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Caro Padre Angelo, le chiedo di chiarirmi un concetto di antropologia cristiana:
Secondo la visione aristotelica-tomista, l’intelletto e la volontà sono facoltà dell’anima.
Tant’è che ho letto da qualche parte che il pensiero non ha organi, ma l’immaginazione, i ricordi e la creatività sono strettamente legati all’intelletto.
In questi tempi siamo sempre più bombardati da posizioni scientifiche e psicologiche, che negano questa realtà, proprio perchè partono da una concezione antropologica completamente sbagliata.
Però non si può negare da un punto di vista razionale che il pensiero sia strettamente legato all’organo del cervello.
Per esempio i tanti casi di perdita di memoria quando si subisce una commozione cerebrale, oppure nel caso di malattie come l’alzheimer si ha una perdita notevole di capacità dell’intelletto.
Come si concilia la visione di antropologia cristiana con quella più strettamente scientifica in cui si ritiene che tutto nasca dal cervello?
Grazie
Luca


Caro Luca,
1. l’intelletto e la volontà sono due facoltà dell’anima.
Sono facoltà (o potenze) spirituali.
Di questo ne siano certi e lo riconosciamo dal nostro modo di pensare e di amare.
Siamo infatti capaci di trascendere la materia, la manipoliamo e la plasmiamo come vogliamo, cosa che gli animali non fanno in nessun modo.
Inoltre siamo capaci di elaborare concetti spirituali, come la nozione di Dio e degli esseri spirituali.
Anche il nostro amore non è solo sensitivo, ma è pure spirituale. Lo si vede molto bene quando in riferimento ad alcune realtà non proviamo alcuna attrazione, eppure compiamo il nostro dovere deliberatamente, responsabilmente,  con dedizione e spirito di sacrificio.

2. Tuttavia affermare che l’intelletto e la volontà siano due facoltà dell’anima non significa che possano agire indipendentemente dai sensi.
Finché siamo nella vita presente è impossibile un’attività razionale – anche la più alta e spirituale possibile – senza la costante correlazione con i sensi dell’immaginazione, della memoria e del senso comune.
Sono i sensi che forniscono alla nostra intelligenza il materiale su cui elaborare i pensieri, le costruzioni, le progettazioni.

3. Poiché i sensi interni risiedono tutti nel cervello vengono comunemente indicati con una parola sola: il cervello.
Ciò significa che la nostra intelligenza nelle sue elaborazioni rimane come sconclusionata, paralizzata o bloccata qualora il cervello non presentasse più i dati come si conviene.

4. È così stretto il legame tra intelligenza e sensi che proprio per questo finché siamo di qua non possiamo vedere Dio con la sola nostra intelligenza.
Infatti tutto quello che l’intelligenza apprende lo apprende dai sensi e lo elabora accompagnata dai sensi.
Scrive San Tommaso: “La nostra conoscenza naturale trae origine dal senso; e quindi si estende fin dove può esser condotta come per mano dalle cose sensibili” (Somma teologica, I, 12, 12).

5. In maniera più diffusa San Tommaso spiega: “È impossibile che il nostro intelletto nella vita presente, in cui è unito a un corpo passibile, possa avere un’intellezione attuale senza volgersi alle immagini.
Ne abbiamo due prove.
– Primo, essendo l’intelletto una facoltà inorganica e immateriale, in nessuna maniera verrebbe impedito nel suo atto dalla menomazione di un organo corporeo, se per la sua operazione non si richiedesse l’atto di una potenza organica. Ora, potenze organiche sono i sensi, l’immaginazione e le altre facoltà della parte sensitiva.
È evidente perciò che l’intelletto per operare richiede l’atto dell’immaginazione e delle altre facoltà, non solo nell’acquisto di nuove conoscenze, ma anche nell’uso della scienza acquisita.
Vediamo infatti che l’uomo è reso incapace di intendere le cose conosciute quando la lesione di un organo impedisce o l’operazione dell’immaginativa, come nei pazzi furiosi, o l’operazione della memoria, come nei dementi.
– Secondo, ognuno può sperimentare in se stesso questo fatto: quando si sforza di intendere qualche cosa, si costruisce delle immagini a modo di esempi e in essi cerca quasi di vedere quello che tenta di capire.
E anche quando vogliamo spiegare una cosa a un altro gli proponiamo degli esempi dai quali egli possa formarsi delle immagini adatte per capire.
E la ragione di ciò è che la potenza conoscitiva deve essere proporzionata all’oggetto conoscibile.
Quindi per l’intelligenza angelica, totalmente separata dal corpo, oggetto proporzionato sono le sostanze intelligibili separate dalla materia, e mediante queste l’angelo conosce anche le cose materiali.
Invece, oggetto proprio dell’intelletto umano unito al corpo sono le essenze o nature che hanno la loro sussistenza nella materia corporea; e mediante queste essenze delle cose visibili, l’uomo può salire a una certa conoscenza delle cose invisibili.
Ora, la nozione stessa di queste nature esige che esse abbiano concreta sussistenza in determinati individui; e ciò non può verificarsi senza la materia.
Così ad esempio la nozione della natura della pietra richiede la sussistenza concreta di essa in questa determinata pietra; e quella della natura del cavallo richiede la sussistenza concreta in un dato cavallo, e così via.
Non si può quindi conoscere in maniera completa e vera la natura della pietra o di qualsiasi altro essere materiale se non la si conosce nella sua esistenza particolare e concreta.
Ora, noi raggiungiamo il particolare mediante il senso e l’immaginativa. Perciò, affinché l’intelletto possa conoscere il proprio oggetto, è necessario che si volga alle immagini e apprenda così la natura universale sussistente in ogni essere particolare” (Somma teologica, I, 87, 7).

6. Come vedi la visione dell’antropologia cristiana si concilia molto bene con quella più strettamente scientifica per cui si ritiene che tutto parta dal cervello.

Ti auguro ogni bene, ti ricordo al Signore e ti benedico.
Padre Angelo