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Quesito

Padre Angelo, 
E’ da molto che le volevo chiedere una cosa, ma mi sono sempre dimenticato di farlo. 
Mi capita a volte di confrontarmi con altre persone, spesso su temi di morale sessuale e matrimoniale, che hanno opinioni o comportamenti del tutto opposti a ciò che noi crediamo. 
A questo punto, se percepisco che quella persona, pur non essendo credente, ha una certa "sensibilità" o quanto meno rispetto verso le cose spirituali, ho due scelte:

1) Dire chiaramente: "Questa cosa per noi cristiani è peccato mortale, il che comporta questo e quello…"
2) Tacere, senza dare segni di approvazione o disapprovazione.

Ecco, questo è il punto in cui mi trovo in difficoltà. Perchè se quella persona è in una situazione di ignoranza invincibile, pur peccando oggettivamente, soggettivamente non pecca. Facendola invece svegliare dal torpore, se si corregge, bene, altrimenti si trova in una situazione peggiore della prima – peccato mortale deliberato. 

Nello spirito della carità, qual è, secondo lei, l’azione più appropriata?

Per finire: se mi trovo invece davanti a qualcuno che, secondo l’impressione che mi faccio, esplicitamente disprezza la religione (non solo quella cristiana, ma tutte), non esito a tacere: penso che in questo caso, oltre a non esserci nell’immediato possibilità di cambiamento, si espone noi stessi, la Chiesa ed anche il Signore alla derisione. 

La ringrazio in anticipo per il suo tempo. 
La ricordo con affetto e gratitudine al Signore.
Michele


Risposta del sacerdote

Caro Michele,
mi pare di poter dirti che lo Spirito Santo sa consigliarti bene.

1. Circa la prima questione è esatta anche la conclusione che ne trai: “Perchè se quella persona è in una situazione di ignoranza invicibile, pur peccando oggettivamente, soggettivamente non pecca. Facendola invece svegliare dal torpore, se si corregge, bene, altrimenti si trova in una situazione peggiore della prima – peccato mortale deliberato”.
Il Vademecum per i confessori del pontificio consiglio per la famiglia, Vademecum per i confessori (12.2.1997) ricorda che “è sempre valido il principio secondo il quale è preferibile lasciare i penitenti in buona fede in caso di errore dovuto ad ignoranza soggettivamente invincibile, quando si preveda che il penitente, pur orientato a vivere nell’ambito della vita di fede, non modificherebbe la propria condotta, anzi passerebbe a peccare formalmente.
Tuttavia, anche in questo caso, il confessore deve tendere ad avvicinare sempre più tali penitenti attraverso la preghiera, l’esortazione alla formazione della coscienza, ad accogliere nella propria vita il piano di Dio e l’insegnamento della Chiesa (n. 8)”.
Penso che anche per te valga la medesima conclusione, anche se non sei confessore, per stare vicino a queste persone con la tua preghiera e con i tuoi atti di amore offerti al Signore per la loro salvezza.

2. Per la seconda questione ti do ugualmente ragione.
Sant’Agostino diceva che trovandosi dinanzi a certe persone è più fruttuoso spendere del tempo a parlare a Dio di loro (e cioè pregare) che nel parlare a loro di Dio.
Il motivo è chiaro: per ora non sono ancora in grado di comprendere i discorsi su Dio e sulla religione.
Se degli occhi sono pieni di squame, non servono i ragionamenti per fare vedere una persona. È necessario prima tirar via le squame. E noi le tiriamo via in certi casi solo brandendo certe armi.
Sono le armi di cui parlava Santa Teresina del bambin Gesù quando diceva: “Ah, preghiera e sacrificio formano tutta la mia forza, sono le armi invincibili che Gesù mi ha date, toccano le anime ben più che i discorsi, ne ho fatto esperienza spesso” (Storia di un’anima, 315).

Ti assicuro un ricordo nella preghiera e ti benedico perché tu sia sempre molto abile nel manovrare queste armi sicurissime.
Padre Angelo