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Quesito
Caro Padre Angelo,
innanzitutto le faccio i complimenti per il suo preziosissimo servizio: annunciare la Verita’ e portare le persone ad essa e’ un atto altissimo di carita’.
Le mie domande riguardano la testimonianza di fede e la timidezza, ed il loro rapporto tra di loro.
Premetto che sono un uomo piuttosto timido (il grado di timidezza varia in base alle situazioni ed aumenta con l’aumentare del numero di persone che ho intorno a me e che potrebbero dedicarmi la loro attenzione nel caso aprissi bocca) e che, per buona parte della mia vita, ho evitato di parlare in certe occasioni per paura di arrossire o per fare figuracce.
In relazione alla timidezza in se’, mi rendo conto che in certi casi puo’ essere associata a due virtu’ positive: la prudenza e quella che io definisco il "non-chiacchiericcio", poiche’ e’ ovvio che se non partecipo a certi discorsi frivoli per l’esigenza di dover parlare, evito di sprecare fiato per nulla; puo’ essere tuttavia anche un fattore negativo quando non mi fa dire cio’ che dovrei dire.
Le domande nascono percio’ dall’apparente contraddizione tra la mia indole caratteriale (timida, riservata, impacciata a parole e non capacissima di spiegarsi bene a parole) e la necessita’ che sento, sempre piu’ forte, di annunciare al mondo Colui che, per esperienza diretta, e’ IL vero bene di ogni persona. Vorrei che tutte le persone del mondo sentissero e capissero quant’e’ bella la vita in Gesu’ Cristo.
Le domande sono:
1) E’ secondo lei un buon atteggiamento quello di non aprire bocca, non dire la mia o non partecipare a conversazioni "leggere" (talvolta frivole)? Mi viene da pensare di sì visto anche l’ammonimento di Gesu’ riguardante il "sì sì, no no". In questioni invece importanti in cui viene attaccata la fede o la chiesa partecipo attivamente, ma solo se dall’altra parte ho persone che conosco o che sono aperte al dialogo. E’ una mancanza di rispetto verso Dio? Non dovrebbe essere annunciato sempre e comunque, anche a costo del martirio?
2) Alcuni mi hanno detto che non essendo espansivo nelle conversazioni ordinarie sembro scontroso o do l’idea di essere superiore (poiche’ non mi interesso a quello che loro dicono e faccio finta di niente). Il mio atteggiamento (che a me non sembra ne’ scortese ne’ educato, poiche’ mantengo comunque un’educazione di base e se qualcuno si rivolge direttamente a me lo ascolto guardandolo negli occhi) e’ dunque un peccato di mancanza di carita’ verso il prossimo? La carita’ si dimostra anche facendosi amico a tutti i costi delle persone? Essendo sempre concilianti?
3) Ho notato che, soprattutto in ambito lavorativo, quando si parla di qualsiasi cosa e io dico il mio pensiero motivandolo con la fede in cui credo, alle parole "Fede", Gesu’" o "cristiano" e’ come se si abbassasse dall’altra parte la saracinesca della loro attenzione e, pur non dicendomelo, intuisco che mentalmente mi stanno dando del poverino, del bigotto, del retrogrado.
D’altro canto, benche’ vorrei sempre avere il rimando a Cristo nelle mie parole, mi rendo conto che non farei buon servizio a Gesu’ Cristo nominandolo per qualunque cosa mettendolo sullo stesso piano di una buona pizzeria o del tempo che fa fuori.
Quindi la mia domanda e’: rendo buona testimonianza nominando sempre Cristo e cercando agli altri di far capire anche con le parole che ogni mia decisione e’ ponderata e valutata seguendo la sua volonta’, oppure devo semplicemente comportarmi come un buon cristiano e parlare di Cristo solo mi viene chiesto, o se mi si chiede perche’ agisco cosi’? In passato mi e’ gia’ stato consigliato di "parlare con la vita" e di evitare una testimonianza diretta a parole, soprattutto in certi contesti, ma non mi sembra che il solo comportamento getti il seme della fede negli altri…mi sembra un fattore troppo debole.
4) Mi e’ capitato di avere a che fare con persone che si dichiarano con orgoglio atee e che si fanno beffe della religione. Davanti a questa mancanza di rispetto tendo ad innervosirmi, a chiudermi, a mettermi sulla difensiva e a dire solo un "preghero’ per voi". Mi sembra che iniziare ragionamenti con certa gente sia una perdita di tempo. Oppure continuo a pensare a come potrei rispondere bene, senza innervosirmi, ma cosi’ facendo non mi decido mai. Faccio bene a fare cosi’?
5) Consapevole di quanto sia importante per ogni persona la conoscenza di Cristo, prego giornalmente il Signore e la Madonna affinche’ illuminino le persone atee, agnostiche, indifferenti, bestemmiatori e coloro che si dichiarano cristiani e che (come me) si impegnano tutti i giorni (tra mille difficolta’) a vivere come Dio comanda. Inoltre faccio un digiuno settimanale come atto di amore per queste persone, affinche’ si convertano (seguendo anche le richieste della Madonna a Fatima e Medjugorie). Faccio bene secondo lei? E’ cosa gradita a Dio?
La ringrazio gia’ fin da ora per la sua risposta e le chiedo di illuminarmi sul rapporto tra fede/testimonianza/timidezza anche per questioni generali che esulano dalle domande specifiche che le ho posto.
Cordiali saluti
Andrea
Risposta del sacerdote
Caro Andrea,
1. comprendo bene la timidezza che ti può impacciare nel rendere testimonianza a Cristo. Ma la prima testimonianza è quella che si fa con la nostra vita.
Intanto in questa timidezza, come tu stesso hai osservato, c’è anche un riscontro positivo: che non entri nei discorsi frivoli. In questo modo sei risparmiato da molti peccati.
2. Poi nei confronti di coloro che non credono bisogna fare una distinzione.
Se li trovi aperti al dialogo, confrontati pure con loro.
Ma se li trovi chiusi, sprezzanti e arroganti, non perdere tempo.
È vero che dobbiamo rendere testimonianza fino al martirio, ma il Signore ha anche detto: “Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra” (Mt 10,23).
3. Pertanto è necessario fare una distinzione tra i precetti morali positivi e i precetti morali negativi.
I precetti morali positivi sono quelli che comandano di fare un’azione.
Quelli negativi invece la proibiscono.
Ebbene, i precetti morali positivi obbligano sempre ma non in ogni momento (semper sed non ad semper) perché potrebbe non essere opportuno o per qualsiasi altro buon motivo.
Ora rendere testimonianza con le parole è un precetto morale positivo.
Obbliga sempre, ma non in ogni momento.
Per cui se vedi che non è opportuno intrattenersi in certi discorsi perché si finisce male, non iniziarli neanche.
4. I precetti morali negativi, e cioè quelli che proibiscono di fare il male, obbligano sempre e in ogni caso (semper et ad semper).
Allora se ti viene chiesto di rinnegare la fede non puoi rinnegarla mai, anche a costo della vita. In questo senso siamo tenuti a rendere testimonianza fino al martirio.
5. Così anche nell’ambito lavorativo o sociale non è necessario motivare le nostre parole o le nostre azioni portando sempre riferimenti alla fede.
In certi casi questa insistenza potrebbe non essere capita e forse fraintesa.
D’altra parte ci sono tanti valori che si impongono da se stessi al di qua della fede e devono essere rispettati da tutti indipendentemente dal loro credo.
Sarebbe deleterio far pensare che certi valori obbligano solo chi ha la fede, mentre chi non ce l’ha potrebbe fare tutto quello che vuole.
6. Dici che già in passato ti è stato detto di rendere testimonianza con la vita e di evitare una testimonianza diretta a parole, soprattutto in certi contesti.
Questo consiglio è giusto, non è troppo debole.
Perché qualsiasi buon seminatore non semina dovunque, ma solo sul terreno fertile. Diversamente la semente è sprecata e nel nostro caso disprezzata. E sarebbe ancor peggio.
7. Di fronte a persone orgogliosamente atee dici che rimani sulla difensiva.
Certo, se attaccano devi rispondere in maniera adeguata. Anche sviando il discorso.
Se non attaccano, lasciali stare.
Se attaccano in maniera arrogante tralascia di dire “pregherò per voi”. Non lo capiscono e forse anche ti disprezzerebbero.
Non è necessario dirlo. È invece necessario farlo.
8. Proprio sulla necessità di pregare e di fare sacrifici per la conversione dei peccatori mi piace riportare la testimonianza di santa Teresina del bambin Gesù: “Ah, preghiera e sacrificio formano tutta la mia forza, sono le armi invincibili che Gesù mi ha date, toccano le anime ben più che i discorsi, ne ho fatto esperienza spesso” (Storia di un’anima, 315).
Sì, tutta la tua forza molto spesso deve essere racchiusa qui più che nelle parole.
Sono armi invincibili e producono sempre il loro effetto.
Le parole invece spesso sono fraintese, rifiutate, non raggiungono l’obiettivo.
9. Per questo ti esorto a continuare a pregare e soprattutto nella pratica tanto meritoria del venerdì.
Il digiuno dà ali alla preghiera, la fa volare in alto, la fa giungere a Dio e la fa tornare a noi e a coloro per i quali la compiamo sempre con qualche buon effetto.
Per la testimonianza con la parola invece tieni presente la distinzione che ti ho dato tra i precetti morali positivi e quelli negativi.
Sono contento per il tuo zelo e cioè per il tuo amore intenso per Nostro Signore.
Perché si accresca sempre più e si riversi su tutti e nella maniera più adeguata ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo