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Quesito

Reverendo Padre,
ho trovato la Sua rubrica per caso, cercando in internet risposte a dei quesiti che da qualche tempo mi pongo.
Probabilmente sono interrogativi e critiche che non avrei il diritto di pormi o lanciare poiché io sono il primo peccatore, ma chiedo alla Sua istruzione ed esperienza se sia possibile avere alcuni chiarimenti in materia liturgica e pastorale.
Pur essendo ancora giovane e non avendo avuto esperienza pre-conciliare, talvolta trovo che delle “prassi” liturgiche non aiutino il raccoglimento o, mi si permetta, allontanino dal senso profondo della celebrazione.
Come mai, durante la celebrazione, non viene posto il Crocifisso al centro dell’altare (so che le disposizioni prevedono che sia posto sull’altare od a lato)? Secondo me può apparire che il celebrante non lo voglia perché esso ostacola la sua visione da parte dei fedeli. Questo, però, potrebbe, ancora a mio avviso, essere una sorta di protagonismo del celebrante ed un accentramento dell’attenzione su di lui e non sul sacramento che viene celebrato.
Allo stesso modo, pare che l’omelia sia diventata il centro della celebrazione eucaristica, spodestando il momento della Consacrazione, per me vero momento centrale della celebrazione.
Inoltre, alcune omelie mi sembrano essere più simili a lezioni di sociologia e non a spiegazioni delle Letture appena annunciate. Ancora, il sacerdote diviene attore unico e principale della celebrazione e non tramite tra l’assemblea e Dio.
Durante la Consacrazione del vino, la formula “versato per voi e per TUTTI” rappresenta una forzatura della formula latina “pro multis” e dell’originale greco. Ho letto che esiste una Circolare della Congregazione per il Culto Divino del 2006 che chiedeva di istruire i fedeli affinché si tornasse alla versione “per molti” che sottintende la salvazione non automatica ma in conseguenza ad un “impegno” ed uno sforzo personale del fedele a raggiungere “per merito” la salvezza promessa dal Padre. Non capisco perché questa Circolare sia stata disattesa dopo 5 anni.
Inoltre, il momento dell’elevazione del sacramento viene portato a termine in maniera sbrigativa e, spesso, le ostie consacrate mi sembrano maneggiate con scarsa reverenza come semplici pezzi di pane, passandole da una pisside all’altra per darne una “quota” sufficiente ad ogni ministro della Comunione.
Raramente durante la celebrazione si assiste a veri momenti di raccoglimento e di silenzio in cui ci sia spazio per la preghiera personale. Spesso questi rari momenti sono ostacolati ulteriormente da canti non propriamente liturgici accompagnati da chitarre o strumenti vari. Dove sono finiti i canti solenni che fanno venire i brividi quando intonati e fanno elevare lo spirito? Io devo aspettare la veglia di Natale per sperare di sentire intonare un “Gloria in Excelsis Deo”!
Per ultimo, non capisco perché i sacerdoti non vestano con l’abito talare o, almeno con il clergyman. Mi pare sempre più spesso che i sacerdoti tentino di mischiarsi alle persone normali vestendosi in “borghese” quasi – mi perdoni l’ardire – vergognandosi di essere riconosciuti come sacerdoti al di fuori della Chiesa.
Le chiedo ancora scusa per queste domande (o sono più che altro sfoghi?) poiché io sono, nella fede, molto più imperfetto di quanto non abbia obiettato alla liturgia vigente.
La ringrazio per l’attenzione che potrà dare a questa mia.
La ricordo nelle mie preghiere.
Alberto


Risposta del sacerdote

Caro Alberto,
1. nel tuo scritto si manifesta un vivo desiderio che le cose, soprattutto in tema di liturgia, vengano compiute nella maniera più santa in modo che tutti i presenti abbiano la sensazione di trovarsi dinanzi alle realtà più grandi e santificanti della loro vita.
In concreto: su alcune tue osservazioni sono perfettamente d’accordo, su altre vi sono delle inesattezze.
Rispondo secondo l’ordine delle domande ad ognuno dei tuoi quesiti.

2. È previsto che nella celebrazione della Messa vi sia il crocifisso ben visibile. Ma non è detto che debba essere nel centro dell’altare.
Sappiamo che Benedetto XVI fa così, e il suo comportamento dovrebbe essere molto significativo per i celebranti, ma di per sé non è prescritto.

3. L’omelia non è il centro della celebrazione eucaristica, anche se ne è una parte notevole perché sbriciola la parola di Dio per il nutrimento dei fedeli.
Il momento della consacrazione è invece in assoluto il più importante non solo della celebrazione eucaristica, ma della nostra stessa vita. È il momento in cui si perpetua sui nostri altari, davanti a noi, l’atto più alto e più efficace della storia: la redenzione compiuta da Gesù mediante il suo sacrificio.
L’ascolto della parola di Dio e la riflessione del sacerdote, a rigore, possono essere fatti (e di fatto si fanno) anche in tanti altri momenti della nostra vita.
Ma ciò che caratterizza la Messa è di essere memoriale della morte del Signore, secondo la basilare affermazione di San Paolo: “Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga” (1 Cor 11,26).

4. Su certe omelie che sembrano più simili a lezioni di sociologia e non elevano per nulla a Dio non posso non darti ragione. Dispiace. Purtroppo è così.
Ma questo rivela una crisi ancor più grave: il sacerdote che ha perso la consapevolezza di essere colui che porta a Dio le preghiere degli uomini e porta agli uomini il bene di Dio.
Don Bosco diceva ai suoi sacerdoti: fate in modo che la gente che viene a contatto con voi si senta più unita al Signore.

5. Sulla formula della consacrazione c’è un’inesattezza da parte tua. Il decreto infatti ha stabilito che nella nuova promulgazione dei Messali ci si attenga strettamente alle parole usate da Gesù “per molti”.
Ma per ora in Italia non è stata ancora promulgata una nuova edizione del Messale.

6. Alcune celebrazioni eucaristiche non aiutano. Sembrano, in alcuni sacerdoti, una corsa a fare in fretta.
Il silenzio e il raccoglimento dipendono molto dal modo in cui si celebra.
Non posso non darti ragione anche sulle emozioni del canto, che è finalizzato proprio a suscitare sentimenti, emozioni.
Se è ben fatto, se è elevante, eleva tutti. Ma anche questo dipende molto dalla devozione e dalla santità di chi dirige e di chi canta.

7. Circa la veste del sacerdote: ti posso dire solo che non è per vergogna che alcuni non portano i segni distintivi nel loro vestito. C’è di mezzo il loro concetto di essere prete che per lo più può essere condensato in questa frase: il prete è uomo tra gli uomini.
Non entro nel merito di quest’affermazione.
Di certo c’è una normativa della Chiesa e a questa ci si dovrebbe attenere.
Penso che il sacerdote dovrebbe essere contento di vedere i fedeli ben osservanti delle leggi di Dio e della Chiesa. E lui dovrebbe darne l’esempio in tutto.

Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo