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Quesito
Salve Padre Angelo,
innanzitutto Grazie per l’opera di carità che compie nel rispondere ai tanti quesiti che Le poniamo.
Ho un paio di dubbi…
1) Noi pecchiamo in quanto siamo liberi o anche in virtù di una colpa trasmessa dai progenitori?
2) L’uomo che merita il Paradiso compie comunque qualche peccato quand’è sulla Terra; con la risurrezione dei corpi, com’è da interpretare il fatto che l’uomo non peccherà più? Sembrerebbe quasi una limitazione di questa libertà…
Grazie mille,
Andrea
Risposta del sacerdote
Caro Andrea,
1. circa la prima domanda è vera l’una e l’altra cosa che mi chiedi, sebbene non nel medesimo modo.
2. Certamente pecchiamo e quindi ci rendiamo colpevoli perché siamo liberi.
Se non ci fosse libertà non vi sarebbe responsabilità e imputabilità delle azioni.
Conseguentemente non vi sarebbe né merito né demerito.
3. Ma siamo spinti a commettere peccati anche da una inclinazione al male, che è retaggio del peccato originale.
Questa inclinazione non costringe a peccare, ma spinge.
4. Queste inclinazioni talvolta sono forti e prepotenti. Ma con la grazia di Dio e cioè con un aiuto soprannaturale che viene dall’alto, possiamo superarle tutte, una ad una. Almeno quelle che spingono al peccato mortale.
Non è invece possibile superare tutte le inclinazioni che sollecitano a cadute veniali. In questo senso nella sacra Scrittura si legge: “Il giusto pecca sette volte al giorno” (Pr 24,16), “tutti quanti manchiamo in molte cose” (Gc 3,2), “se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi” (1 Gv 1,8).
Questo, evidentemente, ad eccezione della Beata Vergine Maria, come ha definito il Concilio di Trento.
5. Mi chiedi inoltre: “con la risurrezione dei corpi, com’è da interpretare il fatto che l’uomo non peccherà più? Sembrerebbe quasi una limitazione di questa libertà…”.
Non solo con la risurrezione dei corpi, ma appena l’anima si separa dal corpo, e cioè al momento della morte, diventa incapace di peccare.
Non perché si perda la libertà, ma perché la si compie.
Un po’ come quando uno si sposa. Da quel momento non può più sposarsi, perché con un suo atto si è determinato per sempre.
Non si tratta di perdita della libertà, ma di compimento della propria libertà.
6. Ebbene, nella vita futura, nello stato in cui l’anima è separata dal corpo, non si può più passare dalla potenza all’atto.
Si può passare dalla potenza all’atto finché si è di qua, perché siamo nel tempo. Di là invece siamo nell’eterno. E nell’eterno non c’è un poi, né c’è un prima.
7. Inoltre di là, se saremo in paradiso, non potremo volgere la nostra scelta in direzione diversa da Dio perché in Lui troviamo ogni nostro bene, ogni nostro appagamento.
Per questi motivi gli antichi dicevano che di là viene meno la libertà di esercizio (passare dalla potenza all’atto) e la libertà di specificazione (volere questo al posto di quest’altro), perché avremo tutto in Dio e avremo sazietà piena.
Ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo