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Quesito

Caro Padre,
ho sentito dire che al tempo di mia nonna le donne, dopo che avevano partorito, dovevano andare dal sacerdote per una particolare benedizione. Si diceva che dovevano "tornare in santo", altrimenti non potevano entrare in chiesa. 
A me sembra una cosa alquanto strana, per quanto una benedizione non sia mai inopportuna. Ma addirittura necessaria? Esiste un fondamento dottrinale a tutto ciò?
Grazie
Daniele


Risposta del sacerdote

Caro Daniele, 
1. secondo gli ebrei qualsiasi secrezione del corpo umano rendeva contaminati e bisognosi di purificazione.
Anche la perdita di sangue durante il parto rendeva contaminati. 
Per questo le donne ebree si facevano purificare dai ministri di Dio 40 giorno dopo il parto.
Vi andò anche Maria al quarantesimo giorno dalla nascita di Gesù, anche se Lei – a motivo del parto verginale – non aveva avuto perdite di sangue.

2. Si legge nel libro del Levitico: “Quando una donna sarà rimasta incinta e darà alla luce un maschio, sarà immonda per sette giorni; sarà immonda come nel tempo delle sue regole” (Lv 12,2).
Annota la Bibbia di Gerusalemme: “Il parto, come le mestruazioni o l’emissione seminale maschile (Lv, cap. 15), è considerato una perdita di vitalità per l’individuo, che deve con certi riti ristabilire la sua integrità e così la sua unione con il Dio fonte della vita”.

3. La pratica della purificazione delle donne nella Chiesa venne sostituita con una benedizione, un sacramentale, allo scopo di ringraziare Dio della maternità.
San Carlo Borromeo invitava i sacerdoti  ad avvertire le madri cristiane che si recassero a
ricevere tale benedizione appena avrebbero potuto uscire di casa.
Si leggeva nel Rituale: “È pio e lodevole costume, che la donna, che ha avuto la felicità di diventare madre venga alla chiesa a ringraziare Dio, domandando la benedizione del sacerdote” (Tit. VIII, 6). Come vedi non si trattava di assoluta necessità per poter entrare in Chiesa.

4. Purtroppo si diffuse l’errore tra il popolo che si trattasse di un rito di espiazione e di esorcismo, mentre invece si trattava di un gesto di ringraziamento e di glorificazione della maternità cristiana.
L’errore nasceva dall’accostamento con l’analogo rito dell’Antico Testamento, di cui ho parlato.

5. In genere si procedeva così: la cerimonia della purificazione normalmente si compiva nella chiesa parrocchiale. Ma qualunque sacerdote vi poteva essere delegato e compiere il rito anche in un’altra chiesa o oratorio pubblico.
Meglio ancora se, come fece Maria al Tempio, la madre portava in tale circostanza la sua creatura per offrirla al Signore e per farla partecipare delle benedizioni della Chiesa. Ma questo non era strettamente richiesto.
La madre teneva in mano una candela accesa, che richiamava anche la Candelora.
Il sacerdote procedeva dapprima ad un atto di aspersione della donna con l’acqua benedetta. Poi recitava il salmo 24 “Del Signore è la terra e quanto contiene…”.
Poi la conduceva ai piedi dell’altare, porgendole l’estremità della stola sulla mano. Qui recitava un’orazione, in cui chiedeva a Dio, per l’intercessione di Maria, d’accordare alla madre lì presente di giungere con il figlio alle gioie della beatitudine eterna.

6. La benedizione alla madre adesso viene data alla conclusione del Rito del Battesimo.
In passato, invece, quando si doveva battezzare entro gli otto giorni a motivo del forte pericolo di mortalità infantile, la madre non era presente.
Ma non si voleva lasciare la madre priva di benedizione. Di qui il rito della purificazione, che dalle tue parti si diceva “tornare in santo”.

Ecco dunque la spiegazione di quanto si faceva e della distorsione che ha avuto nella mentalità comune.
Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo