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Quesito

Caro Padre Angelo,
è sempre un piacere scriverle, mi domandavo recentemente quale fosse la funzione di un Frate Predicatore in una società come la nostra, dove il ministero della Predicazione è affidato a tutti, e non solo ai Vescovi e ai Domenicani.


Risposta del sacerdote

Carissimo,
1. è vero, l’Ordine domenicano è sorto in un tempo in cui in genere solo i vescovi predicavano.
Non che vi fosse per il clero secolare una proibizione di predicare, ma semplicemente perché l’abitudine era quella.

2. Oggi predicano tutti, e senza dubbio si tratta di un gran bene perché la gente ha bisogno di essere ammaestrata dalla parola del Signore.

3. Ciò non di meno il compito dei domenicani non è diventato superfluo meno per una doppia serie di motivi.
Il primo, perché la predicazione non è solo quella che si fa in Chiesa durante la liturgia.
Si predica anche con l’insegnamento, con gli scritti, con l’arte, con la ricerca scientifica, con la predicazione itinerante e sotto qualsiasi altra forma.

4. Il secondo: c’è qualche cosa di diverso nella predicazione dei domenicani
La loro predicazione sgorga dalla loro vita, che è una vita di unione con Dio mediante la contemplazione, lo studio, la vita comune, la preghiera personale e corale e la vita regolare.
È la loro vita che li induce a predicare in un determinato modo e questa loro vita è stata sintetizzata da San Tommaso in una celebre espressione: contemplare e comunicare agli altri le realtà contemplate (contemplari et contemplata aliis tradere).

5. Vorrei ricordare brevemente in che cosa consista la contemplazione.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che è “sguardo di fede fissato su Gesù, ascolto della parola di Dio, silenzioso amore, unione con la preghiera di Gesù e con i misteri della sua vita” (CCC 2724).
In questi vari momenti della contemplazione si sperimenta un senso di sazietà, di pienezza della presenza di Dio nel cuore, che ne rimane impregnato come una spugna e gode di una pace e di una gioia che non è di questa mondo e che sorpassa ogni conoscenza.

6. S. Tommaso fa un riferimento alla spiritualità domenicana, a quello che viveva lui e a quello che vivevano i suoi confratelli domenicani, quando commenta il versetto 9 del salmo 36 dove si legge “si saziano dell’abbondanza della tua casa: tu li disseti al torrente delle tue delizie” (Sal 36,9):
“È l’amore dello Spirito Santo che fa irruzione nell’anima come un torrente impetuoso, perché la sua volontà è così efficace che nessuno può resistergli; non si trattiene un torrente.
Gli uomini spirituali sono inebriati di delizie perché tengono la loro bocca aderente alla sorgente della vita” (s. tommaso, In Ps. 36 (35),9).
San Tommaso dunque sperimentava nella propria vita che lo Spirito Santofaceva irruzione dentro la sua anima come un torrente.
Sentiva che l’azione dello Spirito era così forte da sentirsene travolto e nello stesso tempo era inebriato di grazia e di gaudio celeste.
Questa esperienza era per un lui una pregustazione della beatitudine del paradiso: “inchoatio quaedam beatitudinis” (“un certo inizio della beatitudine” (Somma teologica, II-II, 180, 4).

7. Proprio perché sgorga da questa esperienza la parola dei domenicani è accompagnata quasi come per una grazia di stato dalla “grazia della parola”.
La “grazia della parola” è un carisma che Dio dona perché si possa parlare con efficacia.
E si parla con efficacia quando il discorso ha queste tre caratteristiche:
1. è solido, capace di rispondere alle domande dell’intelligenza,
2. piace e si ascolta volentieri perché suscita entusiasmo,
3. è capace di piegare l’animo degli interlocutori a fare.

8. Scrive San Tommaso: “Poiché dunque lo Spirito Santo non fa mancare nulla di quanto giova al bene della Chiesa, così egli ha provveduto ai membri di essa anche riguardo ai loro discorsi: facendo sì che non solo parlassero in modo da poter essere compresi da genti diverse, mediante il dono delle lingue, ma anche parlassero con efficacia, mediante il carisma della parola.
E tale efficacia si esplica in tre modi.
Primo, istruendo l’intelletto dell’ascoltatore: e ciò avviene quando uno parla in modo "da insegnare" (ut doceat).
Secondo, muovendo gli affetti, così da fare ascoltare volentieri la parola di Dio: il che avviene quando uno parla in modo "da piacere" agli uditori (ut delectet).
Terzo, facendo sì che uno ami le cose che vengono espresse dalla parola, e voglia metterle in pratica: e ciò avviene quando uno parla in modo "da convincere" chi lo ascolta (ut flectat).
E per compiere tutto ciò lo Spirito Santo si serve certamente della parola umana come di un certo strumento, ma è lui che porta a termine l’opera interiormente. Da cui l’affermazione di S. Gregorio: "Se lo Spirito Santo non riempie il cuore degli uditori, invano risuona agli orecchi del corpo la voce dei predicatori"” (S. Tommaso, Somma teologica, II-II, 177, 1).

9. Ecco dunque perché ha ancora senso l’Ordine dei Predicatori.
È un discorso analogo a quelle delle scuole cattoliche. Queste  sono nate quando lo stato non provvedeva all’istruzione dei cittadini.
Adesso, grazie a Dio, vi provvede. Ma la scuola cattolica conserva il suo significato perché ha un timbro particolare.
E un timbro particolare l’ha anche la predicazione domenicana.

Ti ringrazio del quesito. So che ti interessa per il tuo avvenire, che ti auguro radioso.
E proprio per questo ti assicuro la mia preghiera e ti benedico.
Padre Angelo