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Quesito

Caro padre,
in casa mia si è comprato qualche giorno fa il libro del dialogo tra il Papa e Scalfari, l’ho solamente sfogliato, ma ho letto due affermazioni  che mi hanno abbastanza turbato (“Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene” e “E qui lo ripeto. Ciascuno ha una sua idea del Bene e del Male e deve scegliere di seguire il Bene e combattere il Male come lui li concepisce. Basterebbe questo per migliorare il mondo”).
Proprio in questi giorni si chiude la raccolta firme "UnoDiNoi" in difesa dell’embrione umano e mi è capitato di parlare varie volte con qualche amico o parente riguardo la dignità del concepito. A quanto mi sembra di capire dalle parole del Papa, però, io non mi sarei dovuto sforzare di far capire al mio interlocutore il valore di ogni essere umano non ancora nato,  ma avrei dovuto "incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene" (cioè l’aborto, la sperimentazione sugli embrioni e "diritti" simili). E se mi trovassi di fronte ad un nazista, schiavista, terrorista o quant’altro dovrei appunto "incitarlo" a continuare per la sua strada (che ritiene giusta)? Nel mondo si riscontra effettivamente un certo relativismo etico (conseguenza forse del peccato originale?) per cui un sacerdote precolombiano credeva cosa buona e giusta il sacrificio umano, un faraone egizio il matrimonio con la propria sorella, Socrate l’amoreggiare con giovincelli, un dottore moderno il praticare centinaia di aborti, e così via… Il compito del cristiano è quello di assecondare errori più o meno gravi della coscienza come questi o l’esercitare una decisa "correzione fraterna"?
Può fare chiarezza riguardo le parole del Papa?
Grazie 
Michele 


Risposta del sacerdote

Caro Michele,
1. ti ringrazio per la pazienza nell’attendere una mia risposta.
Nel frattempo sono successe diverse cose: il ritiro dell’intervista dall’Osservatore Romano e poi le dichiarazioni di Scalfari, il quale ha detto candidamente che non aveva portato con sé il registratore, che quelle riportate erano più o meno le parole del Papa, anzi, che alcune non le aveva neanche pronunciate, ma secondo lui il senso era quello,  che aveva mandato l’intervista al Papa prima della pubblicazione e che il Papa attraverso il segretario gli aveva detto che non l’aveva letta e che si fidava.
Certo i contenuti pubblicati in quell’intervista avevano destato in molti un vivo stupore perché contenevano affermazioni erronee e inaccettabili.
Adesso sappiamo che quelle non erano le parole del Papa, ma le parole di Scalfari, dopo l’intervista fatta al Papa e messe sulla bocca del Papa.
Il fatto che l’Osservatore Romano le abbia ritirate è segno più che eloquente che il Papa di fatto non si è riconosciuto in quelle parole.

2. Sebbene il caso si sia sgonfiato, credo sia utile tornare sulle espressioni che tu mi hai sottoposto: “Ciascuno di noi ha una sua visione del Bene e del Male. Noi dobbiamo incitarlo a procedere verso quello che lui pensa sia il Bene”.
Quest’affermazione fa pensare che non esistano dei criteri comuni e oggettivamente validi per tutti per determinare ciò che è bene e ciò che è male. Che la legge morale sia dunque relativa.
Ma è un’affermazione sbagliata.
È negata dalla Sacra Scrittura e da vari interventi del Magistero.

3. Secondo l’insegnamento della Chiesa esistono norme oggettive e conoscibili da tutti. Esse costituiscono quel primo gruppo di principi morali o di valori che si formano subito appena la ragione si applica a dirigere un’azione.
Sono identici in tutti gli uomini e non possono essere corrotti.
Praticamente s’identificano con la cosiddetta sinderesi, e a cioè ai primi principi morali della coscienza.
Ad essi si riferisce San Paolo quando dice che anche i pagani, che non hanno legge di Mosè, seguono tuttavia la loro coscienza e alla sua luce pronunciano i loro giudizi: “Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi; essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono” (Rm 2,14-15).

4. A questa legge si riferisce anche il Concilio Vaticano II quando afferma: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa questo, fuggi quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (GS 16).

5. Paolo VI esprime il medesimo concetto quando dice: “Bisogna, innanzitutto, rilevare che la coscienza, di per se stessa, non è arbitra del valore morale delle azioni ch’essa suggerisce. La coscienza è l’interprete d’una norma interiore e superiore; non la crea da sé. Essa è illuminata dalla intuizione di certi principi normativi, connaturali nella ragione umana (s. tommaso, Somma teologica, I, 79, 12 e 13; I-II, 94, 1);
la coscienza non è la fonte del bene e del male;
è l’avvertenza, è l’ascoltazione di una voce, che si chiama appunto la voce della coscienza,
è il richiamo alla conformità che un’azione deve avere ad una esigenza intrinseca all’uomo, affinché l’uomo sia vero e perfetto.
Cioè è l’intimazione soggettiva e immediata di una legge, che dobbiamo chiamare naturale, nonostante che molti oggi non vogliano più sentir parlare di legge naturale” (12.2.1969).
Sottolineo l’espressione dove il Papa parla di una legge che compare da sola nella coscienza, che illumina attraverso un’intuizione, senza ragionamenti su ciò che è bene o male.

6. Ugualmente Giovanni Paolo II: “La coscienza morale non è un giudice autonomo delle nostre azioni. Essa desume i criteri dei suoi giudizi da quella legge divina, eterna, oggettiva e universale, da quella verità immutabile di cui parla il testo conciliare (Conilcio Vaticano II, Dignitatis humanae, 3): quella legge, quella verità che l’uomo può scoprire nell’ordine dell’essere.
È per questa ragione che il Concilio dice che l’uomo, nella sua coscienza, è solo con Dio.
Si noti: il testo non si limita ad affermare: è solo, ma aggiunge con Dio.
La coscienza morale non chiude l’uomo dentro un invalicabile ed impenetrabile solitudine, ma lo apre alla chiamata, alla voce di Dio.
In questo, non in altro, sta il mistero e la dignità della coscienza morale: nell’essere cioè il luogo, lo spazio santo nel quale Dio parla all’uomo. Di conseguenza, se l’uomo non ascolta la propria coscienza, se consente che in essa prenda dimora l’errore, egli spezza il vincolo più profondo che lo stringe in alleanza con il suo Creatore” (17.8.1983).

7. A questo punto ci domandiamo: quale legge compare nella nostra coscienza?
È una legge valida per tutti? Si può corrompere in qualcuno?
San Tommaso dice che “circa i primi principi, la legge naturale non può cancellarsi del tutto dal cuore dell’uomo a livello universale” (Somma teologica, I-II, 94, 6).
Anzi, “la ragione umana non può sbagliare nella conoscenza astratta dei principi più comuni della legge naturale” (Ib., I-II, 92, 2, ad 2).
Egli afferma categoricamente: “Il ruolo della sinderesi (primi principi della coscienza, n.d.r.) è di protestare contro il male e di inclinare al bene. E in ciò non può esserci deficienza” (s. tommaso, De Veritate, 16, 2).
La sinderesi è intatta anche negli infedeli per ciò che riguarda la luce naturale” (s. tommaso, In II Sent., 39, 3, 1, ad 3).
Essa, dunque, è indistruttibile e nei suoi primi principi è identica in tutti gli uomini.

8. Può essere turbata in alcune persone a causa di alcuni impedimenti, come la pazzia, che non permette di essere consapevoli di ciò che si fa. Ma terminata la perturbazione, la sinderesi torna a risplendere.
Essa rimane anche nei dannati, la cui mente resta naturalmente inclinata al bene e, proprio per questo, mormora contro la volontà bloccata nell’ostinazione al male (Ib., d. 39, q.3, a.1, ad 4).
Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricalca ilo medesimo pensiero: “La legge naturale è immutabile e permane inalterata attraverso i mutamenti della storia; rimane sotto l’evolversi delle idee e dei costumi e ne sostiene il progresso.
Le norme che la esprimono restano sostanzialmente valide.
Anche se si arriva a negare i suoi principi, non la si può però distruggere, né strappare dal cuore dell’uomo.
Sempre risorge nella vita degli individui e delle società” (CCC 1958).

9. Quali sono questi principi immutabili presenti nella coscienza di tutti e che non possono corrompersi?
Dice San Tommaso: “L’ordine dei precetti della legge naturale segue l’ordine delle inclinazioni naturali.
– Infatti prima di tutto troviamo nell’uomo l’inclinazione a quel bene di natura, che ha in comune con tutte le sostanze: cioè in quanto ogni sostanza tende per natura alla conservazione del proprio essere. E in forza di questa inclinazione appartiene alla legge naturale tutto ciò che giova a conservare la vita umana, e ne impedisce la distruzione.
– Secondo, troviamo nell’uomo l’inclinazione verso cose più specifiche, per la natura che ha in comune con gli altri animali. E da questo lato appartengono alla legge naturale "le cose che la natura ha insegnato a tutti gli animali", p. es., l’unione del maschio con la femmina, la cura dei piccoli, e altre cose consimili.
– Terzo, troviamo nell’uomo un’inclinazione verso il bene che è conforme alla natura della ragione, e che è propriamente umano: l’inclinazione naturale, p. es., a conoscere la verità su Dio, e a vivere in società. E da questo lato appartengono alla legge naturale le cose riguardanti codesta inclinazione: vale a dire la fuga dell’ignoranza, il rispetto di coloro con i quali si deve convivere, e altre cose del genere” (Somma teologica, I-II, 94,2).
Questi principi sono dunque il diritto alla vita (autoconservazione), il diritto di mettersi su famiglia, ildiritto di conoscere la verità e di vivere in società.
Questi diritti non li dà la società, perché le sono antecedenti.
La società ha il compito di riconoscerli e tutelarli.
Anche in Scalfari, per quanto relativista, vi sono questi diritti. E sono intatti anche nella loro conoscenza. Tant’è vero che se qualcuno osa calpestarglieli, reagisce ed è pronto a denunciarlo.
Non gli risponde in nome del relativuismo: “Tu agisci secondo la tua coscienza, allora ti debbo lascia fare”. 

10. Ci può essere errore invece nel patrimonio di valori, di esperienze e di giudizi che i singoli aggiungono ai primi principi della coscienza, della sinderesi. Qui gli influssi dell’educazione, dei cattivi comportamenti, della cultura, dell’ambiente… fanno sentire il proprio peso.
Dice San Tommaso: “Rispetto ai principi secondari, la legge morale può essere cancellata dal cuore dell’uomo o per ragionamenti sbagliati, il che avviene anche in campo speculativo… oppure per costumi perversi o per abiti operativi corrotti. Ecco perché per alcuni non erano considerati peccaminosi i latrocini oppure come riferisce S. Paolo, certi vizi contro natura” (s. tommaso, Somma teologica, I-II, 94, 6; I-II, 99, 2, ad 2).
“La legge naturale può essere cancellata nei casi concreti quando la ragione è impedita dalla concupiscenza o da altre passioni di applicare il principio universale a un’azione particolare” (Ib., I-II, 94, 6); e ancora: “per le abitudini peccaminose tale conoscenza viene ad oscurarsi nell’agire concreto” (Ib., I-II, 94, 6).
Proprio perché questa legge può essere corrotta o cancellata è doveroso l’impegno culturale ed etico di tutti, soprattutto dei cristiani.

11. Opportunamente Giovanni Paolo II ha detto che “non è sufficiente dire: Segui sempre la tua coscienza.
È necessario aggiungere subito e sempre:Chiediti se la tua coscienza dice il vero o il falso e cerca instancabilmente di conoscere la verità”.
Se non si facesse questa necessaria precisazione, l’uomo rischierebbe di trovare nella sua coscienza una forza distruttrice della sua umanità vera, anziché il luogo santo ove Dio gli rivela il suo bene” (17.8.1983).

12. Va ricordato infine che l’ignoranza della legge morale può essere dovuta ad un’ignoranza invincibile ma colpevole.
Il Concilio ricorda che “succede non di rado che la coscienza sia erronea per ignoranza invincibile, senza che per questo perda la propria dignità” (GS 16). In tal caso “il male commesso dalla persona non può esserle imputato. Nondimeno resta un male, una privazione, un disordine. È quindi necessario adoperarsi per correggere la coscienza morale dai suoi errori” (CCC1793).
Talvolta, però, può essere colpevole: “Ma ciò non si può dire quando l’uomo poco si cura di cercare la verità e il bene, e quando la coscienza diventa quasi cieca in seguito all’abitudine del peccato” (GS 16).
Quest’ignoranza è invincibile, sì, ma colpevole.
Nessuna condotta può essere giustificata in forza di un relativismo che può essere colpevole.

13. Ecco dunque, caro Michele, il mio tentativo di far chiarezza non intorno alle parole del Papa, ma alle parole di Scalfari e che Scalfari in buona fede ha fatto passare come parole del Papa.
Non dobbiamo dimenticare infatti il grande principio di Aristotele: “quid quid recipitur, ad modum recipentis recipitur” (Tutto ciò che è ricevuto, è ricevuto al modo del recipiente).
Il recipiente (Scalfari) con il quale il Papa ha parlato è un recipiente che per motivi che non sta a me giudicare ha conservato intatta la sinderesi, ma ha offuscato o cancellato molti altri principi.
Di qui il suo modo di apprendere le parole del Papa e il suo modo di diffonderle.

14. Rispondo oggi (17 gennaio) alla tua del 23 ottobre. Sono passati quasi tre mesi.
Ne passeranno altri (cinque o sei) prima che questa risposta venga pubblicata.
Sono convinto però che conserverà intatto il suo valore.

Ti ringrazio del quesito che mi hai posto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo