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Quesito

Buongiorno padre Angelo,
scrivo per un dubbio in merito all’approccio alla vita: provo a spiegarmi meglio: nella Salve Regina, la vita è descritta come una “valle di lacrime” (con anche Madonnine che piangono nei secoli a confermare la cosa), mentre molti santi (penso a S. Francesco) e anche preti contemporanei sottolineano invece che, essendo noi figli di Dio, destinati alla risurrezione come nostro fratello Gesù, non possiamo che vivere la vita nella gioia. Magari mi sfugge qualcosa, ma come si conciliano queste due visioni?
Grazie mille per i preziosi contributi e spunti che ci regala, buona domenica, saluti.
Marco


Risposta del sacerdote

Caro Marco,
1. La nostra esistenza terrena è un “bel regalo che ci viene dal Padre, creatore della luce” come abbiamo sentito domenica scorsa nella seconda lettura tratta dalla lettera di San Giacomo (G 1,17).
Tutti siamo contenti di vivere.
Nella Sacra Scrittura Dio viene lodato come “amante della vita” (Sap 11,26).
E anche noi lo siamo. E prima ancora che per istinto naturale, lo siamo perché creati ad immagine e somiglianza sua.

2. Tu mi porti la testimonianza di San Francesco nel Cantico delle creature. È vero.
Ma nella Sacra Scrittura c’è ancora di più. Si pensi in modo particolare al Cantico di Daniele: “Benedite opere tutte del Signore e il Signore, lodatelo ed esaltatelo nei secoli…” (Dn 3,57-88). La Chiesa lo canta nelle lodi di tutte le feste.
Ma anche molti salmi sono un inno di ringraziamento per la vita e per il creato.
Si pensi anche solo al salmo 113 che in latino è intitolato così: Laudate pueri Dominum: “Lodate, servi del Signore, lodate il nome del Signore, Sia benedetto il nome del Signore, da ora e per sempre. Dal sorgere del sole al suo tramonto sia lodato il nome del Signore…”.
La parola lodare qui sta anche per ringraziare.
Allora si scorge quanto è bello e denso di emozione il versetto che suona così: “Dal sorgere del sole al suo tramonto sia ringraziato il nome del Signore”.
Non c’è un istante della nostra esistenza che non sia un dono del Signore.
Potrei dire anche che non c’è nessuna creatura che non sia un dono del Signore, anche se talvolta in seguito al peccato originale alcune di esse ci molestano e ci insidiano.

3. Questo è sufficiente per dire che la vita presente, pur segnata dal peccato originale, non è solo una valle di lacrime. Tutti ne siamo convinti,
Penso in questo momento ad una vecchietta in fin di vita ad un sacerdote che cercava di consolarla dicendo: “Ebbene, si consoli, adesso lascia questa valle di lacrime per andare in paradiso” rispose: “Tuttavia di qua non ci sono stata poi tanto male. Ero contenta”.

4. Rimane vero però che la vita presente, dopo il peccato originale, ha le caratteristiche dell’esilio ed è soggetta a crescenti penalità di ordine fisico e morale ma mano che si va avanti negli anni. Ad un certo momento infatti si manifestano acciacchi e talvolta malattie degenerative. Inoltre i dispiaceri a motivo dell’ingratitudine e dell’indifferenza non si contano. Per cui alcune persone, soprattutto anziane, sono quasi perennemente in lacrime.
In passato non poche persone quando sentivano leggere le parole di Giobbe: Homo natus de muliere brevi vivens tempore, repletur multis miseriis (“L’uomo nato da donna ha vita corta ed è ricolmo di molte miserie, Gb 14,1) scuotevano la testa in segno di doloroso assenso. 

5. C’è da dire ancora che la vita presente, vissuta anche nella massima felicità, non è ancora niente rispetto al paradiso.
San Paolo, che aveva avuto la fortuna di vederlo, ha potuto dire che “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, Dio le ha preparate per coloro che lo amano” (1 Cor 2,9).
Qui San Paolo allude all’incarnazione di Dio, alla predicazione di Gesù, alla sua passione morte, ma anche alla sua risurrezione preparata per lui e anche per noi. Per cui circa le realtà future dice: “Ritengo infatti che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura che sarà rivelata in noi” (Rm 8,18).

6. La tua mail mi dà infine la possibilità di ricordare l’origine della Salve Regina.
Qualcuno l’ha fatta risalire a San Bernardo il quale la scrisse e la musicò, come gli stesso disse, audito caelo (dopo aver sentito il cielo).
Le cose sarebbero andate così: in un pomeriggio afoso d’estate due giovani monaci, anziché andare in coro, preferirono andare a rinfrescarsi nelle acque del torrente lì vicino, ma ne furono travolti. Mentre tuttavia affogavano si rivolsero alla Madonna e Le dissero: “A te ricorriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime… E dopo quest’esilio mostraci Gesù”.
Era davvero nella valle di lacrime (un torrente vorticoso) quella in cui stavano affogando.
Queste parole le riferirono a San Bernardo quei due giovani monaci per i quali il santo abate aveva chiesto di pregare preoccupato per la loro salvezza eterna.
Gli erano apparsi dal cielo e gli dissero che si erano salvati perché nel momento supremo della loro vita si erano rivolti alla Madonna proprio con quelle parole.

Con il più bel augurio per la tua vita presente e per quella futura, e cioè al termine di quest’esilio la nostra Avvocata ti presenti Gesù, il frutto del suo grembo, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo