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Quesito
Buongiorno padre, mi chiamo Marco e volevo porle un quesito:
Si dice che per avere peccato mortale bisogna avere materia grave, piena consapevolezza, deliberato consenso; gli ultimi due delle volte sono termini molto nebulosi e poco chiari, quindi le chiedo, per piena consapevolezza significa che nel momento in cui uno commette un peccato deve avere bene in mente che sta offendendo Dio andando contro i comandamenti?
Ad esempio, una ragazza mi chiede di fornicare con lei, e io in quel momento devo avere in mente che è peccato. Uno per poter scegliere il male deve prima sapere che quello è male.
Ho anche considerato una cosa, vista la mia esperienza, per capire se uno ha piena consapevolezza del peccato, è necessario che al momento della tentazione venga preso dallo scrupolo, cioè si trovi un pò combattuto.
Secondo me se uno di fronte a un occasione di peccare accetta senza scrupoli vuol dire o che non ha piena consapevolezza della gravità, oppure che non è in Grazia di Dio, e quindi il suo cuore è già indurito. Le risulta?
Riguardo il deliberato consenso, può voler dire che uno, sapendo bene che un’azione è contro Dio, decide comunque di farla.
Inoltre deve avere anche il tempo per pianificare; se uno agisce in preda agli istinti c’è già meno pianificazione.
Ad esempio, uno non decide di andare a prostitute seduta stante, si mette un attimo a riflettere; così come per l’idolatria, il non santificare le feste, etc….cioè occorre un tempo in cui ci sia spazio per lo scrupolo e la lotta interiore (sempre ammesso che uno sia in Grazia di Dio).
Infine occorre che uno sia veramente libero per decidere.
Noto poi nella mia vita che dopo aver commesso un peccato grave (se prima ero in grazia di Dio) vengo preso dal rimorso,mi sento in colpa, sento che qualcosa si è rotto nel rapporto col Signore.
Si può dunque dire che chi non sente questo, o non ha piena consapevolezza del peccato, oppure ha già il cuore indurito da altri peccati?
Che ne pensa?
Chiedo questo per avere un criterio per sapere quando sono in peccato grave.
La ringrazio!
Marco
Risposta del sacerdote
Caro Marco,
1. non è necessario essere presi da scrupoli per commettere un peccato grave.
Né l’agire senza scrupoli è sinonimo di avere il cuore già indurito.
Può succedere anche questo, ma forse il più delle volte si pecca perché si rimane sedotti dal fascino del peccato.
Si sapeva che era peccato, ma in quel momento non ci si pensa e lo si fa tranquillamente.
Per questo il Signore chiede di essere vigilanti e di pregare.
Non è possibile la vigilanza se non si prega, se non si sta alla presenza di Dio.
2. Neanche si richiede di sentire il rimorso per dire che si è commesso un peccato grave.
Spesso capita di sentire il rimorso.
Ma nelle persone che sono inveterate nel peccato il rimorso tende a scomparire.
Anzi si può finire nella condizione deplorata da San Paolo quando scrive: “Perché molti – ve l’ho già detto più volte e ora, con le lacrime agli occhi, ve lo ripeto – si comportano da nemici della croce di Cristo. La loro sorte finale sarà la perdizione, il ventre è il loro dio. Si vantano di ciò di cui dovrebbero vergognarsi e non pensano che alle cose della terra” (Fil 3,18-19).
3. Per commettere un peccato grave non è necessario neanche pensare che sia grave.
Papa Alessandro VIII ha condannato la tesi per cui vi compirebbe peccato grave e cioè mortale quando si ignora Dio o non si pensa attualmente a Lui (in illo qui Deum vel ignorat vel actu non cogitat).
E afferma che si tratta ugualmente di “peccato mortale, che distrugge l’amicizia con Dio, e che è degno della pena eterna” (DS 2291).
4. Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor ha ribadito quanto aveva già affermato in Reconciliatio et paenitentia e cioè che “si dovrà evitare di ridurre il peccato mortale ad un atto di opzione fondamentale, come oggi si suol dire, contro Dio, concepito sia come esplicito e formale disprezzo di Dio e del prossimo sia come implicito e non riflesso rifiuto dell’amore.
Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l’uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato. In effetti, in una tale scelta è già contenuto un disprezzo del precetto divino, un rifiuto dell’amore di Dio verso l’umanità e tutta la creazione: l’uomo allontana se stesso da Dio e perde la carità. L’orientamento fondamentale può, quindi, essere radicalmente modificato da atti particolari” (VS 70, cfr. RP 17).
5. Sicché per commettere un peccato mortale non è necessario pianificare il peccato.
Non tutti i peccati si commettono per malizia e cioè per pianificazione.
Molti peccati vengono commessi per fragilità.
Può succedere poche volte che uno si ubriachi per malizia. Il più delle volte scivola andando dietro alla gola.
Può succedere anche di uccidere una persona senza pianificare l’atto. Ci si lascia trasportare dall’ira e si fa quello che inizialmente non si voleva fare. Ma non per questo quell’omicidio sarebbe solo un peccato veniale.
La stessa cosa può succedere in molti altri campi, come ad esempio in quello della purezza.
6. Chiedi un criterio per sapere se di fatto compi un peccato mortale.
Il criterio è quello fornito da Giovanni Paolo II e che ho riportato poco:
“Si ha, infatti, peccato mortale anche quando l’uomo, sapendo e volendo, per qualsiasi ragione sceglie qualcosa di gravemente disordinato. In effetti, in una tale scelta è già contenuto un disprezzo del precetto divino, un rifiuto dell’amore di Dio verso l’umanità e tutta la creazione: l’uomo allontana se stesso da Dio e perde la carità. L’orientamento fondamentale può, quindi, essere radicalmente modificato da atti particolari” (VS 70, cfr. RP 17).
È sufficiente dunque che uno sia padrone del proprio atto perché è consapevole di quello che fa, anche se in quel momento non pensa al peccato mortale o non pensa a Dio.
Lo sapeva prima e questo è quanto basta. Doveva essere vigilante.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo