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Quesito

Caro Padre Angelo,
Le scrivo poiché, dopo aver riflettuto sull’amore di Dio in relazione alle prove della Sua esistenza, credo di poter dimostrare razionalmente la natura amorevole di Nostro Signore.
Le voglio chiedere un parere circa la correttezza del mio ragionamento (che certamente altri prima di me hanno già fatto), perché mi ricordo di aver letto da qualche parte che noi riteniamo Dio amore in virtù della rivelazione cristiana, e, quindi, per fede.
La riflessione parte dalla dimostrazione razionale dell’esistenza di Dio, e in particolare dalla prova “ex causa” di San Tommaso. Una volta dimostrato che Dio esiste come causa prima, è necessario poi ammettere la Sua perfezione in quanto atto puro (altrimenti sarebbe in potenza di qualcosa). A questo punto è sufficiente chiederci quale sia la ragione per cui noi siamo stati creati; la risposta può essere solo una: per amore disinteressato. Qualsiasi altra possibile ragione io sia riuscito ad ipotizzare, implica inevitabilmente una mancanza, una necessità e quindi un’imperfezione presente in Dio.
Le sarei veramente grato se potesse confermare (o smentire) la validità di questo ragionamento.
La ringrazio per tutto e Le auguro un sereno fine settimana.
Matteo


Risposta del sacerdote

Caro Matteo,
1. è esatta la tua riflessione.
Anche solo da un punto di vista razionale si può giungere a conoscere la bontà e l’amore di Dio.

2. San Tommaso nella Somma teologica (parte prima) dedica due questioni al nostro argomento.
Nella questione 6 parla di Dio come sommo bene.
Afferma che Dio è Bontà perché contiene le perfezioni di tutte le cose.
Non le contiene in modo univoco, nel senso che sia acqua, fuoco, terra, vegetale, animale, razionale, ma in modo analogo, nel senso che è la causa prima di tutte le cose. Sicché tutto quello che esse hanno, ce l’hanno da Dio.
Egli poi non è buono come sono buone tutte le creature nel senso che hanno una porzione di bontà, quella loro propria.
Ma è buono per essenza. Dio è la bontà per essenza, senza origine e senza fine.
Mentre tutte le creature hanno ricevuto da lui una porzione di bontà, Dio invece è la bontà (cfr. Somma teologica, I, 6).

3. Nella questione 20 dice che Dio è amore. Sta parlando di Dio di qua della rivelazione, da un punto di vista razionale, filosofico.
Precisa però che “Dio non ama come noi.
La nostra volontà, infatti non causa il bene che si trova nelle cose, ma al contrario è mossa da esso come dal proprio oggetto: e così il nostro amore, con il quale vogliamo il bene a qualcuno, non è causa della sua bontà, ma piuttosto la sua bontà, vera o creduta tale, provoca l’amore che ci spinge a volere che gli sia mantenuto il bene che possiede e acquisti quello che non ha; e ci adoperiamo a tale scopo.
Invece l’amore di Dio infonde e crea la bontà nelle cose” (Somma teologica, I, 20,2).

4. Infatti tutto quello che Dio fa, non lo fa perché ne abbia bisogno, ma esclusivamente per comunicare la sua bontà.
Dice ancora San Tommaso: “a Dio, primo agente, che è pura attualità, non si può attribuire l’azione per giungere al possesso di un fine; perché egli mira soltanto a comunicare la propria perfezione, che è la sua stessa bontà” (Somma teologica, I, 44, 4).
E: “Agire per indigenza non si addice che a un essere imperfetto, il quale è portato a porre attivamente il proprio atto e a subirlo (come un perfezionamento di se stesso). Ma tutto ciò in Dio va escluso. Per conseguenza egli soltanto è massimamente liberale, perché non agisce per propria utilità, ma solo per la sua bontà” (Ib., ad 1). 
E infine: “Dio non ha prodotto le creature per qualche bisogno né per qualche altra causa estrinseca, ma per amore della sua bontà” (Ib., ad 3).

5. Il Concilio Vaticano I ha confermato autorevolmente questa dottrina insegnando che Dio “non per aumentare la sua beatitudine, né per acquistare ma per manifestare la sua perfezione con i beni concessi alle sue creature, nella piena libertà del suo volere, all’inizio del tempo ha fatto dal nulla le creature sia dell’ordine spirituale che di quello materiale, cioè il mondo angelico e quello terrestre” (DS 3002)

6. Fin qui pertanto non c’è nessun problema. È tutto logico. La tua riflessione è esatta.
E tuttavia come si concilia tutto questo con il fatto che noi sappiamo che Dio è amore per fede, e cioè perché lui ce l’ha rivelato?
Il problema si risolve ricordando che la Sacra Scrittura propriamente non dice che Dio è amore. Questa è la traduzione italiana.
La Sacra Scrittura dice che Dio è agàpe (in greco), carità (in latino) (1 Gv 4,8.16).

7. San Tommaso poi dice che la carità è amore, ma non ogni amore è carità.
Per agàpe e per carità si intende un amore infinitamente più alto, divino, soprannaturale.
Proprio perché si tratta di un amore infinitamente più alto gli agiografi (gli autori sacri) hanno coniato un termine nuovo, quello di agàpe.

8. Dio stesso ci rivela in che cosa consiste questo amore più alto, divino, soprannaturale.
Ecco il testo: “Dio è agàpe (carità, amore). In questo si è manifestato l’amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui. In questo sta l’agàpe (carità, amore): non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati” (1 Gv 4,8-10).
In altre parole: Dio è amore non solo perché fa tutto per amore e per comunicare la sua bontà alle creature.
Ma è amore soprattutto perché vuole dare all’uomo tutto se stesso.
Vuole che tutto il suo bene infinito, divino e soprannaturale sia il bene infinito, divino e soprannaturale dell’uomo.
Per questo si è rivelato, per questo si è incarnato, per questo ha voluto morire per noi, per questo è risorto.

9. Come si vede, è la nostra parola amore che impedisce di comprendere tutto in maniera agevole.
La traduzione italiana della Conferenza episcopale ha preferito tradurre Dio  è amore piuttosto che Dio è carità perché la carità facilmente viene intesa come elemosina.
Benedetto XVI hai intitolato la sua prima enciclica con le parole latine della Sacra Scrittura: “Deus caritas est”.
San Tommaso precisa poi che la carità non soltanto è un amore di ordine soprannaturale, ma è amicizia con Dio.
Anche a questo proposito osserva che l’amicizia è amore, ma non ogni amore è amicizia.
L’amicizia, oltre ad essere un amore disinteressato, include la reciprocità nell’amore. Soprattutto richiede che vi sia una comunione fra gli amici.

10. Il nostro biblista domenicano Ceslas Spicq ha commentato così 1 Gv 4,8-10: “Nessun testo della Scrittura ci dà più luce sulla carità.
Esso rivela che questo amore è un attributo del Padre ed è eterno, poiché è anteriore all’invio del Figlio ed ispira il piano di salvezza;
è universale, poiché si estende al mondo intero;
è perfettamente gratuito, senza altro motivo che lui stesso;
non solo è benevolenza e misericordia assoluta, ma è attivo, dinamico, prende l’iniziativa e vuole dimostrarsi. 
In particolare, è rivelata, soprattutto, la sua immensità” (Agapé dans le Nouveau Testament: analyses des textes, vol. III, p. 132) perché vuole donare tutto se e vivere in comunione con gli uomini elevati all’altissima dignità di figli di Dio per adozione.

Ti ringrazio di cuore per il quesito che mi hai posto e mi compiaccio con te, studente di 18 anni.
Ti benedico e ti ricordo volentieri al Signore.
Padre Angelo