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Gent.mo P. Angelo,
sono una giovane di 34 anni ancora nubile e senza precedenti relazioni affettive a fare i conti con una sessualità non vissuta serenamente.
Provengo da una famiglia dove mia mamma è venuta a mancare quando avevo 7 anni e mio padre si è risposato con un’altra donna che ha preso in carico me e altri due fratelli più grandi. Questa nuova figura materna per me è stata come una sostituta della madre naturale e ha portato in famiglia una forte motivazione di fede cristiana. Insieme anche a un po’ (troppo) rigore. Tuttavia ringrazio ciò che lei e mio padre hanno sempre fatto per me e la nostra famiglia per crescere insieme. Purtroppo però sento che la mia parte affettiva è, ad oggi, piena di buchi non colmati. Nonostante questa premessa di famiglia credente, come tantissime altre la questione sessualità non è mai stata affrontata apertamente e liberamente, nessuna spiegazione dell’unione uomo-donna, differenze uomo-donna, affetto, sesso, ecc.
Così anch’io sono cresciuta tra i tabù, le cose da fare e non fare come da catechismo, comandamenti, divieti e quant’altro. Crescendo mi sono scontrata con chi non la pensava come me, credendo queste persone “impure” perchè convivevano, perchè avevano rapporti sessuali prima del matrimonio e quindi andavano contro i principi della Chiesa Cattolica. Tutto doveva essere secondo quanto scritto nel Catechismo, guai a uscirne altrimenti si è altamente peccatori.
Poi è arrivata la batosta anche per me e tutti questi principi si sono scontrati con la mia parte interiore repressa e che non è mai stata tirata fuori. Non ho avuto fidanzati, pur avendoli desiderati per tanto tempo, finché si è presentata l’occasione con un collega di lavoro in crisi matrimoniale. Debole lui, debole io, ci siamo avvicinati. Prima con uno sguardo, poi la carezza, poi i baci. Non abbiamo avuto un rapporto sessuale completo, ma ci siamo andati vicino perchè io non me lo sentivo di fare. Lui non ha fatto pressione, però era attirato da me e io da lui, dal suo corteggiamento. Mi ha fatto rompere tutti i miei schemi, facendomi emergere quella parte erotica che mai nessuno mi aveva spiegato. Sono emerse le mie pulsioni, la mia femminilità, le fantasie e tutto ciò che gira attorno alla sessualità erotica. Mi sono ritrovata, da una parte, a essere fedele a parole alla sequela di Cristo e dall’altra a scoprire la mia carne che è viva e pulsante verso l’esterno. Ci sono delle fisicità nell’uomo e nella donna che sono “normali” ma che nei libri di chiesa vengono identificate come impure o da trattenere.
Per esempio, perchè la masturbazione deve essere concepita sempre come un peccato se la fisiologia del corpo maschile e femminile ha pulsioni frequenti? In quei momenti di maggiore eccitazione quando si è vicini al proprio partner, perché bisogna trattenersi dai gesti di affetto? Bisogna aspettare il matrimonio con frustrazione e poi finalmente liberarsi delle pulsioni perché si è “apposto” con la coscienza?
Io semplicemente non voglio sentirmi in colpa per la mia femminilità e dovermi ogni volta confessare di questo corpo che chiede di uscire e di andare verso l’altro. Questo è quello che ho ricevuto dalla famiglia e dal catechismo, dagli insegnamenti delle persone di Chiesa. E ora non ne posso più.
Posso capire benissimo i concetti, ma ci sono state delle modalità di spiegazione troppo conservative che hanno limitato il vivere umano delle persone, anziché valorizzarle come uomini e donne vivi e con una sessualità che è parte dell’uomo e della donna.
Mi chiedo sacerdoti e suore come vivono, oggi, le pulsioni sessuali: i tempi della flagellazione sono passati, quindi oggi che fanno? Non capita mai di fantasticare con la mente o di praticare l’autoerotismo? Non lo dico per giudicare, ma per rendere aperto e libero questo discorso sulla sessualità di tutti gli esseri umani.
Caro P. Angelo grazie per aver letto il mio sfogo e chiedo un aiuto per trovare tranquillità nel mio vivere appieno questa vita che ho ricevuto.
Cercherò di mettere la mia pochezza nelle mani del Signore per dare un senso a tutto.
Grazie e un caro saluto.
Federica
Cara Federica,
1. l’insegnamento della Sacra Scrittura e la dottrina della Chiesa non sono un insieme di divieti o di permessi ma la luce che ci viene data da Dio in ordine al nostro obiettivo: la santificazione.
La santità di vita poi consiste in quell’insieme di sentimenti (affetti) e di luci (verità) che ci tengono uniti a Dio, anzi ce lo fanno possedere.
2. Quando si è uniti a Dio e lo si possiede nel cuore per mezzo di quel dono divino e soprannaturale che si chiama grazia santificante si comprende una cosa, la più importante e la più decisiva per tutta la nostra vita: che tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di Lui (Col 1,16).
3. Per mezzo di Lui, e cioè per mezzo di Cristo in quanto Dio.
Lo sappiamo, certo, che tutto ci viene da Lui.
Ma dobbiamo anche sapere che tutto viene da Lui come un dono in vista di un altro dono, ancora più grande, che è Lui da possedere mediante la santità di vita.
4. Quando uno comprende questo ha capito il senso più profondo dell’esistenza e comprende anche il significato della legge di Dio che non gli appare più come un insieme di divieti e di permessi, ma come una strada con tante segnaletiche che indicano l’andatura da tenere, i consigli, i pericoli da evitare per potere rimanere uniti a Lui e portare frutto.
5. Allora la legge di Dio non è più vista come un limite o un peso, ma come un dono squisito del suo amore per noi sicché si prorompe facilmente nei sentimenti e nelle parole di Davide quando dice: “quanto amo la tua legge! La medito tutto il giorno.
Il tuo comando mi fa più saggio dei miei nemici, perché esso è sempre con me.
Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti.
Ho più intelligenza degli anziani, perché custodisco i tuoi precetti.
Tengo lontani i miei piedi da ogni cattivo sentiero, per osservare la tua parola.
Non mi allontano dai tuoi giudizi, perché sei tu a istruirmi.
Quanto sono dolci al mio palato le tue promesse, più del miele per la mia bocca.
I tuoi precetti mi danno intelligenza, perciò odio ogni falso sentiero.
Lampada per i miei passi è la tua parola, luce sul mio cammino” (Sal 118,97-105).
6. Se non si vive quest’esperienza si continua a sentire Dio lontano, si fa il calcolo degli ormoni e ci si domanda: ma i credenti come fanno?
Ignari di un altro amore e soprattutto lontani da Dio rendono testimonianza di questo senza saperlo: che quando si vive secondo la carne si sente la legge di Dio come un peso, mentre quando si vive secondo lo Spirito (nella via della santificazione col possesso di Dio nel cuore) la si sente come un’esigenza e la si accoglie come un dono preziosissimo.
7. Prego il Signore perché tu possa gustare che cosa significhi stare unita a Dio e possederlo nel cuore.
Allora capirai come mai sant’Agostino dopo aver conosciuto Dio e che tutto è stato creato per mezzo di Lui e in vista di lui abbia detto: “E cielo e terra e tutte le cose in essi racchiuse d’ogni parte mi dicono di amarti (“omnia clamant ut amem te”) e non cessano di dirlo a tutti affinché siano senza scusa” (Rm 1,20) (Confessioni, X,6,8).
Tutto il resto ne viene da sé.
Ti auguro ogni bene e ti benedico.
Padre Angelo