Questo articolo è disponibile anche in: Italiano

Quesito

Carissimo Padre Angelo
Mi chiamo Matteo. Sono un sacerdote, nato a Roma ma missionario in Australia. Mi complimento per il bel sito che mi è molto utile.
Le volevo chiedere cosa lei pensa di una situazione che spesso trovo con alcune coppie sposate.
Io faccio parte di un itinerario di fede dove si dà tanta importanza all’Humanae Vitae di San Paolo VI. Tuttavia alcune volte riscontro un problema in alcune coppie, che è ridurre il significato di questo bel insegnamento della Chiesa.
Spesso vedo che si associa questo documento a soltanto una esortazione a concepire nuove vite.
Seppur l’apertura alla trasmissione della vita implica ciò, non è limitato a soltanto a ciò.
Io penso che l’eventuale concepimento di una nuova vita sia il sigillo di un processo d’apertura alla trasmissione della vita. Per farmi capire meglio, penso che quando una coppia nell’intimità matrimoniale concepisce una nuova vita, è il sigillo di un desiderio di aprire il proprio cuore a lasciar spazio al Signore nella cuore della coppia. Qui in questo primo punto, vedo il primo problema per le coppie menzionate. Si scordano gli altri due beni del Matrimonio. Si ricorda solo il bonum prolis (il bene della prole), ma non il bonum fidei (il bene della fedeltà) e il bonum sacramenti (il bene del sacramento).

Un altro problema che poi vedo in certe coppie è quando si diventa chiusi alla trasmissione della vita. So di famiglie che hanno problemi e oggettivamente al momento non possono accogliere altri figli. Di conseguenza ricorrono ai metodi naturali e si dichiarano chiusi alla trasmissione della vita.
Io credo che ricorrere ai metodi naturali è comunque un’apertura alla trasmissione della vita, perché’ piuttosto che usare contraccettivi di barriera o artificiali per unirsi intimamente ogni qualvolta lo si desidera, si sceglie la strada della continenza periodica lasciando nella mani del Signore la decisione ultima su una possibile accoglienza di una nuova vita.

Un’altra situazione che riguarda questo tipo di coppie e che mi preoccupa è ritenere i metodi naturali come il “contracettivo cattolico”. Con tanta tristezza ho visto questo succedere e purtroppo posso dire che il 99% delle coppie sono passate ad altri mezzi per evitare gravidanze, soprattutto se ci sono già dei figli. La grande maggioranza di coppie che hanno fatto ciò, ho visto che è passata al coito interrotto.

L’altra mia convinzione sull’apertura alla trasmissione della vita è che va oltre al concepimento. Anche una coppia sterile può aprirsi alla vita. Cosi come una coppia che ha superato l’età fertile.
Cosi come penso che anche io da sacerdote in maniera diversa, ma simile, sono chiamato all’apertura della trasmissione della vita. Anche se sono celibe, sono chiamato a mettere gli impulsi e le energie che vengono dalla sessualità verso il servizio nella parrocchia
Altrettanto penso che quando una coppia cristiana è aperta alla vita riesce ad amare e a servire non solo la loro famiglia, ma anche la comunità civile e la comunità cristiana.
Dicevo al mio nuovo responsabile della comunità, che ha 39 anni, di essere aperto alla vita, per servire la comunità cristianamente.

Un’ultima cosa: quando parlo dell’atto coniugale ad una coppia, uso sempre la frase “celebrazione del sacramento”. Io ritengo necessario sottolineare ciò perché penso che sia importante che le coppie non pensino che è solo sesso, né solo un sentimento. C’è ben di più. È un atto umano, con dei sensi e con dei sentimenti.
Questo è il mio parere.
Cordiali saluti
Don Matteo


Risposta del sacerdote

Caro Don Matteo, 
ti porgo anzitutto i miei più cordiali auguri di buon ministero in Australia, che per noi europei sembra quasi in un altro mondo.
Vengo dunque alla tua mail per sottolineare qualche aspetto.

1. Circa l’apertura la vita degli atti coniugali: sì, come hai sottolineato, si tratta di far spazio a Dio nel cuore del proprio amore e della propria intimità familiare.
A questo proposito mi piace ricordare quanto disse Giovanni Paolo II nelle sue famose catechesi sull’amore umano, e cioè che nella contraccezione “gli sposi si attribuiscano un potere che appartiene solo a Dio: il potere di decidere in ultima istanza la venuta all’esistenza di una persona umana. Si attribuiscono la qualifica di essere non i co-operatori del potere creativo di Dio, ma i depositari ultimi della sorgente della vita umana. In questa prospettiva la contraccezione è da giudicare oggettivamente così profondamente illecita da non potere mai, per nessuna ragione, essere giustificata.
Pensare o dire il contrario, equivale a ritenere che nella vita umana si possano dare situazioni nelle quali sia lecito non riconoscere Dio come Dio” (17.9.1983).

2. Tu aggiungi che nell’intimità coniugale oltre a questo aspetto imprescindibile dell’apertura la vita bisognerebbe anche evidenziare l’importanza degli altri due beni del matrimonio: il bene della fedeltà (il bonum fidei) e il bene del sacramento (il bonum sacramenti). 
Il bene della fedeltà non ha bisogno di commenti.
Invece per il bene del sacramento desidero ricordare che gli sposi con tutta la loro vita si impegnano ad essere l’uno per l’altro segno visibile, tangibile, concreto dell’amore pieno di premure di Dio per l’uomo e di Gesù Cristo per la per la Chiesa.
È vero, anche questi due beni sono racchiusi in qualche modo nell’intimità coniugale. E tuttavia mentre l’apertura alla vita è intrinseca e propria di questi atti, il bene della fedeltà e il bene del matrimonio vanno vissuti anche e principalmente in tutto il resto della vita coniugale.

3. Il ricorso ai metodi naturali per evitare sul momento una nuova vita è a suo modo un lasciare spazio a Dio.
La contraccezione invece manifesta il rifiuto del suo intervento.
Ed è per questo motivo, per questa chiusura, che viene persa la carità, che è quanto dire la grazia.

4. Purtroppo è vero quello che tu dici nella tua terza osservazione: il ricorso ai metodi naturali viene considerato non di rado il contraccettivo cattolico.
Tuttavia il metodo naturale non attua nessuna forma di contraccezione.
La parola stessa contraccezione significa che si intende agire contro il concepimento.
Nei metodi naturali invece non c’è nessuna azione contraria al concepimento.
Questo è così vero che questo metodo non poche volte viene usato proprio per andare alla ricerca di una nuova vita.
Tuttavia è vera la tua osservazione: c’è il rischio che si usino i metodi naturali con una mentalità contraccettiva.
Allora è facile passare, come hai potuto rilevare nella tua esperienza pastorale, dai metodi naturali alla contraccezione.
Anche nell’uso dei metodi naturali “la persona non può mai essere considerata un mezzo per raggiungere uno scopo; mai, soprattutto, un mezzo di “godimento”. Essa è e dev’essere solo il fine di ogni atto. Solo allora corrisponde alla vera dignità della persona” (Giovanni Paolo II, Gratissimam sane, 12).

5. È vero anche che tutti, anche le coppie sterili, anche le persone celibi, devono essere spiritualmente aperte alla vita.
Siamo stati creati ad immagine di Colui che ha detto: “Io sono venuto per dare la vita e darla in abbondanza” (Gv 10,10).
Tutti dobbiamo essere sempre spiritualmente fecondi.

6. Infine, sebbene tutto l’insieme del matrimonio debba essere ben vissuto e potrei dire anche “ben celebrato” in modo che tutto sia una lode di Dio, tuttavia quando si parla di celebrazione del matrimonio istintivamente e anche giustamente si pensa al rito con cui si dà inizio al matrimonio e pertanto alla celebrazione del sacramento.
Indubbiamente il momento iniziale e celebrativo ha una sacralità tutta particolare.
Ma è anche vero quello che tu dici: tutta la vita matrimoniale deve comunicare santità.
Per essere precisi sotto il profilo lessicale, solo la celebrazione del sacramento è celebrazione in senso proprio ed esplicito.
Mentre tutta la vita matrimoniale dovrebbe essere celebrazione in senso derivato.

Ti ringrazio per le riflessioni che ci hai inviato.
Ti auguro un secondo ministero in terra australiana e ti ricordo volentieri al Signore.
Padre Angelo