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Buonasera padre Angelo,
Ho letto diverse Sue risposte sul sito internet “amici domenicani” a diversi quesiti e li ho trovati molto interessanti ed esaurienti.
Oggi, vorrei porLe io una domanda. Sono una persona credente, cerco di fare del mio meglio, ma so che la mia fede non è perfetta. A volte, parlando con altri, vorrei poter saper rispondere in modo più adeguato, ma spesso mi trovo in difficoltà. Diverse persone mi dicono che non occorre credere in Dio per avere una retta coscienza, che è solo una questione di sensibilità. In effetti, ho potuto constatare che ci sono persone che si definiscono atee o gnostiche, ma che sono brave persone, talvolta migliori di chi dice di credere in Dio ed e’ anche praticante. La mia domanda è: “Come posso rispondere a chi afferma che non occorre credere in Dio per avere una coscienza morale retta?”
La ringrazio per l’attenzione che, spero, vorrà dedicarmi.
Cordialmente,
Maria Rosa


Cara Maria Rosa,
1. se per retta coscienza s’intende onestà di vita di per sé non è necessario credere in Dio per essere onesti.
I dieci comandamenti sono scritti nel nostro cuore e indirizzano la vita di tutti, credenti e non credenti.

2. San Paolo nella lettera ai Romani scrive: “Quando i pagani, che non hanno la Legge, per natura agiscono secondo la Legge, essi, pur non avendo Legge, sono legge a se stessi.
Essi dimostrano che quanto la Legge esige è scritto nei loro cuori, come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2,14-15).

3. La legge di cui parla San Paolo è costituita dai 10 comandamenti.
Questi sono stati scritti da Dio prima nel cuore di ogni uomo e poi anche su tavole di pietra.
Sant’Agostino ne porta la ragione: “Affinché gli uomini non potessero lagnarsi che la legge era incompleta, Dio ha scritto sulle tavole della legge ciò che essi non leggevano nei loro cuori. Certamente questi precetti vi erano scritti, ma non volevano leggerli. Dio li mise sotto i loro occhi perché fossero costretti a vederli nella loro coscienza: la voce di Dio, avvicinandosi in qualche modo agli uomini esteriormente, li costrinse a rientrare nel loro intimo” (In Psalm., 57,1).

4. Il Catechismo della Chiesa Cattolica scrive: “I dieci comandamenti… mettono in luce i doveri essenziali e, quindi, indirettamente, i diritti fondamentali inerenti alla natura della persona umana.
Il decalogo contiene un’espressione privilegiata della legge naturale” (CCC 2070).
E poi soggiunge: “Quantunque accessibili alla sola ragione, i precetti del decalogo sono stati rivelati.
Per giungere ad una conoscenza completa e certa delle esigenze della legge naturale, l’umanità peccatrice aveva bisogno di questa rivelazione.
Noi conosciamo i comandamenti di Dio attraverso la Rivelazione divina che ci è proposta dalla Chiesa, e per mezzo della voce della coscienza morale” (CCC 2071).

5. Certo ci si dovrà pur interrogare: come mai in tutti gli uomini di tutti i tempi si trovano scritti all’interno della coscienza questi principi morali, che vengono anche detti di diritto naturale?
Allora da questi principi di diritto naturale è facile giungere al loro autore, Dio.
Dice il Concilio Vaticano II: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa questo, fuggi quest’altro.
L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (Gaudium et spes, 16).

6. Non solo, ma per osservarli tutti e integralmente è necessario essere sorretti dalla conoscenza dell’obiettivo della nostra vita.
Perché se non esistesse una vita futura e la rimunerazione per quanto si è fatto nel bene nel male, converrebbe mangiare e bere perché domani si deve morire (1 Cor 15,32) e cioè darsi al divertimento.

7. Pertanto la conoscenza di Dio non è necessaria di per sé per la conoscenza della legge morale, ma per l’osservanza integra e fedele della legge morale, compresa quella che permette di orientare la vita presente a quella futura.
Ed è quella racchiusa nei primi tre precetti decalogo, quelli che fondano la cosiddetta morale religiosa.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo