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Quesito
Padre carissimo,
Oggi sperimento come Dio sia davvero il Fondamento della mia vita.
Ogni mattina svegliandomi il primo pensiero va a Lui, ogni sera prima di riposare passo il tempo necessario a pregare.
Vivo le giornate con un rinnovato ottimismo, pensando alla Bellezza del Creato e all’Onnipotenza del Signore.
Non mi sento mai solo, so che Dio è con me.
Padre, inizio a sperimentare, insieme allo smarrimento, una sorta di Felicità, diversa dalle altre.
Sento importante parlare di Dio anche a chi non crede.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. quando ho letto la tua mail nell’inoltrato pomeriggio di ieri avevo appena finito di parlare dell’inabitazione di Dio nella nostra anima.
L’inabitazione è una presenza diversa da quella che sotto il profilo teologico viene definita presenza di immensità.
2. Per presenza di immensità si intende che Dio è in tutte le creature perché le sostiene, le conosce perfettamente e da lui ricevono tutto quello che hanno.
La presenza di immensità è quella di cui si legge già nell’Antico Testamento: “Dove andare lontano dal tuo spirito, dove fuggire dalla tua presenza? Se salgo in cielo, là tu sei, se scendo negli inferi, eccoti” (Sal 139,7-8).
Ed è quella cui si riferisce San Paolo quando parlò ad un consesso di filosofi stoici ed epicurei nell’areopago di Atene: “Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene… non è lontano da ciascuno di noi.
In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo” (At 17,24.27-28).
3. Nella tua mail accenni all’incanto provato per questa presenza di immensità, perché tutto parla della potenza del Padre, della sapienza del Figlio e della bontà dello Spirito Santo.
Della potenza del Padre: perché tutto sussiste per suo volere.
Della sapienza del Figlio: perché tutto è stato fatto secondo un suo sapientissimo disegno, di cui la scienza umana coglie soltanto qualcosa, quasi come un’ombra della realtà.
Della bontà dello Spirito Santo perché tutte le realtà materiali non sanno neanche di esistere ma esistono come dono di Dio per noi, come riflesso della sua bontà.
4. Si legge di un santo che passando per i campi, tra i ruscelli d’acqua, tra gli animali, il cinguettio degli uccelli e gli alberi in fiore si sentiva morire d’amore e diceva: “Tacete, tacete perché mi si scoppia il cuore”.
Tutti gli uomini dovrebbero vedere in ogni opera del creato un’eco dell’amore di Dio per ciascuno di noi.
Sono note le belle espressioni del Metastasio: “Ovunque il guardo giro, immenso Dio ti vedo. Nell’opre tue t’ammiro, ti riconosco in me”.
5. Ma accanto a questa presenza di Dio, che i teologi chiamano “presenza di immensità”, ce n’è un’altra ben più grande e più preziosa: è la presenza personale, e non semplicemente morale, di Dio nel cuore di una persona.
Ne accenna già l’Antico Testamento là dove si afferma che “la sapienza (Dio) non entra in un’anima che opera il male né abita un corpo schiavo del peccato” (Sap 1,4).
In maniera molto esplicita ne parla Nostro Signore nell’ultima cena quando dice: “Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui” (Gv 14,23).
6. Vanno soppesate tutte le parole una per una.
Gesù parla di una presenza personale e non solo affettivo e morale.
Anzi, di una presenza stabile perché dice: “Noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui”.
È una presenza legata allo stato di grazia perché Gesù ha premesso: “Se uno mi ama osserva la mia parola”.
Ora è proprio degli amici, come diceva già l’antico Aristotele, avere un medesimo volere e disvolere.
Siamo amici del Signore se siamo in concordia con i suoi comandamenti, se li amiamo e li osserviamo volentieri.
È dunque una presenza legata allo stato di grazia.
Ed è una presenza che viene meno qualora non si osserva la sua parola col peccato grave.
7. Sant’Elisabetta della Trinità, quand’era postulante al Carmelo di Digione, confidò ad una collega di sentire la presenza personale di Dio nel suo cuore.
Temeva però di poter dire una cosa così grande e attese il confessore per essere illuminata sulla consistenza di questa presenza.
Il confessore era il domenicano Padre Vallé. Appena questi le confermò la realtà di quella presenza, Elisabetta subito come una freccia si inabissò in Dio, desiderosa soltanto che il domenicano cessasse di parlare perché disturbava il suo colloquio con Dio.
8. San Giovanni insiste su questa presenza personale di Dio legata alla carità, allo stato di grazia.
Nelle sue lettere scrive: “Dio è carità; e chi rimane nella carità, rimane in Dio e Dio in lui” (1 Gv 4,16).
E ancora: “Se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi. Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito”(1 Gv4,12-13).
9. Prova anche tu a vivere questa comunione, nella persuasione che Dio è presente nella tua anima in grazia.
San Bernardo diceva che avvertiamo questa presenza dal moto del cuore.
Nello stesso tempo séntiti nel cuore di Dio, contenuto in Dio come in un grembo; séntiti avvolto dai vari misteri della vita di Cristo, soprattutto quando li contempli nel rosario.
È un’esperienza di cielo. Quando cominci a viverla, non vorresti più dismetterla.
10. Scrive Sant’Elisabetta della Trinità, morta nel 1906 a 26 anni: “La mia occupazione continua è rientrare nell’intimo e perdermi in Coloro che vi abitano… Lo sento così vivo nell’anima mia che basta che io mi raccolga per trovarlo qui, dentro di me. Ed è tutta la mia felicità” (Lettera al canonico Angles, 15 luglio 1903); “io ho trovato sulla terra il mio cielo; perché il cielo è Dio, e Dio è nell’anima mia. Il giorno in cui l’ho compreso, tutto per me si è illuminato; vorrei svelare questo segreto a tutti quelli che amo, perché anch’essi aderiscano sempre a Dio e si realizzi così la preghiera di Cristo: Padre, che siano perfetti nell’unità” (Lettera alla Signora De Sourdon, 1902).
Auguro a te e ai nostri visitatori di giungere a questo vertice di vita cristiana,
Per questo ti benedico e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo