decem legis praecepta expositio, n.1146).

6. Allora, per giungere alla tua domanda, il senso di rimorso che provi può certamente nascere anche da una certa sensibilità ereditata dall’educazione religiosa che hai ricevuto.
Ma nello stesso tempo certamente è un bel dono della grazia.
Anzi, non temo di affermare che l’educazione religiosa che hai ricevuto sia una grazia che ti è stata data dall’Alto e che continua a produrre i suoi frutti.

Con l’augurio che il Signore ti conservi sempre questa inestimabile grazie, ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo