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Gentile Padre Angelo,
la contatto per chiederle un chiarimento: in che cosa differisce dal punto di vista strutturale/formale la messa celebrata con rito ambrosiano da quello tradizionale e come è nata questa differenza da un punto di vista storico?
La ringrazio per le sue risposte


Carissimo,
1. le differenze esteriori tra la messa in rito ambrosiano e in rito romano riguardano elementi tutto sommato accidentali.
La struttura della Messa è praticamente identica: si tratta della partecipazione alle due mense della parola e del pane (eucaristia).
Per chi osserva dall’esterno le variazioni riguardano alcune invocazioni o acclamazioni, saluti di introduzione e di congedo.
La nota più vistosa è data dallo scambio della pace che nel rito ambrosiano precede l’offertorio, mentre nella liturgia romana viene dato dopo l’Agnus Dei prima della Comunione.

2. La differenza più consistente la si trova nei contenuti delle preghiere e delle letture.
Il rito ambrosiano segue un lezionario proprio, diverso quello del rito romano.
Per cui chi va a Messa in una Chiesa dove si celebra col rito ambrosiano si trova spiazzato rispetto a quello che può trovare in un comune messalino o nei foglietti domenicali secondo il rito romano.

3. Un’altra variazione consiste nel fatto che nei venerdì di quaresima gli ambrosiani non celebrano la Messa.

4. Ti allego uno schemino dove puoi leggere le varianti del rito ambrosiano.
Rito Ambrosiano – Differenze per la Messa
Atto penitenziale
Se si usa il tropo, l’invocazione finale è sempre Kyrie eleison, anche la seconda, dove invece il rito romano ha Christe eleison.

Letture
La prima e la seconda Lettura sono precedute dalla benedizione richiesta dal lettore:
La lettura profetica / apostolica / ci illumini e ci giovi a salvezza.

Dopo il Vangelo o dopo l’Omelia
Canto (antifona) proprio.

Preghiera dei fedeli
Ha una conclusione propria reperibile sul Messale.

Rito della pace
Possibile e in genere praticato prima dell’Offertorio.

Preghiera eucaristica
Braccia in forma di croce all’anamnesi.

Rito dello spezzare il pane
Dopo la conclusione della Preghiera eucaristica e prima del Padre nostro. È previsto un canto o una antifona recitata “Allo spezzare del pane”.

Agnello di Dio
Non è previsto.

Congedo
“Andiamo” e non “Andate”, come nel rito romano.

5. Inoltre le orazioni e i prefazi sono in genere differenti e più ampi che nel rito romano.
I prefazi sono molto più numerosi, previsti come propri anche per santi che sono celebrati con il solo grado di memoria obbligatoria.
Anche il Rito delle esequie è abbastanza differente dal romano)

6. Mi chiedi anche come è sorto il rito ambrosiano.
“Si dice ambrosiana la liturgia propria della Chiesa di Milano e di alcune altre Chiese che furono soggette alla sua iurisdizione o ne subirono l’influenza. (…).
L’appellativo di «ambrosiano» non venne dato al rito milanese perché Sant’Ambrogio ne è stato
l’istitutore, ma per il fatto che egli, che fu uno dei più illustri vescovi di Milano, ne ha impersonato tutte le grandi tradizioni religiose e liturgiche.
Il nome di rito ambrosiano  si incontra per la prima volta nell’Ordo di Giovanni Arcicantore di S. Pietro (680 c.). Più tardi Walfrido Strabone († 846) è il primo ad attestare, non sappiamo bene su quali documenti, che tutta la liturgia ambrosiana sia opera di S. Ambrogio. Affermazione che oggi è impossibile sostenere.
Quando Ambrogio fu eletto vescovo di Milano, quella importante sede metropolitana aveva già avuto almeno dieci vescovi. Esisteva quindi una chiesa con una sua tradizione liturgica già ben
definita.
Quale sarà stata la liturgia a Milano in quest’epoca? Si può rispondere senz’altro: la liturgia romana con molti elementi orientali. Ma tenendo presente la maggior libertà di cui godevano in quel tempo i vescovi nell’organizzare il culto nelle proprie chiese, è facile desumere che nel secolo IV a Milano si celebrasse una liturgia che ammetteva alcune differenze da quella celebrata a Roma. Di ciò abbiamo conferma esaminando gli scritti di S. Ambrogio.
Ecco alcune caratteristiche ambrosiane: al sabato non si digiuna, neppure nei sabati quaresimali; tutta la liturgia di questo giorno è improntata a festa; nella settimana santa si leggono i libri di Giobbe, Giona e Tobia; l’annuncio della pace (pacem habete), vien dato prima dell’anafora (preghiera eucaristica, n.d.r.); si usava la lavanda dei piedi dopo il battesimo ancora al tempo di Beroldo
(sec. XII)…
Alcune di queste caratteristiche in origine erano proprie del rito romano; ma in seguito, e forse subito dopo la pace di Costantino, vennero modificate, mentre a Milano ed altrove si
conservarono. Anche l’anafora usata nella chiesa milanese non era improntata come si crede da alcuni alla forma variabile di tipo gallicano, ma piuttosto seguiva lo schema tradizionale in uso tra il III e il IV secolo, cioè era un’anafora a tenore fisso, uniforme, con alcune lievi differenze di forma allora permesse.
Quando nel 374, al vescovo Aussenzio, ariano, succedette Ambrogio, romano, questi fece di tutto per improntare la liturgia locale alla prassi romana: venne adottato il nuovo canone della messa, da poco introdotto a Roma, una parte del quale ci è stata tramandata nel De
Sacramentis
.
Ma questa liturgia milanese, di fondo romano, ebbe presto inseriti nuovi elementi di provenienza diversa: elementi gallicani entrati nel periodo dell’invasione longobarda (569-643), quando i vescovi ed il clero milanesi dovettero rifugiarsi a Genova, dove più facilmente potevano farsi sentire gli influssi gallicani, attraverso il mare, ed elementi bizantini, introdotti nella stessa epoca, per opera di monaci greco-siriaci stanziatisi a Milano, come pure per opera di quel corpo di occupazione militare dell’Alta Italia, che dava alle città i magistrati ed i funzionari della vita
civile.
Possiamo concludere questa sintesi storica sulle origini della liturgia ambrosiana con le parole del Righetti, dal quale abbiamo attinto queste notizie: «Ecco, come a Milano, sul tronco primitivo e sostanziale della liturgia romana, e in aggiunta alle piccole varietà locali, comuni in antico a tutte le grandi Chiese, si poté inserire un complesso di elementi orientali, che ne alterarono notevolmente la fisionomia liturgica. Entrati nell’uso quotidiano vi si consolidarono stabilmente, difesi da quella tenace fierezza che consentì ai milanesi la fortuna di conservare la loro secolare liturgia» (Storia lit., vol. I, pag. 146, ed. 2*)” (R. Aigrain, Enciclopedia liturgica pp. 748-750).

Nella speranza di averti accontentato e anche nella speranza di aver fatto sapere a molti visitatori qualcosa del Rito Ambrosiano ti auguro ogni bene, ti benedico e ti ricordo al Signore.
Padre Angelo