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Quesito
Caro Padre Angelo,
in merito alla Questione 23 della prima parte della Somma teologica, personalmente faccio fatica ad accettare la posizione che Dio abbia già deciso chi salvare lasciando che altri, non per volontà propria, siano riprovati. Lo so che questo mio dubbio rasenta la posizione di Pelagio, però mi inquieta anche pensare a una salvezza predestinata non per tutti. Su questi punti ho bisogno dei suoi preziosi chiarimenti, perché probabilmente non riesco a comprendere appieno il Dottor Angelico, proprio là dove parla della predestinazione come parte della provvidenza nella Q. 23. Nell’articolo 3 Dio riprova qualcuno. Nell’articolo 7 il numero dei predestinati è determinato. C’è una sola predestinazione è vero, a differenza dei protestanti, ma il santo parla anche di riprovazione divina di persone umane a prescindere dalle loro azioni… "Dio volle che tra gli uomini alcuni da lui predestinati rappresentassero la sua bontà sotto l’aspetto della misericordia e uso’ ad essi misericordia; volle invece che altri da lui riprovati rappresentassero la sua bontà sotto l’aspetto della giustizia e di sottoporre alla punizione. Questo è il motivo per cui Dio elegge alcuni e riprova altri" . Proprio l’articolo 5 in particolare, ma in generale anche gli altri articoli (3,7) della Questione suddetta, mi tolgono un po’ il piacere bellissimo della lettura della Somma teologica. Le chiedo cortesemente una preghiera perché possa comprendere la Questione sulla predestinazione. Avevo letto una sua risposta in merito con cui concordo in tutto. Lei aveva chiarito che la Grazia a tutti è concessa ma sta poi al nostro libero arbitrio farne buon uso per essere meritevoli della salvezza eterna o beatitudine sovrannaturale. Una grazia che persino alcuni angeli hanno disatteso per superbia e conseguente invidia. Tuttavia, non mi sembra che Tommaso la pensi proprio così, come nella sua risposta, almeno negli articoli sulla Predestinazione. Un conto è dire che le opere buone siano possibili per la Grazia Divina e con ciò meritevoli (pienamente d’accordo); un altro conto è dire che Dio volle che tra gli uomini alcuni siano predestinati alla salvezza e altri riprovati. Come posso conciliare queste due differenti affermazioni?
Grazie per la pazienza e per la sua eventuale risposta di chiarimento.
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. intanto mi compiaccio per il tuo studio della Somma teologica di San Tommaso e anzi per lo studio di uno dei punti certamente più difficili.
2. A beneficio dei nostri visitatori è giusto ricordare ciò che san Tommaso intende per predestinazione, termine peraltro usato da San Paolo in Rm 8,30.
Ebbene ecco che cosa dice: “Tutto è sottoposto alla divina provvidenza come si è dimostrato.
Appartiene poi alla provvidenza, come si è visto, indirizzare le cose al fine.
E il fine a cui le cose sono ordinate da Dio è duplice.
Uno, che sorpassa i limiti e la capacità di ogni natura creata, e tale fine è la vita eterna consistente nella visione di Dio, che trascende la natura di ogni essere creato, come fu già dimostrato.
L’altro fine, invece, è proporzionato agli esseri creati; e cioè ogni cosa creata lo può raggiungere con le sue capacità naturali.
Ora, quando (si tratta di un fine) che un essere non può raggiungere con le forze naturali, è necessario che un altro ve lo porti, come la freccia è lanciata verso il bersaglio dall’arciere. Per tal motivo la creatura ragionevole, capace della vita eterna, è, strettamente parlando, condotta e come trasferita in essa da Dio. (…).
Perciò il disegno della predetta trasmissione o trasferimento della creatura ragionevole al fine della vita eterna, si chiama predestinazione: infatti destinare vuol dire mandare” (Somma teologica, I, 23, 1).
2. Su questo punto pertanto non vi è alcuna ombra: se l’obiettivo al quale l’uomo è destinato è un obiettivo che sorpassa le sue forze perché è un obiettivo di ordine soprannaturale, è necessario che qualcuno ve lo conduca.
Questa è la provvidenza di Dio per l’uomo che da Lui viene condotto alla vita eterna mediante la fede, la grazia e mediante il possesso di Dio con la visione beatifica, detta anche gloria.
Questa provvidenza viene chiamata anche predestinazione.
3. Il problema nasce per coloro che non giungono alla salvezza eterna.
Perché non vi giungono? Forse perché Dio non vuole? No, per carità perché il Signore “vuole che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità” (1 Tm 2,4).
Dio vuole che tutti siano predestinati, che ricevano i mezzi soprannaturali per giungere in Paradiso, per salvarsi.
4. Pertanto se non ricevono i mezzi per essere predestinati, che è la stessa cosa che essere salvati, è solo perché li hanno rifiutati.
A coloro che li rifiutano, Dio li sottrae.
Se possono portare un esempio molto materiale ma che rende l’idea: se l’avventore rifiuta una portata che l’oste gli presenta, questi doverosamente gliela sottrae e si conforma alla volontà dell’avventore.
5. La riprovazione di cui parla San Tommaso ha proprio questo significato.
Non ha il significato che ha nel nostro vocabolario di volontaria condanna.
È una permissione, perché la volontà di Dio sarebbe proprio il contrario.
Ecco le sue precise parole: “Poiché gli uomini vengono indirizzati alla vita eterna dalla provvidenza divina, appartiene ad essa il permettere che alcuni manchino di raggiungere questo fine.
E ciò si dice riprovare” (Somma teologica, I, 23, 3).
Dunque riprovazione non significa condanna, ma “permissione”.
6. Così si comprende il resto delle affermazioni di San Tommaso: “Quindi come la predestinazione (traduci: la salvezza) è parte della provvidenza relativamente a coloro che da Dio vengono ordinati alla salvezza eterna; così la riprovazione (traduci: la permissione) è parte della divina provvidenza rispetto a coloro che non raggiungono tale fine.
Quindi la riprovazione (traduci: la permissione) non dice soltanto prescienza: ma vi aggiunge concettualmente qualche cosa, come abbiamo già visto per la provvidenza. Difatti, come la predestinazione (traduci: la salvezza) include la volontà di conferire la grazia e la gloria, così la riprovazione (traduci: la permissione) include la volontà di permettere che qualcuno cada nella colpa, e la volontà di infliggere la pena della dannazione per il peccato” (Ib.).
7. C’è un’affermazione nella tua mail che non è corrispondente a quanto dice San Tommaso ed è questa: “ma il santo parla anche di riprovazione divina di persone umane a prescindere dalle loro azioni”…
Ebbene, san Tommaso dice proprio il contrario nel ad 2 dell’articolo 3: “Quanto al modo di causare, la riprovazione (permissione) si comporta altrimenti dalla predestinazione (salvezza).
La predestinazione (salvezza), infatti, è causa tanto di ciò che è atteso dai predestinati nella vita futura, cioè della gloria, quanto di ciò che da essi è percepito nel presente, cioè della grazia.
La riprovazione (permissione) invece non è causa di ciò che si verifica nella vita presente, cioè della colpa; ma solo causa dell’abbandono da parte di Dio. È però causa di quel che sarà inflitto nel futuro, cioè della pena eterna.
Ma la colpa proviene dal libero arbitrio di colui che è riprovato ed abbandonato dalla grazia. E così si avvera il detto del profeta: "La tua perdizione proviene da te, o Israele" (Os 13,9 Vg)” (Somma teologica, I, 23, 3, ad 2).
(Ricorda l’esempio fatto: se la portata non è più davanti all’avventore è perché l’avventore l’ha rifiutata e l’oste giustamente gliel’ha sottratta. Ma questo non dipende dalla volontà dell’oste ma dell’avventore).
7. Pertanto il “volle invece che altri da lui riprovati rappresentassero la sua bontà sotto l’aspetto della giustizia e di sottoporre alla punizione” è un volere conseguente al volere del libero arbitrio umano.
La riprovazione o permissione non comporta in nessun modo un influire positivamente nella colpa, ma il non impedire.
Questo non impedire non è disinteresse perché Dio vuole tutti salvi, e pertanto a tutti offre i beni del cielo e fa di tutto perché li conseguano attraverso tante grazie attuali.
Ma alcuni le rifiutano sistematicamente e Dio permette che si ostinino.
E così da se stessi scelgono la loro condanna.
Ti ringrazio di questo quesito, che mi ha permesso di ritornare su queste belle pagine di san Tommaso.
Ti auguro un gran bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo