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Quesito
Carissimo Padre Angelo,
mi chiamo Camilla, è da un po’ di tempo che sto approfondendo il tema sull’amicizia santa tra uomo e donna come quella della Beata Diana degli Andalò e del Beato Giordano di Sassonia o come anche quella tra San Francesco di Sales e Santa Giovanna Francesca de Chantal o tra San Francesco d’Assisi e Santa Chiara.
Mi chiedo: è possibile che Dio unisca due anime spiritualmente, a favore della sua Chiesa ma rimanendo sempre nella purezza assoluta, dove c’è solo un vincolo di fraternità e di aiuto reciproco?
E laddove sorga un’amicizia del genere sarebbe giusto portarla avanti?
Ed è vero che il Signore talvolta predispone tali anime a conoscersi tramite visioni, come per esempio nel caso di Santa Giovanna Francesca de Chantal?
E come si esprime la Chiesa nei confronti delle amicizie sante?
Grazie mille per i chiarimenti e per l’attenzione prestatami.
Risposta del sacerdote
Cara Camilla,
1. si tratta di una santa amicizia.
L’amicizia in se stessa è una cosa molto buona.
Quando è santa, è di un valore ancora più alto.
2. Va precisato che, se è santa, è del tutto pura.
È testimoniato dalla purezza della loro vita, come si evince anche degli esempi luminosi che hai riportato.
3. Questi santi erano perfettamente signori di se stessi e delle proprie emozioni.
In loro agiva in modo particolare l’ultimo frutto dello Spirito Santo che è chiamato: “dominio di sé” (Gal 5,22),
Alcuni codici al posto di dominio di sé scrivono: modestia, continenza e castità.
Queste parole dicono tutto.
4. Il biblista Albert Vanhoye scrive: “L’ultimo termine greco di questa serie, tradotto dominio di sé, può riferirsi specialmente alla continenza, dominio di sé in materia di sessualità. Aggiungendo poi la castità, molti manoscritti favoriscono questa interpretazione” (Lettera ai Galati, p. 138).
5. Questa relazione tra i santi, prima ancora di essere amicizia spirituale, era un’autentica direzione spirituale.
Il beato Giordano, primo successore del Santo padre Domenico nella guida del nostro Ordine, gli era succeduto anche nella direzione spirituale alla beata Diana degli Andalò.
6. Nelle sue lettere alla beata Cecilia continua per scritto la direzione spirituale che prima faceva di presenza.
In una lettera scrive: “Fra Giordano dell’Ordine dei predicatori, servo inutile, alla carissima Diana sorella in Cristo, augura di deliziarsi nella gioia e nelle delizie del paradiso.
Ecco, carissima: guidato dalla grazia di Dio, accompagnato e ugualmente seguito dalle preghiere tue e delle mie figlie, sono giunto bene a Parigi sano e salvo.
E ora ho cura di mandarti la presente lettera, perché almeno dai saluti di essa ti venga un certo conforto dal momento che ti è stata tolta per un po’ di tempo la mia presenza fisica e il mio colloquio di persona e qualunque consolazione ad essere legata”.
7. Nella direzione spirituale è una cosa abbastanza normale che si instauri una paternità spirituale e che ci sia anche un certo affetto spirituale da parte del sacerdote e un senso di riconoscenza e di affetto da parte della persona che fruisce del suo ministero.
La parola “paternità spirituale” dice tutto.
8. È vero che talvolta è il Signore stesso a suggerire un particolare sacerdote come confessore e direttore spirituale.
Così è successo per Santa Margherita Maria Alacoque nei confronti del padre Claudio de la Colombière, e così avvenne anche per Santa Faustina Kowalska con Don Sopocko.
9. È una cosa del tutto logica che il direttore spirituale possa chiedere preghiere alla persona che dirige, soprattutto se la considera santa.
È cosa del tutto logica che chieda anche qualche sacrificio perché certi problemi possano essere risolti, che spieghi quali siano questi problemi e che poi ne dia riscontro.
Ad esempio, il beato Giordano conclude una sua lettera alla beata Diana in tal modo: “Prega per me. Saluta le consorelle, figlie carissime nel Signore, ed esorta a pregare per gli studenti di Parigi, perché Dio apra i loro cuori e siano disposti alla conversione, e coloro che hanno formulato propositi di buona volontà, siano attivi nel praticarli e con la perseveranza crescano in vista della vita eterna”.
10. In un’altra lettera apre il suo animo alla beata Diana e le racconta quanto segue: “Già da lungo tempo predicavo agli studenti di Padova, e vedendo poco, anzi quasi nessun frutto, preso dalla tristezza stavo pensando di ritornarmene.
Ed ecco che improvvisamente il Signore si è degnato di scuotere il cuore di molti, infondendo la sua grazia…
Già dieci sono entrati nell’Ordine, tra essi vi sono due figli di grandi conti tedeschi, dei quali uno era gran preposito e aveva varie dignità e molte ricchezze.
L’altro invece aveva molte rendite ed era veramente nobile di stirpe e di animo” (Vanzan P., Lettere ad anime consacrate, pp. 33-34).
Uno dei due potrebbe essere Sant’Alberto magno, entrato nell’Ordine a Padova, proprio a seguito di una predicazione di maestro Giordano.
11. Per questo San Giovanni Bosco, pur ricordando che ognuno è libero di cambiare confessore e direttore spirituale, diceva che non è male tenere presente anche il legame di paternità spirituale che ad un certo momento viene troncato e che può causare anche un certo dispiacere al confessore, che a quella persona ha dedicato il suo tempo, le sue preghiere e i suoi sacrifici.
Ti benedico, ti auguro ogni bene e ti ricordo nella preghiera.
Padre Angelo