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Quesito

Caro Padre,
sappiamo dalla tradizione che gli apostoli morirono quasi tutti martiri (di alcuni sappiamo anche il modo e dove). Ma mi chiedo: come va intesa qui la parola tradizione?
Come un passaparola orale oppure documenti storici diversi e concordanti tra loro?
Chiedo questo perchè come vediamo a volte oggi nel passaparola una cosa parte a e diventa b per le aggiunte di ciascuno,
Grazie come sempre.
Luca


Risposta del sacerdote

Caro Luca,
1. Tradizione significa esattamente ciò che è stato tramandato.
Una cosa può essere tramandata in un primo tempo a parole da testimoni oculari e successivamente messa per scritto.

2. Bisogna distinguere ancora tra Tradizione e tradizioni.
La Tradizione è una componente della Divina Rivelazione e impegna direttamente la nostra fede.
Quando noi crediamo una verità rivelata perché ci è stata comunicata dalla Divina Rivelazione, abbiamo bisogno di un lume e di una mozione di Dio nel nostro cuore.
Senza la sua luce e la sua azione noi non potremmo credere.
Le tradizioni invece riguardano tante altre notizie, come ad esempio quelle relative alla morte degli apostoli, che non impegnano direttamente la nostra fede.
Queste notizie impegnano semplicemente la nostra buona volontà, la fede umana. Se uno non crede a queste notizie non può essere considerato fuori strada. Tuttavia prima di dire “non ci credo” almeno per onestà dovrebbe provare il contrario.
Tante notizie riguardanti le vicende degli apostoli e la vita della Chiesa primitiva noi le abbiamo dallo storico Eusebio di Cesarea, nato nel 265 e morto nel 340.

3. Ti trascrivo quanto Eusebio riferisce sulla morte di alcuni apostoli, così ti potrai rendere conto dei documenti che aveva in mano.
Lo traggo dalla sua opera: la storia ecclesiastica.

Morte di Giovanni e di Filippo

III, 31. Dicemmo già quando e come morirono Paolo e Pietro, e dove furono riposte le loro salme.
Ed abbiamo in qualche modo determinato il tempo della morte di Giovanni. Ora del luogo della sua sepoltura ce ne dà notizia Policrate, vescovo della chiesa di Efeso, in una lettera che scrisse al vescovo dei Romani, Vittore. Ivi ci ricorda Giovanni, l’apostolo Filippo e le sue figlie con queste parole.
«E nell’Asia, infatti, che si sono estinti i grandi astri, che risorgeranno nel giorno della parusia del Signore quando il Signore verrà con gloria dal cielo e risusciterà tutti i Santi.
Essi sono Filippo, uno dei Dodici, addormentatosi a Gerapoli e le due sue figlie invecchiate nella verginità. Una terza sua figlia che visse nello Spirito santo, riposa a Efeso; c’è anche Giovanni, che riposò sul petto del Signore, e che fu sacerdote e portò la lamina d’oro e fu martire e dottore, egli si è addormentato ad Efeso».
Ecco le notizie intorno alla morte di tali personaggi.
Nel dialogo di Gaio, ricordato poco fa’, Proclo, contro il quale è diretta la disputa, s’accorda con noi su quanto si è riferito intorno alla morte di Filippo e delle sue figlie; egli dice così: «Quattro profetesse, figlie di Filippo, si trovavano a Gerapoli nell’Asia, dove esse e il loro padre hanno ora la tomba». Così lui.

Come Simone, vescovo di Gerusalemme, subì il martirio

III, 32. Dopo Nerone e Domiziano, sotto Traiano, d cui appunto ora stiamo esaminando l’epoca, la persecuzione (così ci è stato tramandato) si scatenò contro di noi sporadica in certe città, suscitata da sommosse popolari. Fu allora, come abbiamo appreso, che Simone, figlio di Cleofa, il quale, lo ripeto, fu il secondo vescovo della chiesa di Gerusalemme, coronò la sua vita col martirio.
Ce ne è testimone Egesippo, da noi citato più volte. Questo storico, parlando di certi eretici, soggiunge che furono proprio questi ad accusare Simone, il quale, dopo aver sostenuto, perché era cristiano, per molti giorni lo strazio di vari tormenti e dopo aver riempito di stupore il giudice e quanti gli erano attorno, chiuse la vita con lo stesso genere di morte subìto dal Signore.
Ma il fatto udiamolo raccontare dal medesimo scrittore, Egli dice: «Certamente alcuni di questi eretici accusarono Simone di Cleofa d’essere discendente di David, e cristiano; egli subì il martirio nell’età di centoventi anni, ai tempi di Traiano imperatore e del consolare Attico».
Lo stesso autore ci mette al corrente d’un fatto accaduto in quel tempo: nelle indagini che si facevano per rintracciare i Giudei discendenti dalla stirpe reale, fu scoperto che gli stessi accusatori appartenevano a quella discendenza, e furono quindi condannati. A ragione possiamo asserire che Simone vide e udì il Signore: ce lo provano la sua longevità, e l’accenno che fa il Vangelo a Maria di Cleofa che era, s’è detto di già, sua madre.
Il medesimo scrittore riporta che anche altri discendenti di Giuda, uno dei cosiddetti fratelli del Signore, sopravvissero sino all’età di Traiano dopo avere, come abbiamo notato, resa testimonianza alla fede di Cristo al tempo di Domiziano. Egli scrive così:
«Essi, dunque, tornarono ed eccoli a presiedere le singole chiese come martiri e parenti del Signore; e, seguìto un periodo di pace profonda in tutta la chiesa, sopravvissero sino all’imperatore Traiano. Sotto questo principe, il nominato Simone, figlio di Cleofa, zio del Signore, fu accusato dagli eretici, e, per la stessa imputazione, fu chiamato anch’egli in giudizio sotto il consolare Attico. Per molti giorni fu sottoposto alla tortura, ma rese testimonianza [alla fede] in modo che quella fermezza, in un vecchio di centoventi anni, sbalordì tutti, il consolare compreso; poi fu fatto crocifiggere».
Dopo questo racconto, il medesimo Egesippo, illustrando i tempi dei quali parliamo osserva che fino a quel momento la chiesa rimase quale vergine pura e incorrotta, poiché quelli che dopo si sforzarono di guastare la sana regola della predicazione del Salvatore, se pur ce n’erano, se ne stavano rintanati nell’ombre nere dei loro covili”.

4. Come vedi, caro Luca, ci sono dei dati storici e dei documenti che fanno fede.. Noi in termini teologici diciamo che fanno parte delle tradizioni della Chiesa.
Ma tradizioni non significa passaparola, dove a diventa b, a piacere di chi passa quella parola.
Prima di negare l’autorevolezza di questi documenti, uno dovrebbe provare il contrario, se può.

Anch’io, come sempre, ti ringrazio per la tua fedeltà.
Ti prometto una preghiera e ti benedico.
Padre Angelo