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Quesito
Gent.le p. Angelo,
talvolta, si accusa il tomismo di avere una visione autoreferenziale della realtà: infatti, secondo la filosofia dell’Aquinate, la realtà è “fatta” da tutto ciò che ha l’essere, ma questa visione – secondo le accuse – già presupporrebbe l’essere come principio comune a tutte le cose, senza provare alcunché. Secondo lei, come si potrebbe rispondere a questo tipo di obiezione?
Io penso che sia assurdo pretendere la dimostrazione di ciò che fonda e precede ogni dimostrazione (in tal caso, l’essere e tutto ciò che ne deriva).
Risposta del sacerdote
Carissimo,
1. l’uomo non fonda la realtà, ma si trova costituito all’interno di essa.
Aprendo gli occhi dell’intelligenza alla conoscenza della realtà, la prima cosa che cade sotto i suoi sensi è tutto ciò che esiste.
2. Questo dato si impone alla conoscenza umana.
Non siamo noi a costituire l’essere, ma è l’essere che costituisce noi e tutto ciò che ci circonda.
Così che la nostra conoscenza parte da un dato che si impone da se stesso: tutto ciò che esiste.
Il Papa Paolo VI nella lettera Lumen Ecclesiae scritta al maestro generale dei domenicani nel settimo centenario della morte di San Tommaso (1974) dice che “la prima caratteristica fondamentale della filosofia di San Tommaso è il realismo gnoseologico e ontologico” (LE, 15).
3. Il Papa prosegue dicendo: “Possiamo anche definirlo un realismo critico, che, legato com’è alla percezione sensoriale e quindi alla oggettività delle cose, dà il senso positivo e solido dell’essere. Esso così permette una ulteriore elaborazione mentale che, pur universalizzando i dati conosciuti, non si allontana per lasciarsi travolgere nel vortice dialettico del pensiero soggettivo, e per finire quasi fatalmente in un agnosticismo più o meno radicale. Primo in intellectu cadit ens, dice l’Angelico in un suo testo famoso (De Veritate, 1,1).
Su questo principio fondamentale poggia la gnoseologia di San Tommaso, la cui genialità consiste nell’equilibrata valutazione della esperienza sensoriale e dei dati autentici della coscienza nel processo della conoscenza, che, sottoposto a riflessione critica, diventa il punto di partenza di una sana ontologia e, per riflesso di tutta la costruzione teologica.
Si è perciò potuto definire il pensiero di San Tommaso come la filosofia dell’essere, considerato, beninteso, sia nel suo valore universale, sia nelle sue condizioni esistenziali; e parimenti è noto che da questa filosofia egli sale alla teologia dell’essere divino, quale sussiste in se stesso e quale si rivela sia nella sua parola sia negli eventi della economia della salvezza e specialmente nel mistero dell’Incarnazione” (LE 15.
4. A questo punto Paolo VI riprende una bella affermazione di Pio XI in un’allocuzione a giovani universitari: “È nella Tomistica, per così dire, un certo Vangelo naturale, un fondamento incomparabilmente solido per tutte le costruzioni scientifiche, perché la caratteristica del Tomismo è quella di essere anzitutto oggettivo: le sue non sono costruzioni o elevazioni dello spirito semplicemente astratte, ma sono le costruzioni dello spirito che seguono l’invito reale delle cose (…). Non verrà mai meno il valore della dottrina tomistica, perché bisognerebbe che venisse meno il valore delle cose” (Discorsi di Pio XI,vol. I, Torino 1960, pp. 668-669).
5. Alla base di tutto questo c’è il convincimento in San Tommaso della capacità dell’intelligenza umana di conoscere la realtà.
In ogni branca del sapere l’uomo tende a questo.
Il progresso scientifico e tecnico lo dimostra.
Solo nell’ambito della filosofia qualcuno dubita o addirittura nega la capacità da parte della nostra mente di conoscere il reale.
Cadendo però in una specie di contraddizione perché mentre si dice che nulla è certo, afferma che è certo che nulla è certo.
6. Per questo Paolo VI scrive ancora nella predetta lettera che vale una enciclica: “A rendere possibili tale filosofia e teologia è senza dubbio il riconoscimento della capacità conoscitiva dell’intelletto umano fondamentalmente sano e dotato di un certo gusto dell’essere, col quale tende a prendere contatto in ogni grande o piccola scoperta della realtà essenziale, per assimilarne tutto il contenuto e salire alla considerazione delle ragioni e cause supreme, che ne danno la definitiva spiegazione.
San Tommaso, invero, come filosofo e teologo cristiano, scopre in ogni essere la partecipazione dell’Essere assoluto che crea, sostiene e dinamizza ex alto tutta la realtà creata, tutta la vita, ogni pensiero, ogni atto di fede” (LE 16).
7. Pertanto la risposta di fondo alla tua domanda consiste nel riconoscere che non siamo il creatore, ma siamo creature.
Ciò significa che il punto di partenza non siamo noi, ma che noi ci troviamo all’interno di un mondo che è stato creato e che c’è stato donato.
È dal nostro essere creature che partono le premesse per scoprire leggi che ci sono antecedenti.
Questo tanto nell’ambito fisico quanto in quello morale.
Per questo opportunamente il concilio Vaticano II ha affermato: “Nell’intimo della coscienza l’uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente dice alle orecchie del cuore: fa questo, fuggi quest’altro. L’uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro il suo cuore: obbedire ad essa è la dignità stessa dell’uomo, e secondo questa egli sarà giudicato.
La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità propria. Tramite la coscienza si fa conoscere in modo mirabile quella legge, che trova il suo compimento nell’amore di Dio e del prossimo” (Gaudium et spes, 16).
Con l’augurio di rimanere sempre aderente alla realtà, soprattutto a quella soprannaturale, ti ricordo nella preghiera e ti benedico.
Padre Angelo