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Quesito

Caro Padre Angelo,
Scusi se la disturbo con i miei interrogativi ma mi sono per caso imbattuto in questo sito e ho quindi pensato di sottoporle una mia domanda che mi arriverà da tempo.
La mia domanda è la seguente: Dio esiste?
Mi chiedo se la giustizia e il bene siano dei valori assoluti e oggettivamente veri (e cosa li ha resi tali)? O sono solo dei principi che sono stati stabiliti convenzionalmente dagli uomini o sono stati modellati così nel nostro modo di agire dalla natura, dall’evoluzione o da altro.
Benedetto XVI ha detto che per quanto sia faticoso il cammino se la meta è certa esso è sopportabile. Il Papa emerito si riferisce al Regno di Dio, servirebbe una simile speranza per vivere in un mondo caotico come il nostro "che geme come una donna incinta" (Rom. 8). Ma una simile speranza può ancora essere ritenuta affidabile adesso che la cultura scientifica è riuscita volente o nolente a mettere in dubbio l’esistenza di Dio?
Ho letto le cinque vie di San Tommaso d’Aquino, il libro X delle confessioni di Sant’Agostino, il libro "Silenzio di Dio" di Sergio Quinzio. 
Ma niente di tutto questo ha frugato completamente i miei dubbi sull’esistenza di Dio.
Grazie fin d’ora se riuscirà a rispondermi.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. sarebbe interessante conoscere quale sia la cultura scientifica che sarebbe riuscita a mettere in dubbio l’esistenza di Dio dal momento che insigni scienziati nelle varie discipline si sono professati fervidamente credenti.
Per questi scienziati la perfezione del creato, la perfezione dell’organismo umano e della natura sono una lode incessante del Creatore.

2. A chi, contemplando le meraviglie del creato, di un’aurora o di un tramonto non viene spontaneo ripetere il versetto del Metastasio: “Dovunque il guardo io giro, immenso Dio, ti vedo: nell’opre tue t’ammiro, ti riconosco in me”?

3. Per taluni la presenza di Dio è palpabile.
Lo vedono, anzi, lo sentono dappertutto.
Non con gli occhi del corpo, evidentemente perché Dio è purissimo spirito, ma con quelli della mente.
Sentono che sono straordinariamente vere le parole di Davide: “I cieli narrano la gloria di Dio e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento” (Sal 19,1).
E ne rimangono incantati.
Non è difficile per costoro ripetere le parole dei Serafini che stanno attorno al trono di Dio: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (Is 6,3).
E avvertono quanto siano vere le parole di Sant’Agostino: “E cielo e terra e tutte le creature in essi d’ogni parte mi dicono di amarti e non cessano di dirlo a tutti affinché “siano senza scusa” (Rm 1,20)” (Confessioni, X,6,8).

4. La maggior parte della gente che crede in Dio forse non sa portarne le prove razionali, ma va dietro a questa testimonianza del cuore.
Pascal direbbe che costoro non parlano di Dio secondo l’ésprit de géometrie, ma con l’ésprit de finesse”.
L’ésprit de finesse vede con altri occhi, e vede anche quello che il puro ésprit de géometrie non può cogliere.

5. San Paolo, rifacendosi a questa testimonianza del cuore, parlò agli ateniesi non tanto dell’esistenza di Dio, ma della sua presenza: “Il Dio vivente, che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano.
Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che tutte le genti seguissero la loro strada; ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge per stagioni ricche di frutti e dandovi cibo in abbondanza per la letizia dei vostri cuori” (At 14,15-17).
E “Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,26-28).

6. Un autore del 2° secolo, un certo Teofilo di Antiochia, nella sua Apologia ad Autolico porta un ragionamento molto semplice per mostrare l’esistenza di Dio: “Quando si vede un vascello navigare in mare e dirigersi verso la riva, non si dubita affatto che vi sia nel battello un pilota che lo guidi.
Così, bisogna ammettere un Dio come conduttore di tutte le cose, benché non lo si veda con gli occhi di carne” (I, 1-5).
Egli afferma però, come S. Paolo (Rm 1,24-32) e la maggior parte dei Padri, che la condizione per giungere alla conoscenza di Dio è la purezza dello sguardo, cioè del cuore.
Un cieco non può vedere la luce del sole, per quanto sia splendente.

7. Sant’Agostino dà una prova tutta propria di Dio.
Egli parte da alcuni principi supremi del mondo intelligibile che si impongono con forte evidenza allo spirito e si impongono a tutti in un modo universale ed uniforme. Si tratta di quei valori assoluti e oggettivamente veri che si impongono alla coscienza di tutti indipendentemente dalle culture, dalle epoche storiche e dalla fede religiosa: il vero, il bello, il bene e i loro contrari.
Questi principi supremi sono un riflesso della luce di Dio in noi.
Di qui le sue frequenti esortazioni a cercare Dio dentro di noi: “Non andare al di fuori, rientra in te stesso, è nell’uomo interiore che abita la verità” (De vera religione, 39, 72).
Inoltre per Sant’Agostino vi è in noi un desiderio naturale di Dio in concomitanza con l’imperfezione e l’insufficienza morale della nostra esistenza che porta a dire: “Tu ci hai fatti per te e inquieto è il nostro cuore finché non riposi in te” (Confessioni, 1,1).

8. Per san Tommaso le creature rimandano incessantemente al loro Autore: “Le creature di suo non ci allontanano da Dio, ma ci portano a lui, perché le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da Lui compiute (Rm 1,20).
Se invece ci distolgono da Dio, è per colpa di coloro che ne usano stoltamente. Perciò sta scritto: "Le creature sono divenute un laccio ai piedi degli stolti" (Sap 14,11).
Anzi, il fatto stesso che distolgano da Dio, attesta che provengono da lui, poiché non svierebbero gli stolti da lui, se non li lusingassero con qualche lato buono, che posseggono e che ricevono da Dio” (Somma teologica, I, 65, 1, ad 3).
Altrove dice che Le creature ci manifestano Dio e ce lo nascondono.
E ancora: “Ogni uomo ha la facoltà naturale di conoscere Dio e di amarlo e questa facoltà è fondata nella natura stessa della mente, che è comune a tutti gli uomini” (Somma teologica, I, 93, 4).

9. C’è infine una via superiore a tutte per conoscere Dio, ed è quella indicata da Gesù quando ha detto: “Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui” (Gv 14,21).
Questa non è semplicemente una conoscenza, ma un’esperienza di Dio.
San Tommaso osserva (sta parlando per esperienza personale) che “chi è puro, custodisce Dio dentro di sé come in un Tempio.
La purezza dai cattivi pensieri fa sì che gli uomini vedano Dio da contemplare nel tempio del proprio corpo. Niente infatti impedisce la spirituale contemplazione come l’immondezza della carne” (Commento a Matteo 5, 8).
Si vede tutto con nitidezza, anche Dio, quando ci si preoccupa di tenere pura la mente, puro il cuore e puro il corpo.

10. Ecco, ti ho indicato la strada non solo per conoscere l’esistenza di Dio, ma anche per incontrarlo.

Assicuro la mia preghiera perché questo incontro arrivi presto e tu possa dire insieme con Sant’Agostino: “Tardi ti ho amato, bellezza così antica e così nuova, tardi ti ho amato. Tu eri dentro di me, e io fuori. E là ti cercavo.
Deforme, mi gettavo sulle belle forme delle tue creature.
Tu eri con me, ma io non ero con te.
Mi tenevano lontano da te quelle creature che non esisterebbero se non esistessero in te.
Mi hai chiamato, e il tuo grido ha squarciato la mia sordità.
Hai mandato un baleno, e il tuo splendore ha dissipato la mia cecità.
Hai effuso il tuo profumo; l’ho aspirato e ora anelo a te.
Ti ho gustato, e ora ho fame e sete di te.
Mi hai toccato, e ora ardo dal desiderio della tua pace” (Confessioni, 10, 27.38).

Ti ringrazio per il quesito e ti benedico.
Padre Angelo