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Quesito
Buongiorno,
vorrei per favore chiedervi di chiarirmi un dubbio: un cristiano sa che, quando commette un peccato, deve ‘scontare’ una pena temporale (o addirittura quella eterna). Non rischia quindi questo di costituire un ‘obbligo’ per il cristiano a non peccare? Ossia, evitare il castigo della pena diventa il motivo per cui scegliere il bene, quindi non si è liberi nella scelta di fare il bene, in quanto diventa una scelta obbligata.
Grazie per i vostri preziosi chiarimenti e la vostra disponibilità.
Andrea
Risposta del sacerdote
Caro Andrea,
1. non esiste la libertà di fare il male.
Questa libertà non c’è né sul piano morale e religioso né su quello prettamente civile.
Anche di fronte alla società non si può fare il male: non si può rubare, non si può uccidere, non si può calunniare o maltrattare.
E questo indipendentemente dal fatto che la società processi e punisca.
2. Tutto questo ci porta a chiederci in che cosa consista la libertà e quale sia il suo spazio.
Circa la consistenza della libertà San Tommaso dice che la libertà consiste nel dominio sui propri atti.
A differenza degli animali che agiscono istintivamente e non sono padroni di se stessi e quindi responsabili dei propri atti, l’uomo invece ha questa padronanza. Tale padronanza gli deriva dalla libertà.
Secondo il concilio Vaticano II la libertà è il segno più luminoso della nostra somiglianza con Dio.
Gli animali non sono ad immagine e somiglianza di Dio perché non sono padroni dei propri atti.
3. Riconosciuto che l’uomo è libero ci possiamo domandare se la nostra libertà sia assoluta e se qualunque proibizione limiti la nostra libertà.
Possiamo comprendere da noi stessi che la nostra libertà non è infinita e illimitata.
Perché non siamo liberi di essere venuti all’esistenza, di avere un corpo e un’anima, di avere determinati sensi nel nostro corpo e collocati in un preciso posto indipendentemente dalla nostra volontà, di esistere in un certo periodo della storia, di avere di quei determinati genitori, di essere nati in quella determinata località, eccetera eccetera.
Ciò significa che non siamo liberi nei confronti della nostra natura. Questo è il primo limite che ognuno volente o nolente deve riconoscere.
È il limite che ci deriva dall’essere creature.
Pertanto siamo liberi, ma la nostra libertà è la libertà di una creatura.
4. C’è una seconda realtà in ordine alla quale non siamo liberi ed è la felicità.
Tutti cercano sempre la propria felicità.
Che poi tutti cerchino la vera felicità è un altro paio di maniche, perché molti cercano solo una parvenza di felicità, come quella che c’è nel peccato
Anche se qualcuno andasse ad impiccarsi, lo fa perché lì gli pare di trovare una parvenza di felicità o perlomeno la fine di un certo malessere.
5. Questi dunque sono i due limiti della nostra libertà di creature: il limite che deriva dalla nostra natura e il limite che deriva dal nostro obiettivo perché tutti necessariamente cerchiamo la felicità, quella vera oppure quella che ne ha soltanto un’apparenza.
6. Arrivati a questo punto ci domandiamo se le leggi e le proibizioni che noi abbiamo dalla legge morale e anche dalla legge civile diminuiscano o addirittura ci privino della libertà.
Certo, vi possono essere leggi che privano l’uomo di legittime libertà, come avviene in certi regimi dittatoriali.
Ma in genere e almeno a livello teorico le leggi e le proibizioni vengono date per incanalare la libertà nel bene e per impedirne gli abusi, facendo del male a se stessi oppure agli altri.
Queste leggi e queste proibizioni pertanto sono a servizio della libertà. Non intendono coartarla o diminuirla.
Sono un po’ come la segnaletica stradale che ci indica dei limiti di velocità, ricordando esempio che la strada è tortuosa oppure sdrucciolevole.
Questo è un servizio alla libertà perché l’uomo responsabilmente sia attrezzato a fare il bene e ad evitare il male.
Le stesse punizioni che vengono date per eventuali infrazioni stanno a ricordare che si è usato male della libertà oppure che si è del male e che è necessario ripararlo.
7. Va detto anche che una persona matura non osserva la legge solo per evitare di essere punita, ma la osserva per garantire e promuovere il bene personale o comune.
Anche sotto il profilo religioso non si evita il peccato semplicemente per non finire all’inferno. Ma si compie il bene per crescere nella santità e per accumulare il capitale di meriti per la vita futura, come dice San Paolo.
L’esistenza dell’inferno è una verità che viene ricordata per quelli che fossero tentati di abusare della libertà per fare il male.
8. Dio stesso ci ha dato dei comandamenti e delle proibizioni. Sono tutti a servizio della libertà e perché non se ne usi male.
Tra queste proibizioni alcune proibiscono di fare il male perché vincolano tutti gli uomini sempre e in ogni circostanza. Giovanni Paolo II in un grande documento del suo pontificato ha affermato che “è proibito ad ognuno e sempre di infrangere precetti che vincolano, tutti e a qualunque costo, a non offendere in alcuno e, prima di tutto, in se stessi la dignità personale e comune a tutti” (Veritatis splendor, 52).
Con l’augurio che il buon uso della libertà ti faccia crescere nella comunione con Dio e nella vita santa, ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo